Il Messaggero, 12 febbraio 2023
Putin beve bottiglie da 200 mila euro per aggirare le sanzioni
ROMA Piovono missili sull’Ucraina, cannonate sui territori occupati dai russi e gli eserciti di Mosca e Kiev si scontrano in un quotidiano bagno di sangue mentre il tracollo delle economie russa e ucraina condanna la popolazione alla miseria. Eppure al Cremlino e nei circoli elitari del potere russo non si rinuncia a degustare un prezioso calice di Domaine Leroy di Borgogna del 2007, prodotto in 608 bottiglie nella vigna di Musigny, o meglio ancora a un Richebourg del 1984 (gemello di quello battuto da Christie’s nel 2020 per 207mila euro), uno tra 10 Henri Jayer importati in Russia tra novembre e dicembre 2022, in pieno conflitto, a dispetto delle sanzioni europee che impongono il limite all’export verso la Russia di 300 euro a bottiglia. Chi può essere stato così spregiudicato e come ha potuto fare?INCHIESTAUna dettagliata inchiesta del sito di giornalismo investigativo specializzato in Russia, The Insider, cita i numeri delle fatture che provano il mercato nero dei vini di altissima fascia verso il Cremlino e la gimkana commerciale – con gustosi retroscena familiari che portano allo Zar e a sua figlia, a rinomati ristoranti stellati di Mosca e a oligarchi farmaceutici e del gas col debole dei vini – grazie a cui le bottiglie da urlo sono arrivate dalla Francia ai Baltici e da qui in Russia sotto il titolo improbabile di “campioni di degustazione”. Fin sulla tavola moscovita dei gerarchi. À la guerre comme à la guerre In pratica, il Cremlino ha continuato a comprare centinaia di bottiglie, anche del valore di decine di migliaia di euro l’una, attraverso una società quasi sconosciuta, Ryatiko, di proprietà del magnate dei farmaci russo Alexey Repik che con la sua R-Pharm totalizza un patrimonio da 1,4 miliardi di dollari. La Ryatiko, in realtà, è nata per importare dal Giappone zenzero in salamoia e stimolanti muscolari, e ha un capitale registrato di appena 145 dollari, ma dev’essersi riconvertita e arricchita se è arrivata a importare in Russia ben 3 milioni e 902 milioni di euro in 800 bottiglie di vino (e 200 etichette) nei soli ultimi due mesi dell’anno scorso.Quanto basterebbe, osserva The Insider, a dotare di bagni riscaldati 300 scuole russe. Tra gli acquisti, il top dei Grand Cru di Borgogna, Bordeaux e Piemonte, inclusi prodotti dei primi cinque castelli Bordeaux secondo la classificazione del 1855. Grimaldello del “raggiro” alcolico sarebbe un meccanismo che vede in primis il Rockerduck russo Repik, amico della figlia di Putin, Ekaterina Tikhonova (coniugata al direttore generale di Gazprom Komplektatsiya LLC). Ma Repik è poi proprietario di una rete di ristoranti di lusso insieme a Ivan Sibirev, già a capo di una delle più grandi società legate a Gazprom. Altra figura chiave, il sommelier di Twins Garden (due stelle Michelin), Anton Panasenko. Semplice, stando a The Insider, il sotterfugio ideato per ingannare i regolatori europei. Molti lotti vengono presentati come test di degustazione, anche se la quantità supera di gran lunga i 2,5 litri prescritti (78 le bottiglie di solo Domaine Romanée-Conti. Quindi, un intermediario europeo spedisce le bottiglie in Lettonia, Lituania e Estonia, dove vengono incollati timbri di accisa e controetichette russe. Formalmente il vino resta in Europa.TRUCCHIIn realtà, nei Baltici il prezzo viene “aggiustato” oppure cambia destinazione,zakistan attraverso la Russia, poi il kazako rinuncia e il bottino finisce nelle cantine di Cremlino e dintorni. E qualcuno, in due ore, si beve quanto un russo medio non guadagna in tutta la vita.