Corriere della Sera, 11 febbraio 2023
Il virus che verrà
Qual è il confine tra previdenza e allarmismo? Congedato il Covid alla chetichella, il direttore generale dell’Oms, vale a dire il ministro planetario della Sanità, ha appena lanciato in mondovisione un nuovo spavento: l’influenza aviaria ha fatto il salto di specie ed è passata dagli uccelli ai mammiferi, cominciando a infettare visoni, lontre, volpi e leoni marini. Per l’uomo il rischio è ancora basso, ma «dobbiamo prepararci a ogni evenienza». Il messaggio ferale è stato completato dal virologo Matteo Bassetti: «L’aviaria arriverà di sicuro e sarà una pandemia molto più mortale della precedente». Fino a tre anni fa non ci avremmo fatto nemmeno troppo caso, ma adesso la percezione collettiva del pericolo è cambiata. Ed è un bene nel male, per citare la più bella canzone del Festival: è un bene perché ci si rivolge a una platea più ricettiva, ma è un male perché quella platea è diventata anche più scettica e al tempo stesso impressionabile. Perciò la comunicazione va maneggiata con cura.
Qualcuno dirà: è giusto che l’Oms alzi la voce, dal momento che gli uomini e gli Stati sono usciti dal Covid senza mutare di una virgola lo stile di vita che aveva favorito la diffusione del virus, a cominciare dalla pratica degli allevamenti intensivi. Ma un annuncio di questa portata andrebbe corredato da informazioni meno generiche, altrimenti rischia di essere interpretato come l’ennesimo «Ricordati che devi morire». Mo non me lo segno neanche più.