Robinson, 11 febbraio 2023
Le sorelle Nothomb
Dopo una travolgente rievocazione del padre (Primo sangue, premio Strega europeo) Amélie Nothomb pubblica Il libro delle sorelle. Gli appassionati – che da trent’anni aspettano, ogni settembre, il suo nuovo romanzo – sanno bene che Amélie ha un rapporto fusionale con la sorella maggiore Juliette. Juliette e Amélie, «per liberarsi di un corpo sentito come traumatizzante», hanno condiviso perfino l’anoressia: «Non volevamo un corpo di adulte» – dopo l’infanzia edenica, un evento di cui Amélie non ha mai voluto parlare ha scatenato il nemico interiore, un senso di colpa con cui deve ancora battersi, ogni giorno. Verso i diciassette anni, Amélie riuscì a superare l’anoressia, anche grazie alla scoperta della scrittura – e lì sua sorella, il suo «doppio positivo», come lei con studi di filologia, virò alle ricette di cucina. Un vero passaggio di testimone: prima dell’anoressia, «era Juliette a scrivere, dopo, ha completamente smesso» (in realtà, dal 2008 Juliette pubblica libri appunto perlopiù gastronomici).Ma Amélie non vuole raccontarela loro storia. Ama le vicende al nero, rese leggere dal suo umorismo apparentemente svagato. E si ispira a un ricordo: un’amica che le aveva parlato di «genitori- fortezza». Perciò Il libro delle sorelle (tradotto con la consueta grazia da Federica Di Lella per Voland) si apre come un romanzo rosa, o un esempio medievale di parfait amour (i nomi sono sempre importanti, nella Nothomb, e qui compaiono, proposti per un neonato, Roland e Héloïse): Florent e Nora (lui autista nell’esercito, lei contabile in un’officina) sono «innamorati pazzi», tra struggimenti e baci vertiginosi». Ma il genere rosa viene presto liquidato: così languido e perfetto l’amore, che «non c’era nulla da dire»; mentre intanto, nel timore che Florent e Nora vivano felici cento e cent’anni ancora, i malintenzionati amici li spingono a avere un bambino – nessuna passione può sopravvivere alle veglie della genitorialità. Ma i coniugi perseverano nella luna di miele, svenevole e esclusiva; vogliono bensì bene alla piccola Tristane, però non se ne interessano davvero, e sono felici all’occorrenza di depositarla presso la sorella della ragionevole Nora, la sconclusionata Bobette. Bobette, a ventidue anni, ha quattro figli, e «se qualcuno le chiedeva con chi li aveva avuti, lei gli dava subito del fascista».Così trascurata, Tristane reagisce, come succede, «facendo la brava»; non piange mai, e sempre primeggia; Bobette pensa che sarà presidente della Repubblica. Tristane adora la zia Bobette, che passa il tempo fumando davanti alla tv e vive di un sussidio, mentre i suoi figli si azzuffano. Bobette le insegna a cucinare, cioè le mostra un apriscatole; rientrando da scuola, Tristane compera al supermercato scatolette di ravioli e piselli, e li scalda; stupiti di mangiare piatti cotti, i maschietti interrompono i loro giochi maneschi. Spesso, nei romanzi apparentemente esili della Nothomb, la trama si duplica, e alla coppia di sorelle antitetica («cane e gatto») Nora-Bobette si aggiunge, con la nascita per Tristane di una sorellina, (gli amici hanno di nuovo tentato di spezzare l’intesa tra gli sposi perfetti) un nuovo doppio. Solo il lirismo romantico può esprimere l’insorgere dell’affetto – un’agnizione – tra Tristane e la neonata Laetitia: «Due pianeti si allinearono in modo così preciso che si levò, per le due bimbette, una musica, fenomeno metà sonoro metà luminoso, per i secoli dei secoli». Tristane conosce finalmente, a quattro anni e mezzo, l’amore assoluto e ricambiato: Laetitia invece non saprà mai che il cuore può morire di fame.Delizioso è accudire la sorellina, che si strozza dal ridere alle gag ripetute e adora mordicchiare la biancheria tesa a asciugare, nella lavanderia col suo odore stupefacente. Se i genitori rientrano, per rassicurarli le bimbe si affrettano a accendere la tv: di nascosto, loro giocano. «Nel tempo dell’infanzia esiste solo il qui e ora», scrive Amélie, che è stata allieva, all’università di Bruxelles, del biblista Albert Mingelgrün, e perciò aggiunge: a differenza della Genesi, dove «fu sera e fu mattina» (dice infatti la Bibbia: “Dio separò la luce dalle tenebre. Dio chiamò la luce giorno, mentre chiamò le tenebre notte. E fu sera e fu mattina”). Ma anche le sorelline complici e adoranti crescono, e diverse: Tristane è la prima della scuola, Laetitia fonda un gruppo rock, dal nome Pneus (la Nothomb adora il suono della parola pneumatici, e cerca di inserirla in ogni romanzo, come una firma interiore). Mentre i cuginetti scoprono le seghe («che vuol dire?») e l’afflato tra le sorelline suscita l’invidia («voglio diventare lesbica come voi due» ) compaiono i primi, inevitabili morti ammazzati, le case esplodono, nel gruppo rock nascono amori lgbt o anche no, e le giustificazioni a scuola sono irresistibili, a imitazione di quella ben nota del regista Truffaut («mia madre è morta»): «Sono andata a trovare mia madre in manicomio». E molto si parla con i morti; ma è solo conversazione: «La parola e la scrittura si alternano senza mai intersecarsi». Così il romanzo procede in orizzontale, moltiplicando le direzioni di sviluppo: e a fare le spese del finale, come è giusto, sarà l’originaria “coppia-fortezza”.