La Lettura, 11 febbraio 2023
Il potere dei cortigiani
Dove c’è un monarca, c’è sempre una corte. E dove c’è una corte, ci sono i cortigiani: così scrive Valentine Low, storico corrispondente reale del «Times», all’inizio del suo Cortigiani. Il potere segreto dietro la corona inglese, un viaggio nei meccanismi che governano la monarchia. Perché qui non si tratta di gossip reale, di cui pure le cronache ci forniscono abbondanza di particolari, ma degli ingranaggi nascosti della più antica istituzione d’Occidente dopo la Chiesa cattolica: di come funzioni veramente e di quali segreti custodisca.
Allora, chi governa davvero la monarchia britannica: i reali o i cortigiani che li circondano?
«Non c’è una risposta semplice. Fino a un certo punto sono i cortigiani a condurre le danze: organizzano gli impegni, consigliano sulle politiche da seguire. È un’interazione complessa, perché alla fine le grandi decisioni sono poi prese dai membri della famiglia reale. Loro decidono ma ascoltano i consigli dei cortigiani e ne sono influenzati».
È stato così anche in questi ultimi tempi?
«Riguardo alla partenza di Harry e Meghan, la grande questione era se potessero stare con un piede dentro e uno fuori dalla monarchia, che era poi quello che loro volevano: la decisione che non si potesse fare è stata della regina. Lei alla fine è rimasta ferma».
Era così anche in passato?
«Nel 1992 c’era stato l’annuncio che i reali avrebbero pagato le tasse: dissero che lo avevano pianificato da tempo, ma in realtà già alcuni anni prima l’allora segretario privato di Elisabetta le suggerì di pagare le tasse, però lei in un primo momento non ne volle sapere».
Eppure nella serie tv «The Crown» il suo primo segretario privato, Tommy Lascelles, appare come una figura onnipotente.
«Tommy Lascelles aveva un’enorme influenza sulla regina. Quando un monarca è giovane, i cortigiani hanno più potere, e Lascelles diceva alla regina cosa fare. All’inizio del regno di Elisabetta c’era stato il dibattito se chiamarsi Windsor o Mountbatten e Filippo perse quella battaglia: a questo proposito, Lascelles nei suoi diari si descrive come uno dei baroni che sovrastano re Giovanni quando questi firmò la Magna Charta. Ed è così che Lascelles vedeva sé stesso».
Quand’è che i cortigiani hanno avuto un’influenza negativa sui Windsor?
«Un fallimento collettivo c’è stato a proposito di Harry e Meghan: erano chiaramente infelici e nessuno lo ha visto. Hanno mancato di sedersi attorno a un tavolo e dire: questa cosa sta andando male, dobbiamo affrontarla».
Quindi la «Megxit» è stata colpa dei cortigiani.
«Sì, anche perché c’erano tre centri di potere: Buckingham Palace, Clarence House attorno a Carlo e Kensington Palace attorno a William e Harry. Questi tre centri competevano gli uni con gli altri: Buckingham Palace è il quartier generale ma non ha il controllo completo sulle altre corti. Quelli che lavoravano per Carlo si sentivano responsabili solo verso di lui e non verso Buckingham Palace e lo stesso vale per la gente che lavora per William».
Lei nel libro suggerisce che Meghan volesse darsi alla fuga fin dall’inizio.
«Lei non aveva capito cosa comportasse essere membro della famiglia reale, voleva fare le cose a modo suo. Aveva un grande potenziale per avviare un cambiamento».
A corte sembrano avere un problema con le donne: Diana, poi Meghan...
«Non ne sono sicuro. Con Diana hanno fallito nell’aiutarla, ma il problema era il matrimonio mal combinato, non come il Palazzo si era comportato. Con Meghan hanno fatto uno sforzo, ma c’era uno scontro di culture: lei voleva essere la Beyoncé della monarchia britannica; ma sposarsi nella famiglia reale è in realtà una cosa abbastanza noiosa».
Un successo dei cortigiani?
«Ciò che hanno fatto in maniera molto intelligente è stato gestire la transizione dalla regina a Carlo: è stato un processo molto graduale e lento, lungo anni, che non ha mai causato choc nella nazione».
E il rapporto di re Carlo con i suoi consiglieri?
«Lui è uomo di forti opinioni, sa cosa vuole, ma ascolta i suggerimenti. L’attuale segretario privato sa come trattare con Carlo, che non è una cosa facile: una delle capacità del segretario privato è far fare ai reali quello che non vogliono, e lui è molto bravo in questo. Lo abbiamo visto nel primo discorso alla nazione, che è stato accolto bene e ha toccato tutti i punti importanti».
Quali problemi potrebbero pararsi ora di fronte a Carlo? Si parla molto dei suoi rapporti con ambigui donatori.
«Questa è una nuvola che grava sul suo capo, ci potrebbero essere altre rivelazioni. Il suo grande problema era la sua eccessiva ambizione: aveva creato un impero della beneficenza che necessitava di generare una gran quantità di denaro. Ma è interessante come William abbia rigettato quel modello: lui non ha provato a creare un vasto impero di beneficenza, non si è trasformato nel generatore di fondi come era Carlo, ha imparato dagli errori del padre».
C’è anche la questione dei rapporti con la politica.
«Carlo è sempre stato accusato di essere un impiccione: è molto consapevole di questo problema, ne ha parlato nel discorso di accesso al trono e non credo che la sua relazione con i primi ministri causerà dei problemi».
Il maggiore grattacapo sembrano essere Harry e Meghan.
«Carlo vorrebbe una riconciliazione ma è difficile vedere come. Harry vuole le scuse ma non è chiaro per che cosa i reali si dovrebbero scusare. Inoltre per una riconciliazione ci vuole una dolorosa e difficile conversazione: ma come la puoi avere quando una parte teme che l’altra possa poi pubblicare tutto?».
Saranno invitati Harry e Meghan all’incoronazione di maggio?
«Penso che lo saranno. Verranno? Chissà! Potrebbe diventare un circo anche se li hanno gestiti abbastanza bene al Giubileo dell’anno scorso: hanno tenuto un profilo basso».
E come sarà quest’incoronazione nel XXI secolo?
«Dire che sarà una cerimonia low cost, come è stato ventilato, è insensato: non sarà grandiosa come quella di Elisabetta nel 1953 ma il funerale della regina non è stato low cost. A Palazzo dicono che ci saranno molti festeggiamenti, tra storia e tradizione, ma guarderanno anche al futuro. Sono stati colpiti da come gli occhi del mondo fossero puntati sulla Gran Bretagna per il funerale e vogliono capitalizzare su questo».
La monarchia sopravvivrà?
«Nel medio-lungo termine sì: la popolarità della monarchia sembra rimanere abbastanza costante. Fra 50 anni sarà certamente ancora qui: fra 200, chissà. Hanno preso colpi recentemente ma si tratta di questioni familiari, non dell’istituzione in sé. Non sono colpi peggiori di quelli degli anni Novanta, ma ne sono venuti fuori allora e verranno fuori anche da questa crisi. Non tutto è meraviglioso ma ce la faranno».