il Fatto Quotidiano, 12 febbraio 2023
Così Mosca aggira le sanzioni
L’allarme, se così si può dire, viene da una fonte non sospettabile di propaganda disfattista: il “Silverado Policy Accelerator”, think tank vicino al Pentagono. Il titolo dell’ultimo report dell’ufficio studi, che conta nel suo consiglio l’ex capo delle operazioni in Afghanistan ed ex direttore della Cia, David Petraeus, è: “La Russia sta sostituendo le sue fonti di importazione a fronte delle sanzioni di Usa e alleati – La Cina provvede alle esigenze tecnologiche russe”. Che le sanzioni comportassero un effetto boomerang sulle economie occidentali, Europa in primis, era da mettere in conto: un prezzo da pagare per mettere in ginocchio l’economia russa, indisporre la cerchia di oligarchi che sostiene il presidente e, soprattutto, erodere la capacità di Mosca di sostenere la guerra. Ma i risultati, a quanto pare, sono lontani da quelli attesi e la preoccupazione degli analisti americani è che grazie a nuovi fornitori, triangolazione delle importazioni e ingegnose strategie di approvvigionamento tecnologico, la capacità industriale e bellica di Mosca resti alta, tale da vanificare le prospettive di una disfatta.
A segnalare come l’apparato militare russo stia facendo fronte alle sanzioni internazionali, grazie soprattutto all’aiuto cinese, ci aveva già pensato la settimana scorsa il Wall Street Journal. Sebbene Pechino, fin dall’inizio del conflitto, abbia negato la volontà di fornire supporto militare al paese amico, il quotidiano Usa, sulla base di documenti doganali (84.000 spedizioni elencate nei registri russi), ha mostrato che tra equipaggiamento, tecnologie all’avanguardia e parti di aerei da caccia, Pechino sta aiutando in modo consistente Mosca nella guerra. Non si tratta in di aiuto militare esplicito, come quello fornito dai paesi Nato all’Ucraina, ma per lo più di materiali e tecnologie “dual – use”, utilizzabili sia in campo civile che militare.
Le notizie sulla capacità dell’apparato militare russo arrivano peraltro in un momento in cui le stesse autorità ucraine lamentano, nonostante gli aiuti dei paesi Nato, carenza di materiale bellico. “Abbiamo urgente bisogno di munizioni o non potremo usare le nuove armi che ci arrivano”, ha dichiarato tre giorni fa il vice primo minitro ucraino Ohla Stefanishyna, aggiungendo che Mosca, invece, ha le risorse, le munizioni e le riserve di materiale per continuare la guerra.
Lo studio americano entra più nel dettaglio dei flussi commerciali attraverso i quali l’apparato produttivo e bellico della Federazione Russa sopravvive alle sanzioni. Se le importazioni russe avevano subito una brusco arresto nei primi mesi seguenti l’invasione, con le consegne dall’Europa calate di 4,6 miliardi di dollari (-52%), il livello è in seguito tornato superiore alla media pre guerra. Secondo gli analisti “La ripresa delle importazioni è il risultato dell’aumento dell’import da fornitori esistenti, della sostituzione di prodotti, degli accordi con nuovi fornitori, dei miglioramenti nella logistica e delle importazioni parallele”. Una dinamica alla quale ha inoltre contribuito l’apprezzamento del rublo.
La Cina è diventato di gran lunga il primo esportatore, con alcuni prodotti, come i veicoli e ricambi più che raddoppiati. Crescite dell’export sostenute si registrano anche dalla Turchia e da una serie di paesi dell’ex blocco sovietico come Armenia, Bielorussia, Kazachistan, Kirgizistan. In molti casi questi paesi fanno da tramite, riesportando cioè in Russia prodotti importati da paesi che adottano la politica delle sanzioni. Emblematico appare, in questo senso, il boom di telefoni cellulari in Armenia, con le importazioni nel paese caucasico decuplicate in valore.
Lo studio Usa prende poi in considerazione quattro importanti settori: microchip, tecnologia di fondamentale importanza anche per usi bellici, telefoni cellulari, elettrodomestici ed autoveicoli.
Semiconduttori. Sono la tipica tecnologia “dual-use”, servono per far funzionare i cellulari ma anche i missili teleguidati. Consapevoli delle necessità russe per i sistemi d’arma, gli Usa e alleati li avevano messi subito in cima alla lista dei beni con controlli all’esportazione. Ma la Russia, oltre ad aver aumentato la produzione domestica, è riuscita a ristabilire un network di fornitori per lo più da paesi non sanzionatori. Honk Kong, l’ex colonia britannica ora sotto controllo cinese e Pechino stessa sono diventati i principali fornitori. Nel novembre scorso, l’esportazione di circuiti integrati vero la Russia dalle sole Honk Kong e Cina ha rappresentato il 55% del volume di tutte le importazioni di questi prodotti da tutti i paesi. Le esportazioni da Honk Kong nel 2022 sono più che triplicate. Altri Flussi arrivano da altri paesi che fanno da tramite. Secondo molte segnalazioni, in Russia arrivano semiconduttori compatibili con la produzione bellica prodotti in Paesi che hanno aderito alle sanzioni.
Smartphone. La Russia è un ricco mercato per gli smarphone: 30 milioni di importazioni nel 2021, con Samsung (30% del mercato), Xiaomi (23%) e Apple (13%) che si spartivano la fetta maggiore. A seguito dell’invasione dell’Ucraina Samsung e Apple hanno sospeso le esportazioni. Ad un iniziale declino dei prodotti disponibili è però seguita una robusta ripresa; le importazioni dirette dalla Cina, da altri paesi dell’Asia centrale e orientale, hanno colmato il vuoto. Le sole importazioni di cellulari cinesi ad agosto scorso hanno raggiunto le 3,6 milioni di unità. Aumentano anche le importazioni parallele, smartphone Apple e Samsung continuano ad essere spediti da paesi terzi, come Armenia e Kazakistan. Nei primi undici mesi del 2022 Samsung contava ancora per il 19% delle vendite di cellulari e Apple per il 10%.
Elettrodomestici. Qui la Cina insieme a Turchia e Usbekistan, sono i principali fornitori post embargo. L’export combinato di lavatrici da Cina e Turchia per il mercato russo ha raggiunto i 2,8 milioni di pezzi tra il settembre e il novembre 2022, un dato che si confronta con importazioni globali che erano pari a 1,1 milioni, da tutti i paesi, nel 2021. Ancora la Cina, più la Serbia, l’Uzbekistan e la Turchia esportano massicciamente frigoriferi e congelatori, 3,2 milioni di prodotti tra agosto e ottobre, pari alle esportazioni da tutti i paesi nel 2021.
Autoveicoli e ricambi. Anche qui la Cina, con un aumento del 70% delle consegne, ha colmato il deficit di importazioni dai paesi che adottano le sanzioni. In questo settore la mancanza di restrizioni sui veicoli di seconda mano ha permesso al mercato russo di continuare a importare anche marchi giapponesi, coreani e tedeschi. Veicoli nuovi da questi paesi arrivano comunque attraverso le triangolazioni, soprattutto con Armenia e Georgia. Per i pezzi di ricambio, oltre alla Cina, il mercato si approvvigiona da India, Iran e Tailandia.