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 2023  febbraio 12 Domenica calendario

Il «dopo Festival» di Fuortes

Il dopo Festival per Carlo Fuortes è iniziato ieri mattina, prima ancora che si accendessero le luci sull’ultima prevedibilmente trionfale serata finale. Il fuoco di fila di dichiarazioni di esponenti di Fratelli d’Italia, che ieri mattina sono culminate nella richiesta di dimissioni del direttore dell’Intrattenimento, Stefano Coletta, puntavano a lui. E sono un anticipo di quello che lo aspetta da lunedì prossimo, quando tornerà a riunirsi il consiglio di amministrazione.
L’ad sa benissimo che la rivelazione giornalistica che Fedez avrebbe già esibito durante le prove la foto del sottosegretario Galeazzo Bignami, che poi ha stracciato in diretta tv, è stata usata come pretesto da quanti, nel partito della premier, da tempo sollecitano un ricambio del cda, a partire dai vertici. Già, perché il board che oggi regge la Rai è ancora quello nominato dal governo precedente, dove FdI è assente. Fuortes finora ha veleggiato a vista, forte di un patto con Meloni che però non è una cambiale in bianco. L’ad si è già rifiutato di accettare un direttore generale che lo affiancasse, dicendosi disposto a guidare la Rai senza mai deludere Meloni. Ma da solo. Il patto ha retto fino al consiglio di amministrazione che ha preceduto il Festival, quello in cui Lega e Forza Italia, stufi di essere marginalizzati dalla premier, hanno minacciato di non votare il budget, ottenendo un redde rationem dopo il Festival.
Si spiegano allora le conferenze-stampa del mattino trasformate in una declamazione di dati di ascolto senza precedenti, reali peraltro, che nella visione del manager dovrebbero assicurargli la permanenza. Anche a dispetto degli attacchi ricevuti ieri su Fedez. Tra tutte le vicende che sono accadute negli ultimi giorni, forse l’unica davvero in grado di impensierire l’ad, è quella relativa al caso Zelensky, la cui gestione a Meloni non è andata giù, al punto di dirsi dispiaciuta anche rispetto a tutto il pasticcio del video del leader diventato lettera, e della questione del controllo preventivo della Rai che, secondo ricostruzioni, avrebbe irritato lo stesso Zelensky.
Non per niente ieri Fuortes si è affrettato a chiarire che il colloquio con l’ambasciatore ucraino è sempre stato sereno: «Si è parlato di censura, di condizionamenti sui testi. Tutto assolutamente infondato». Lo stesso ambasciatore è giunto in conferenza stampa per confermare i buoni rapporti. Basterà a placare le ire della premier? Intanto la difesa dei vertici Rai da parte della consigliera in quota Pd, Francesca Bria, segnala che Fuortes può ancora disporre dell’appoggio della sinistra nel cda. Tre voti assicurati contro quelli contrari di M5S, Lega e FI. Ago della bilancia, Riccardo Laganà, rappresentante dei dipendenti. Il nuovo corso invocato da FdI si abbatterà anche su Fuortes o lo risparmierà, rivoluzionando solo le direzioni sottostanti? La decisione è in mano alla premier.