il Fatto Quotidiano, 11 febbraio 2023
Hanno tutti torto
Le porte e i pesci in faccia alla Meloni nel vertice Ue fanno godere gli avversari e anche gli alleati, che però dimenticano quando le porte e i pesci in faccia li prendevano loro. Tutti rimuovono l’ultimo ventennio della cosiddetta Europa, quando a scontrarsi e scornarsi con i tecnocrati di Bruxelles erano B. e poi Renzi. L’Europa è esistita davvero una sola volta, e solo grazie allo choc del Covid: è stato nel 2019, con il Recovery Plan finanziato dagli eurobond, proposto da Conte a Macron il 27 febbraio, condiviso da altri sette governi sud-europei, sposato da Von der Leyen e Lagarde, osteggiato da Visegrad e dai “frugali” del Nord, a cui inizialmente si associò la Merkel. In Italia poteri marci e giornaloni tifavano per il Mes, cioè contro l’Italia, e facevano macumbe perché Conte e il Recovery fallissero. Invece, nei tre giorni e tre notti di battaglia a luglio, la Merkel mollò i frugali e il via libera fu unanime. Conte tornò a casa con la fetta più grande: 209 miliardi, 36 in più di quelli previsti dal piano Ursula.
FdI e Lega si astennero più volte sul Pnrr, quindi ora ben gli sta. Ma da allora l’Unione tornò la Disunione di sempre e ripartirono i giochetti franco-tedeschi, tedesco-frugali, addirittura euro-polacchi: in nome del bellicismo atlantista è stato graziato persino il regime di Varsavia, mentre il neutralista Orbán rimane nella lista dei cattivi. Sulla guerra ogni Stato membro va per conto suo: sì alle sanzioni ma non alle armi, no alle sanzioni e alle armi, sì alle sanzioni e alle armi per negoziare con Mosca, sì alle sanzioni e alle armi per abbattere Putin e pure la Russia. Ora sui giornaloni si leggono ridicole celebrazioni di “quando c’era Draghi”. Ma il Migliore non ha mai toccato palla. Decine di eurovertici sul price cap, da cui tornava regolarmente senza tetto, cabriolet. Poi la strombazzata photo opportunity sul treno per Kiev con Macron e Scholz: una passerella auto-promozionale che non portò nulla all’Ucraina né all’Italia né all’Ue. E se ora Zelensky nega il bilaterale alla Meloni (sai che perdita) per strusciarsi su Macron, Scholz e prossimamente Duda, per noi cambia poco o nulla. Era così anche con Draghi, anche se tutti lo dimenticano. Il secondo giorno di guerra Zelensky, sotto le bombe a Kiev, chiamò Palazzo Chigi e si sentì rispondere dal consigliere diplomatico di Draghi: “Siamo molto impegnati, a più tardi”. Allora twittò sarcastico: “Vedrò di modificare il calendario delle bombe”. E qualche giorno dopo Palazzo Chigi annunciò che Draghi sarebbe volato all’Eliseo per una cena con Macron, Scholz e Ursula; poi precisò che avrebbe partecipato in video (a una cena); infine fece sapere che aveva avuto un “problema tecnico”. Sapete quale? Non l’avevano invitato.