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 2023  febbraio 11 Sabato calendario

I Rothschild

Dopo quasi due secoli la famiglia Rothschild, ramo francese e inglese, lascia la Borsa. Quando l’uscita dalla Borsa di Parigi sarà attuata con la conclusione dell’Opa su Rothschild & Co., per Euronext e per tutte le Borse del mondo le campane dovranno suonare a lutto. Non è infatti un delisting ordinario.
A lasciare la borsa è la famiglia più emblematica del capitalismo. È la famiglia che moltiplicò la sua fortuna alla Borsa di Londra, riuscendo a conoscere in anticipo la notizia della sconfitta di Napoleone a Waterloo, grazie all’uso di piccioni viaggiatori inviati al seguito del Duca di Wellington o, secondo altri, perché un collaboratore di Nathan, uno dei cinque figli di Meyer Amschel, ricevette in anticipo di due giorni da un suo collaboratore la notizia della sconfitta dell’imperatore di Francia. Sta di fatto che, avuta la notizia, Nathan si precipitò in Borsa facendo vedere che vendeva. Conoscendo la sua capacità di essere sempre ben informato, tutti gli altri si affrettarono a vendere, mentre con altre mani Nathan comprava, secondo una fonte attendibile anche per conto del re d’Inghilterra. Quindi fu la Borsa a determinare il salto decisivo di ricchezza e di potere alla famiglia nata nel ghetto di Francoforte, dove il primo Rothschild riusciva a sfruttare le informazioni per guadagnare lavorando per il re della posta, Thurn und Taxis: il capostipite della ricchezza aveva imparato a dissigillare senza lasciare traccia le pergamene e a sfruttare le notizie riservate per fare affari.

Da allora i Rothschild sono diventati prima banchieri presso le corti di Londra, Parigi, Francoforte e Napoli, per poi diventare a Londra, con la Banca N M Rothschild & Sons, coloro che per secoli hanno fissato il prezzo dell’oro. L’ultimo capo della N M Rothschild & Sons è stato Evelyn, morto poche settimane fa. Evelyn aveva un figlio designato a prendere il suo posto ma per una grave crisi si tolse la vita e, con spirito di conservazione della dinastia, propose ai cugini di Parigi, David ed Eric, di riunificare Londra e Parigi. Evelyn riconobbe così l’abilità con la quale David ed Eric, che oltre a occuparsi di banca è stato anche il capo di Château Lafite, che produce il più famoso vino francese e ha fondato con me Rocca di Frassinello, avevano saputo ripartire da zero a Parigi dopo la funesta nazionalizzazione di tutte le principali banche francesi decisa, al suo primo mandato con al governo anche i comunisti, dal presidente François Mitterrand. Fu nazionalizzata anche la Banque Rothschild, ma David ed Eric seppero reagire e, quando durante il secondo mandato Mitterrand, senza più i comunisti al governo, permise la rinascita di banche private, ripartirono alla grande costituendo anche una banca a Milano ottimamente guidata oggi da Alessandro Daffina e Federico Ghizzoni. Evelyn apprezzò la loro bravura e nonostante una certa opposizione della seconda moglie americana, propose appunto la fusione di Londra e Parigi con la sigla successiva di Rothschild & C.. Prima della fusione Londra e Parigi, la holding a cui partecipavano quasi tutti i Rothschild si chiamava Continuation. Dopo la fusione è stata costituita una super holding che ha preso il nome di Concorde, il primo dei tre motti del casato (gli altri sono Integritas e Industria).
Come mai Alexandre, figlio di David e nuovo capo della banca unificata, e gli stessi David ed Eric e tutti i numerosi membri della famiglia hanno deciso di uscire dalla Borsa? Ufficialmente perché le attività di banca d’affari che svolgono insieme a gestione di patrimoni non hanno bisogno di essere in Borsa, perché non sono attività che richiedono grandi capitali. Per questo hanno deciso di offrire con la holding Concorde, che possiede il 47,5% dei voti, 48 euro per azione, che ha rappresentato un premio del 19% rispetto al prezzo di chiusura di venerdì 3 febbraio alla Borsa di Parigi e del 27%, 34% e 36% rispettivamente nei confronti del prezzo medio ponderato di 60, 120 e 180 giorni prima della data di annuncio, oltre a un premio del 15% rispetto al massimo storico raggiunto il 13 gennaio 2022.
Intorno al prezzo di offerta per l’opa la capitalizzazione di Borsa è di circa 3,5 miliardi di euro, un valore nettamente inferiore alle grandi banche d’affari americane che capitalizzano decine se non centinaia di miliardi di dollari. Ma la caratteristica di Rothschild & Co è di essere un’azienda che ha sempre mantenuto una caratterizzazione familiare. Grandissimo prestigio, ma dimensioni, al di là della presenza con uffici in tutti i paesi più importanti del mondo, appunto quelli di una boutique. In passato, prima della nazionalizzazione di Mitterrand, il ramo francese aveva varie attività anche fuori da quella bancaria e per la verità in questi settori extra l’andamento non era brillante e lunga è la storia della vendita di RioTinto, il grande gruppo minerario.

Alexandre, che è figlio di David e dell’italiana principessa Olimpia Anna Aldobrandini (anche il cugino Eric ha sposato un’italiana, Maria Beatrice Caracciolo di Forino) ha 42 anni ed è presidente esecutivo della banca dopo aver sviluppato molto il settore merchant bank. Le ragioni che hanno spinto Alexandre a decidere di uscire dalla borsa sono altre due, oltre la non necessità di capitale: 1) la convinzione che la Borsa non valorizzi correttamente gli asset e le prospettive di sviluppo del merchant banking e dell’asset management; 2) le difficoltà che generano, per chi deve operare con riservatezza, gli obblighi di comunicazione della Borsa, diventati sempre più pesanti e appunto di ostacolo per una gestione efficace.
Il delisting sarà sostenuto dai Rothschild insieme ai partner, cioè coloro che sono operativi nella banca, ma anche con la partecipazione di alcune delle maggiori famiglie francesi ed europee, come i Peugeot, che come Alexander ritengono che il valore della banca sia nettamente superiore a quello espresso dalla Borsa.

Del resto, ci sono altri casi di delisting proprio per la convinzione di chi controlla che i valori espressi dalla Borsa non siano adeguati. Sia pure in un settore completamente diverso, rientra in questo preoccupante filone di uscita dalla borsa l’opa su Atlantia lanciata da Alessandro Benetton, per la holding Edizione, insieme a Blackstone, uno dei più importanti se non il più importante operatore di private equity del mondo. Per fare l’operazione, Blackstone ha concordato con Alessandro Benetton e l’ad professor Enrico Laghi di non mettere un limite temporale all’investimento, che è una delle regole fondamentale dei fondi di private equity.
I due casi, sia pure diversi per storia e settore, dovrebbero far riflettere i gestori e i regolatori dei mercati borsistici di tutto il mondo, in primo luogo di quelli europei.
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Mentre l’abbattimento del pallone cinese da parte degli Stati Uniti fa temere la ripartenza delle guerra fredda fra i due paesi, le autorità cinesi hanno annunciato provvedimenti legislativi per rendere più facili gli scambi commerciali in termini di import ed export. Il ministro del commercio estero cinese, in coerenza con la riapertura del Paese dopo il blocco covid e la fine del Congresso che ha riconfermato Xi Jinping presidente della Repubblica cinese e segretario generale del PC, ha eliminato un articolo della legge del 2016 per poter favorire l’import ed export di beni e tecnologie. In sintesi, vengono eliminati i requisiti di registrazione e deposito presso le autorità competenti in precedenza richiesti agli operatori commerciali stranieri per poter effettuare operazioni di import-export. Dal 1994 solo un numero ristretto di operatori qualificati potevano esportate e importare e chi non era parte di questo ristretto gruppo doveva passare da coloro che erano autorizzati. Dal 2004 è stata aperta la possibilità a tutti di operare, ma a condizione di effettuare la registrazione, che ora non c’è più. Permangono, tuttavia, gli obblighi doganali.

Ma non è soltanto il cambiamento normativo che denota la volontà della Cina di riaprirsi dopo il lungo blocco per il covid. Avviene giornalmente l’annuncio di delegazioni d’affari provenienti dal più grande e popoloso paese del mondo. Come anche l’invito ad andare in Cina. È come il disgelo e quindi l’opportunità specialmente per un paese come l’Italia di continuare sulla strada della moltiplicazione delle attività di export, per riequilibrare la bilancia commerciale, tuttora a favore della Cina nonostante la crescita dell’export italiano degli ultimi anni.
Ma il pallone cinese abbattuto su comando del presidente Joe Biden, fermerà questo nuovo trend di sviluppo dando avvio a una vera e propria guerra fredda?
L’abbattimento al largo della Carolina del Sud in realtà è un test per capire quanto i due paesi siano saggi. E per questo c’è chi benedice l’abbattimento perché potrà far capire quanta volontà c’è di evitare che gli scontri vadano fuori controllo.

C’è chi è ottimista e chi è pessimista. Gli ottimisti pensano appunto che il caso sia una lezione per i due paesi e che quindi sarà evitato il peggio e tra poco potrà avvenire il viaggio a Pechino del segretario di stato usa Anthony Blinken, che era stato concordato al G 20, ma che per causa pallone è stato annullato.
A favore degli ottimisti c’è il precedente, apparentemente anche più grave, dello scontro nel 2001 tra un aereo spia americano e un caccia cinese, con la morte del pilota e l’atterraggio di emergenza in Cina del velivolo americano con una ventina di militari a bordo.
Per l’abbattimento del pallone (per ricerche meteorologiche secondo la Cina) la reazione di Pechino è stata contenuta, con solo i media non ufficiali che hanno ironizzato un po’ sulla reazione eccessiva americana, trattandosi, hanno sostenuto, appunto solo di ricerche meteorologiche.
Ma c’è anche chi ci vede nero. Perché mentre nel 2001 il presidente George W. Bush espresse rammarico per la morte del pilota cinese, ricevendo in contropartita il rilascio dell’equipaggio dell’aereo spia, ora il presidente Biden deve subire la pressione ossessiva dei repubblicani, che gli hanno chiesto di distruggere immediatamente il pallone. E si sa bene che la campagna per le nuove elezioni presidenziali e già in pieno sviluppo e Biden non può mostrarsi debole rispetto agli attacchi repubblicani. C’è quindi il rischio che il presidente divenga falco per tentare di togliere spazi a Donald Trump, che come è noto predilige la Russia o almeno dalla Russia si è fatto aiutare.
Ovviamente la Cina non è stata in silenzio e ha accusato gli Usa di aver colpito un pallone nemico delle dimensioni di una casa e ben visibile da terra.
Sarà quindi fondamentale l’esame che i servizi di sicurezza americani faranno dei resti del pallone immediatamente recuperati.
Se non fossero documentati strumenti di spionaggio, probabilmente il progetto del viaggio di Blinken potrà essere riprogrammato e come ha scritto un giornale americano, nel caso, non si tratterà del viaggio di un Boy Scout, perché nelle intese di Bali la missione doveva servire a definire i comportamenti reciproci in particolare riguardanti Taiwan. Con l’obbiettivo di evitare una vera guerra fredda.
Anche perché la storia mostra che la storica guerra fredda fra Usa e Unione Sovietica si calava in una sostanziale assenza di rapporti economico commerciali fra i due Paesi, mentre gli affari fra Cina e aziende americane sono rilevantissimi dai due lati. Basta pensare a quanto ha prodotto e produce in Cina Apple. Essendo Usa e Cina i due più importanti Paesi al mondo anche sul piano economico, una guerra fredda fra loro gelerebbe l’economia mondiale. Con ciò contraddicendo la politica avviata fin dall’inizio degli anni 70 dalla diplomazia del ping-pong ideata da Henry Kissinger per il presidente Richard Nixon. Occorre quindi che i due Paesi, ma anche i rispettivi alleati (e soprattutto la Ue per gli Usa) spingano per una evoluzione della crisi, che appunto non sfoci in guerra fredda. Il mondo, con la guerra in Ucraina e le problematiche climatiche e di sostenibilità, non ha proprio bisogno di una guerra fredda che sbocchi in una gravissima crisi economica. Biden e Xi Jinping devono quindi pensarci bene e appunto l’Europa deve giocare un quoto ben preciso e conciliante. (riproduzione riservata)