il Giornale, 9 febbraio 2023
Mosca arruola Roger Waters
Trent’anni fa, nel suo (bellissimo) album solista «Amused to death», Roger Waters aveva compiuto uno sforzo di obiettività che doveva essergli costato gran fatica. Ben noto per il suo marxismo al caviale e per l’abitudine di paragonare Israele al Terzo Reich nazista, aveva sparso lacrime per i ragazzi massacrati in piazza Tienanmen a Pechino su ordine del partito comunista cinese, e in una lunga lista di popoli martoriati aveva perfino citato gli estoni perseguitati dai compagni sovietici. Si vede che invecchiando (ha compiuto 79 anni) i mai sopiti istinti antioccidentali hanno ripreso il sopravvento: nei mesi scorsi, in un’intervista all’agenzia russa Tass, l’ex leader dei Pink Floyd aveva accusato gli Stati Uniti di aver provocato la crisi ucraina, sfociata nell’invasione russa di quasi un anno fa. E a Mosca hanno molto apprezzato il suo non richiesto endorsement. Le successive prese di posizione filorusse di Waters avevano suscitato pochi giorni fa una specie di faida interna a quel che resta di uno dei gruppi storici del rock mondiale: Polly Samson, moglie del suo antico sodale David Gilmour, aveva preso di punta Waters senza mezze misure, dandogli tra l’altro dell’antisemita, dell’amico di un criminale (Putin), dell’ipocrita evasore fiscale e del megalomane. Accuse confermate dal marito, risentito perché l’ex compagno di strada aveva bollato come «incoraggiamento alla continuazione della guerra» la sua recente canzone griffata Pink Floyd «Hey hey rise up» dedicata alla resistenza ucraina. Ieri, la notizia choc: il Cremlino ha invitato Waters a parlare al Consiglio di Sicurezza dell’Onu. Un colpo di teatro del tutto esente da rischi: il musicista inglese, infatti, sottoscrive tutti i capisaldi della propaganda russa sull’Ucraina, difende regolarmente Putin (ma gli garba molto anche il super macellaio siriano Assad, nemico giurato di Israele e ancora in sella solo grazie a un intervento militare russo) e non risparmia attacchi agli americani. Secondo lui, Putin aveva teso la mano all’Occidente per la pace in Europa, ricevendo in cambio minacce inaccettabili come l’invito a Kiev a entrare nella Nato; l’invasione dell’Ucraina non è una guerra ma (indovinate?) «un’operazione militare speciale» che serve (indovinate?) «a denazificare l’Ucraina e a salvaguardare i russofoni del Donbass»; e la resistenza armata del popolo ucraino è «una guerra per procura», ovviamente al servizio degli interessi americani. L’ex Pink Floyd ha reagito all’invito indossando i panni dell’uomo di pace. Con finta equidistanza si è rivolto ai tre presidenti Putin, Zelensky e Biden affinché fermino la guerra e mettano le basi per un negoziato (posizione gradita a Mosca, che pretende di mettere l’Ucraina nelle condizioni di rifiutare il dialogo). A Kiev l’hanno presa malissimo: «Waters invoca una tregua ma in realtà ci dice di arrenderci». Se davvero parlerà al Palazzo di Vetro, sarà musica per le orecchie dello «Zar».