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 2023  febbraio 09 Giovedì calendario

I tedeschi temono l’inflazione

Più che la guerra preoccupa l’inflazione. Vado alla mia farmacia per comprare dell’aspirina, e sullo schermo dietro il bancone in cui di solito si fa pubblicità a prodotti in libera vendita senza ricetta, campeggia la parola Friede, pace, e l’invito a partecipare alla dimostrazione contro la guerra. Anche nel meridione è avvenuta una manifestazione per la pace. «No War» si leggeva sui cartelli.






Per la ministra degli esteri, la verde Annalena Baerbock, la Germania sarebbe già in guerra. L’ha proclamata lei senza avvertire il Bundestag, il parlamento, cui tocca decidere, come in Italia.


Il cancelliere Olaf Scholz rimane prudente. Il ministro della difesa, Boris Pistorius è andato a Kiev a annunciare l’invio di 178 Leopard 1, oltre i 14 Leopard 2. Ma l’ultimo panzer vecchio modello è stato fabbricato nel 2003, i carri armati sono fuori servizio, occorre tempo per la revisione, la consegna non potrà essere portata a termine prima del 2025. Si spera che per allora sia tutto finito.


Secondo il sondaggio recente della seria società Allenbasch, per il 67% dei tedeschi il primo timore è l’inflazione, nel 2020 erano il 26%.


Distaccata, con il 47% segue la paura che la Germania si lasci trascinare in un conflitto. In ottobre il 45% temeva che Putin usasse l’atomica, oggi la percentuale è scesa al 33%. Più delle bombe, si teme che in un prossimo futuro il reddito possa diminuire (il 46%). L’anno scorso, i salari reali hanno perso il 4,1%.




Con il 45%, arriva il clima. Con il 41%, si teme per i risparmi che non si sa bene come investire. Sempre soldi e inflazione. Con il 39%, la paura che in vecchiaia l’assistenza non sia sufficiente, incombe l’incubo della demenza senile. Con il 38%, il timore della povertà in vecchiaia, e non poter pagare l’ affitto. Con il 34%, le catastrofi naturali, il sondaggio è stato condotto prima del terremoto in Turchia. E con il 33%, una grave malattia. Solo il 14% ha paura della disoccupazione.


Nonostante il Covid, l’Ucraina, e l’inflazione, le imprese aumentano i profitti e cercano dipendenti qualificati. In altre parole, non sprecate miliardi con le armi, e pensate a ospedali, pensioni, e residence per anziani. Le rette continuano a aumentare, manca il personale, infermieri e badanti, perché sono pagati male. Per il riarmo, sono stanziati cento miliardi in più, e sembra che non bastino. Il 33% è convinto che nonostante i nuovi investimenti le forze armate non saranno in grado di partecipare a un conflitto.


Alla domanda: la Germania deve intervenire se uno stato della Nato viene aggredito?, il 45% ha risposto «ja», e il 35% «nein», uno su cinque è indeciso. Le percentuali variano, a 33 anni dalla caduta del Muro, i tedeschi sono diversi tra est e ovest: nella scomparsa Ddr, il 50% è contrario all’ intervento, e solo il 32% favorevole. All’ovest, il 48% è per la guerra, il 32% contrario. Gli indecisi da una parte e dall’altra sono sempre sul 20%. Nelle cinque regioni orientali non sono per Putin, la dittatura rossa non viene dimenticata, non si amano i russi ma si crede di conoscerli meglio.


Diverse sono le risposte secondo gli elettori: i più bellicosi sono i verdi con il 60%, anche se il loro partito all’origine erapacifista, solo il 22% consiglia di rimanere neutrale. I più pacifisti, con il 67%, sono gli elettori dell’Afd, il partito dell’estrema destra. Solo il 27% sarebbe favorevole a intervenire in un conflitto. Segue la Linke, all’estrema sinistra, con il 47% per la guerra, e il 33% decisamente contro. Percentuali simili a quelle dei liberali: 45% per la guerra, il 28% contrario e il 28% indeciso. Bellicosa la Cdu/Csu, il partito di Angela Merkel, con il 50% di favorevoli e il 28% di contrari. Infine è indicativo il risultato per i socialdemocratici, il partito di Scholz: il 44% è favorevole, il 35% contrario, gli altri indecisi.


L’Spd è diviso, una parte non condanna Gerhard Schröder, l’ex cancelliere, troppo amico di Putin, sempre favorevole al dialogo con Mosca. Solo una minoranza, vorrebbe espellerlo dal partito, come se l’invasione dell’Ucraina fosse colpa sua.