il Fatto Quotidiano, 8 febbraio 2023
Vespensky
Bruno Vespa fa il modesto. Dice che lui, con Zelensky, ha fatto “solo il postino”. Il presidente ucraino voleva partecipare al Festival di Sanremo e a chi s’è rivolto? All’ambasciata italiana? A Meloni o Crosetto o Tajani, membri del governo padrone della Rai, che sono sempre lì al telefono con lui o i suoi? No, a un conduttore pensionato, per quanto “artista” da contratto e molto più comico di lui: un collega. Poi non devono essersi capiti (sarà la lingua, che peraltro Vespa ha piuttosto sviluppata). L’insetto portaportese parlava di un collegamento col teatro Ariston, al massimo un video registrato, mobilitando le migliori menti del Paese a disquisire sui pro e sui contro. Invece poi l’Ad Rai, Fuortes, è stato incaricato di visionare il prezioso manufatto, necessariamente precotto, a mezzadria col direttore Intrattenimento, Coletta. E lì non si sa più cosa sia successo: paura del crollo di ascolti, terrore per la concorrente De Filippi, proteste degli inserzionisti pubblicitari, timore che Zelensky profittasse della diretta per tornare alle origini mettendosi a ballare sui tacchi a spillo e a suonare il piano col pisello? Mistero. Fatto sta che è venuta fuori l’ideona della letterina che Zelensky invierà a Fuortes, che dovrà esaminarla, magari emendarla, girarla a Coletta, che a sua volta la compulserà e forse la ritoccherà per trasmetterla ad Amadeus, che ne darà pubblica lettura con la solennità del caso fra una canzonetta e uno sketch. Con tanti auguri al cantante o comico o soubrette che si esibirà subito dopo e dovrà fare poco il simpatico, anzi sarà meglio che assuma l’espressione compunta che si conviene ai funerali: quella che assume Fabio Fazio quando Frassica e la Littizzetto si allontanano.
Il risultato finale scontenta sia chi voleva a tutti i costi Zelensky a Sanremo, sia chi non lo voleva per niente al mondo. Se la vista del presidente ucraino che “chiede cose” in t-shirt verde militare poteva provocare un lievissimo effetto déjà-vu e indurre qualche milione di telespettatori a cambiare canale, lo spettacolo di Amadeus che legge la sua letterina in contumacia con alle spalle la gigantografia del mittente potrebbe totalizzare lo share del vecchio monoscopio o della coppia De Gregorio-Parenzo. Sia come sia, dopo il bacio della morte, anzi della Vespa, non poteva che finire così: una tragedia come quella ucraina, con almeno 200 mila morti e 10 milioni di profughi in meno di un anno, trascinata in una farsa degli equivoci da Dopofestival, masticata, digerita e banalizzata come se la guerra fosse una puntata di Porta a Porta col gong e il maggiordomo che introduce il politico, il giornalista e la Valeria Marini di turno. A proposito: a quando un videomessaggio di Vespa al popolo ucraino?