Corriere della Sera, 11 febbraio 2023
Intervista a Bode Miller
Alle nove di un mattino ghiacciato la neve scricchiola sotto lo sci ampio di Bode Miller. È perfetta, cucinata a meno sedici gradi. Lo sciatore americano più grande di tutti, trentatré vittorie in Coppa del Mondo, sei medaglie olimpiche, quattro ori Mondiali, settantanove podi conquistati in tutte e cinque le discipline dello sci alpino, fende per primo la pista Lino Lacedelli sulle Cinque Torri di Cortina. E qui succede una cosa. Standogli dietro, seguendo con gli sci le sue stesse tracce e provando per gioco a ricalcarne le linee curve a tre secondi di distanza, ci aspettiamo da Miller la sciata disegnata, geometricamente impeccabile, tesa e dura come la pista. Invece c’è un che di nonchalant, di casuale, come un ostinato rifiuto di ogni posa, in questo americano che della propria formidabile carriera, finita nel 2017, dice: «Non la rimpiango. Va bene così». È l’andatura, quel modo ostentatamente tranquillo, iperfiducioso e dunque fantasticamente quasi snob, di scendere per le piste.
L’infanzia
Fila accanto ai larici delle Dolomiti come tra vecchi amici. È cresciuto nel New Hampshire boschivo, tirato su da due hippie in una capanna di tronchi (come Lincoln? «Sì, quel genere, ma più schifosa»), senza elettricità né acqua corrente, lavandosi nel fiume, scaldandosi con una stufa in quei simpatici inverni gelidi del New England. A nove anni l’hanno iscritto a scuola. Poi ha raccolto uno dopo l’altro i trionfi, su queste Alpi così familiari: qui a Cortina ha gareggiato la prima volta nel 2001, poi Val Badia, Val Gardena, Val d’Isère, Tirolo... le piste le conosce curvone dopo curvone, con precisione morfologica. La famigerata Streif di Kitzbühel: «Non mi ha mai fatto paura, tecnicamente non è difficile, e poi tra piste ghiacciate e ripide sono cresciuto. Molto peggio la Saslong di Santa Cristina: inutilmente piena di salti e di bozze». La più dura? «Senza dubbio la Stelvio di Bormio. All’inizio ti chiede di andare forte, a novanta all’ora. Prosciuga le tue energie nei primi secondi, in picchiata. Poi rallenti, e si fa molto tecnica. Alla fine, quando credi di avercela fatta, è buia, scura, con un gran salto, il San Pietro. Tutto il tuo sangue è andato nelle gambe, quasi non ci vedi, il campo visivo si restringe a pochi centimetri, terribile». È a Bormio che Bode ha fatto nel 2005 la sua performance più virale, che lo ha consacrato come l’eterno adolescente: a pochi secondi dall’inizio si sbilancia, sembra che stia per cascare rovinosamente, perde uno sci. Ma riprende l’equilibrio. E prosegue così, su uno sci solo, anche se ormai è squalificato. Semplicemente: divertendosi. «All’inizio mica pensavo a dare spettacolo», ci dice sulla seggiovia che lo porta al monte Averau. «Semmai a salvarmi, a evitare una brutta caduta. È solo dopo che ho pensato: why not?». A metà giornata Bode incontra un ragazzo dello Sci Club Cortina, Alessandro: scia con lui, gli mostra come migliorare la postura, si ferma a metà pista, disegna con la racchetta curve esplicative nella neve. Ieri è passato per la fabbrica di Scarpa, ad Asolo, a dare consigli per una nuova calzatura supertecnica. Poi a Cortina ha incontrato mille fan, tutti locali.
Nella natura
«Davvero nelle Dolomiti ci sono polemiche quando si costruisce un impianto di risalita? Certo che l’ambiente è a rischio, ma penserei a cose più impellenti. Il cemento nelle costruzioni o i jet privati inquinano molto più di una seggiovia». Dopo vent’anni di successi, appesi gli sci al chiodo, a Bode mancava la natura. E dal 2020 vive con la moglie Morgan e i figli a Big Sky, Montana, neovillaggio sciistico sorto dal nulla dove vanno in vacanza Bill Gates, Ben Affleck, Justin Timberlake. Ma a differenza dei multimilionari vicini di casa i Miller ci si sono proprio trasferiti, secondo un esodo dalla California molto tipico («La nostra qualità della vita ha fatto un balzo») ma anche forse per cercare un senso nuovo dopo una tragedia tutta personale, la morte della figlia di neanche due anni, Emeline, nel 2018, in una piscina della Orange County. Da allora hanno continuato ad amare la vita, portando la famigliona a quota sette figli. Con loro Bode si diverte, non solo nello sci («Cento uscite a inverno»), ma facendo arrampicata, pesca, tennis, golf.
Un samurai
A proposito, quand’è stato che gareggiava con Donald Trump? «Poco prima che diventasse presidente, all’American Century Classic, il torneo golfistico delle celebrities. Trump tirò verso la buca. La pallina si fermò contro una di quelle pigne giganti che abbiamo in Nordamerica. Mi guardò e mi chiese: posso spostarla, la pallina? Rimasi di sasso: no, ovviamente! Ma lo fece comunque. Come se non ci fossero le telecamere di sorveglianza. Fu squalificato. Ecco, questo è il nostro ex presidente». Miller non ha mai nascosto le sue antipatie viscerali per l’America MAGA ma nemmeno ha parole granché dolci per i politici in genere, con l’eccezione di Clinton («Forse l’unico che abbia parlato con persone diverse dal proprio elettorato») e di Obama: «Mi è sempre piaciuto, ha un solo problema: è afroamericano, quindi metà del Paese lo ha odiato fin dal primo giorno». Contro le leggi antigay di Putin aveva levato la voce nel 2014. Ora dice: «La Russia non vincerà questa fottuta guerra. Ma ha già fatto molto male all’Ucraina facendo saltare la diga sul Dnepr. Vogliono le risorse idriche». È pomeriggio tardo tra le rocce rosa del Nuvolau. Due giorni di viaggio, un jet lag, la sciata. Bode è stanco. Il vento si infila tra le creste. Arriva la notizia, se n’è andata Elena Fanchini, giovanissima. Bode sa quanto la morte giochi a slalom con tutti, sciatori e non. È disposto a metterla in conto, con una lucidità che rivela che forse è sempre stato più adulto che ragazzino. Il che fa un po’ ridere, se si pensa ai capitomboli, alle gesta pazzesche, al futurismo delle discese. Sgancia gli attacchi. «Ho sciato come dovevo, ho gareggiato come dovevo: è tutto. Sono io il mio giudice. Come i Samurai».