la Repubblica, 11 febbraio 2023
Il sandalo di Caovilla
René Caovilla si rigira tra le mani il Cleo Chandelier, una cascata di cristalli trasparenti che abbracciano in due punti il dorso del piede e poi si arrampicano in una spirale lungo la caviglia. «Vede, l’ago deve essere passato dentro ogni perla e ogni perla infilata sulla goccia. Ci vogliono pazienza e precisione». Ogni volta che tira la spirale il meccanismo a molla la riporta nella posizione iniziale. «È un’opera d’arte», commenta. Sono passati cinquant’anni da quando René venne folgorato da un bracciale romano d’oro a forma di serpente del I secolo a.C. esposto al Museo archeologico di Napoli. Decise di farci un sandalo, che è diventato il signature piece della Maison.
«È come la borsa Kelly», gongola.
«Tutti lo vogliono e non riusciamo nemmeno a soddisfare le richieste.
Niente male no?». Esposto al Moma di New York, il Cleo verrà celebrato in 50 esemplari da una mostra nello showroom di corso Matteotti 10 a Milano il 24 febbraio dalle 10 alle 19.
Fondata nel 1934 da Edoardo Caovilla, padre di René, la maison è famosa per la maestria con cui incorpora nelle sua calzature pietre preziose, cristalli e perline. Pare incredibile che questo brand globale che si è imposto a una clientela che spazia dall’Europa agli Usa al Medio Oriente alla Cina sia partito da quanto di più local ci sia: un’antica villa palladiana a Fiesso d’Artico, in provincia di Venezia. I numeri parlano da sé: nel 2022 la produzione dei prodotti flagship è cresciuta del 130 per cento con un incremento dei ricavi di circa il 54 per cento rispetto all’anno prima. «Mai, come dopo la pandemia, abbiamo incrementato la produzione e per sandali come il Cleo siamo arrivati all’apice. Non riusciamo a soddisfare la domanda.
Mi chiedono 1000 paia, ma come faccio?».
Come spiega questi risultati?
«C’è una nuova generazione globale di donne tra i 28 e i 34 anni che si è avvicinata al brand. Molte hanno visto le scarpe ai piedi delle madri e ora le vogliono per loro. Le trovano attuali. In Usa le donne portano i tacchi anche in ufficio. Un ruoloimportante lo hanno avuto anche le vendite online».
Una volta il Cleo era realizzato tutto a mano.
«La tecnologia ci ha dato un grande aiuto. Oggi l’operatore inserisce in una stampante 3d un modello che poi viene tagliato con una macchina laser, ma i cristalli vengono ancora attaccati a uno a uno da artigiani formati da noi. Ci vogliono circa 5-6 ore e ogni esemplare è unico».
Che tipo di donna indossa un modello così?
«Una sexy come Sharon Stone, che la portava già prima diBasic Istinct.
Sa muoversi e camminare bene.
Si occupa molto di sé».
Che legame avete col territorio?
«Fortissimo. Venezia è da sempre sensibile alle arti. Ci sono calzature ispirate a dettagli di lampadari di Murano, mosaici di San Marco, pizzi di antichi ventagli, merletti di Burano, ritratti di dame, trifore».
Chi sono i suoi concorrenti?
«In passato c’erano Ferragamo e Roger Vivier. Oggi non c’è nessuno capace di fare quello che facciamo noi, anche se ci provano. Siamo artisti e facciamo scarpe da sogno».
Come si accontentano mercati così diversi?
«Tenendo conto delle differenze culturali. In Usa adorano i tacchi altissimi e le scarpe aggressive, in Cina prediligono il tacco basso mentre in Giappone il plateau. In Cina il rosso non funziona perché ci si sposa col rosso, ma vanno colori come il fucsia e il turchese. Nel Medio Oriente croci e stelle non possono essere indossate e così via».
Alla fine però il marchio lo apprezzano tutti.
«Il bello è bello per tutti. È possibile non stupirsi di fronte alla bellezza? La bellezza suscita piacere».