la Repubblica, 11 febbraio 2023
Intervista a Maria Grazia Chiuri
L’abito di tulle ricamato come un corpo nudo.
Quello nero con “Pensati libera” scritto sulla stola.
La gonna a forma di gabbia, il vestito bianco con gli insulti degli hater. Anche nella frenesia generale che il binomio moda – Festival di Sanremo suscita, nulla ha provocato più reazioni delle mise indossate martedì scorso da Chiara Ferragni, al suo debutto come co-conduttrice di quest’edizione.
La discussione attorno ai suoi look, metafora della lotta delle donne contro violenze e prevaricazioni, non cala; anzi, quei capi si sono trasformati nell’emblema stilistico dell’evento. Ad averli realizzati è stata Maria Grazia Chiuri, direttrice creativa del womenswear di Dior, amica di lunga data dell’influencer e imprenditrice.
Come è nato il progetto?
«Chiara mi ha parlato di Sanremo, e di quello che avrebbe voluto esprimere sul palco, lo scorso giugno. Io ci ho riflettuto, e ho chiesto consiglio a Fulvia Carnevale (del duo artistico Claire Fontaine, ndr ),con cui ho già collaborato più volte e che considero un’amica. L’ho trovata così preparata sul Festival, che mi è parso naturale coinvolgerla: e si è creata una sinergia tra Chiara, il palco di Sanremo, la mia moda e l’arte di Fulvia».
È stato difficile?
«Parecchio. Prima di tutto, Sanremo era un territorio ignoto per tutte noi.
In più, ci premeva che i vestiti fossero frutto di una riflessione comune, che fossero comprensibili a una platea enorme ed eterogenea come quella del Festival, che magari non ha idea di chi siamo e di cosa facciamo, e che rispecchiassero il sentire di Chiara. Perché ricordiamolo, alla fine era Chiara con il suo corpo e il suo pensiero a esporsi sul palco».
Gli abiti avevano un’eleganza classica, nonostante i riferimenti a temi come l’odio digitale.
«La mia intenzione era far sentire Chiara bella e a suo agio. Il che, a onor del vero, è quello che cerco sempre di fare nel mio lavoro. Chiara la conosco, so cosa le piace, è una questione di empatia: lo scopo era che lei si vedesse al meglio. Parlare di violenza sulle donne davanti a milioni di persone non è proprio facile, e credo che in simili frangenti la bellezza sia il veicolo giusto per affrontare certi argomenti».
Le aspettative sulla vostra collaborazione erano alte, ma pochi scommettevano su una presa di posizione così forte.
«Il problema con le aspettative è che si basano sul passato. E invece le persone e la creatività sono in continua evoluzione».
Immaginavate reazioni così forti?
«Le dirò, quando lavoro a un progetto così intenso la reazione del pubblico è l’ultima cosa a cui penso, perché altrimenti mi bloccherei. Mi ha reso felice, questo sì, la maestra elementare che ha raccontato come il giorno dopo, a scuola, le sue alunne si siano messe a decorare le magliette con messaggi femministi».
Ma lei di solito lo segue Sanremo?
«Certo, ma da quando c’è Amadeus lo guardo con molta più attenzione. Luiè riuscito a evolverlo, coinvolgendo artisti di età diverse e rendendolo più giovane e trasversale. Prima era divertente, sì, ma poco contemporaneo».
Di recente la moda pare aver riscoperto Sanremo, non crede?
«No, non credo. Nel senso che non è la moda ad aver “riscoperto” Sanremo, ma i brand. È diverso.
Mi ricordo Anna Oxa vestita da uomo nel ‘78, o Loredana Berté che cantavaNon sono una signora in abito da sposa al Festivalbar: tutti si ricordano di loro e dei loro look, ma nessuno ha idea dei marchi dei loro vestiti.
La moda a Sanremo era vista comeuna forma d’espressione degli artisti, mentre ora è il Festival a essere un veicolo per i designer».
Due cose ben diverse.
«Appunto, e parlo per esperienza.
Una cosa è la moda legata alla cultura contemporanea, tutt’altra quella legata al sistema. Quello che ho fatto con Chiara rientra nella prima categoria, perché prescinde da Dior, la maison per cui lavoro.
Altrimenti avrei fatto scelte diverse, e così anche Chiara».
Era a Sanremo martedì?
«Sì, ho costretto mio marito a portarmici (ride,ndr ).La mattina dopo ero già tornata a Parigi per lavorare sulla collezione che sfilerà a fine mese, ma ci tenevo troppo».
S’è emozionata a vedere Chiara sul palco ?
«La guardavo e pregavo che andasse tutto bene. Sarà che Chiara è così giovane, ma provo un sentimento quasi materno nei suoi confronti.
E poi, mi rivedo in lei. Con l’età, e l’esperienza, ti costruisci una corazza contro la cattiveria e l’odio altrui; io ora mi faccio scivolare addosso i commenti pieni d’odio, ma ciò non toglie che in certe situazioni io capisca le sue fragilità. A me oggi certe frasi non fanno più né caldo né freddo – anche se me le ricordo tutte -, ma capisco bene cosa si prova a ricevere certi insulti immotivati.
E, onestamente, credo che tutti, chi più chi meno, possano mettersi nei suoi panni in certi momenti».