Corriere della Sera, 9 febbraio 2023
Eni Congo, i pm chiedono l’archiviazione
La moglie dell’attuale amministratore delegato Eni Claudio Descalzi, l‘imprenditrice e principessa congolese Marie Madeleine Ingoba, sino al 2014 controllava (tramite una catena di società facenti capo alla lussemburghese Cardon, posseduta in società con l’uomo d’affari anglo-monegasco Alexander Haly) aziende fornitrici di servizi logistici navali proprio a Eni per 55 milioni di dollari. Ma ciò non è reato di «omessa dichiarazione di conflitto d’interesse» – motiva ora la Procura nella richiesta di archiviare Descalzi per la vicenda di cui nel 2018 il manager si era dichiarato ignaro – sia perché i rapporti commerciali della moglie erano non con Eni spa (teatro del potere deliberativo di Descalzi) ma con Eni Congo spa; sia perché Ingoba cedette le proprie quote ad Haly l’8 aprile 2014, un mese prima che Descalzi in Eni spa diventasse n.1, sicché il reato sarebbe comunque già prescritto. Ma soprattutto, scrive il pm Giovanni Polizzi con il visto dell’aggiunto Fabio De Pasquale, le rogatorie al Principato di Monaco sui conti di Haly (che vi si è opposto strenuamente) dal 2018 non hanno avuto risposta, «neppure parzialmente, evento assolutamente anomalo e senza precedenti nell’esperienza di questo Ufficio». Il procuratore Marcello Viola in un comunicato lima il giudizio in «evento con scarsissimi precedenti», ma la sostanza è la stessa che fonda la richiesta di archiviare anche l’altra accusa a 8 indagati (tra i quali Descalzi, sua moglie, Haly, e gli ex manager Roberto Casula e Maria Paduano): corruzione in Congo per «gli accordi illeciti» («asseritamente illeciti», aggiunge Viola nella nota), quando Eni nel 2015, in cambio del rinnovo di permessi petroliferi, sarebbe stata consapevole che dietro la società privata congolese Aogc, alla quale cedeva quote di giacimenti, vi fosse Denis Gorkana, n.1 dell’ente petrolifero statale e vicino al presidente Sassou Nguesso. Nel 2021 i pm Storari-De Pasquale-Spadaro siglarono l’unico patteggiamento mai fatto da Eni come società (11 milioni di confisca e 826 mila euro di sanzione), però non per corruzione internazionale ma per la «più tenue» induzione indebita a dare utilità. La derubricazione, osserva però ora il pm Polizzi, ha comportato la riduzione dei termini massimi di prescrizione, che si consumeranno il 18 marzo. Rendendo ormai inutile l’attesa messianica delle rogatorie da Monaco.