il Giornale, 8 febbraio 2023
Intervista a Giuseppe Fioroni
«Portare la polemica politica all’interno della scuola è sbagliato». Beppe Fioroni, ex ministro dell’Istruzione ai tempi del secondo governo Prodi, non ha dubbi e invita tutti ad abbassare i toni. Onorevole, come sta? «Sopravvivo, che è già molto». Che idea si è fatto del caso Fazzolari? «Mi dà fastidio vedere tirare per la giacca la scuola, i docenti e gli studenti. La scuola non è né di centro né di sinistra né di destra ma è patrimonio degli italiani, quindi invito tutti a contare fino a mille prima di dire qualunque cosa che possa turbare il percorso e il cammino della comunità educante». Lo dice anche in quanto “vittima” del tiro a segno. «Sì, io fui tirato in una polemica simile nel 2007, fui attaccato e risposi con una dichiarazione che vale anche oggi e che le ripeto: il tiro a segno è una delle 66 discipline olimpiche che dal 1968 costituiscono gli ambiti di gara dei Giochi Sportivi Studenteschi organizzati dal Coni insieme al ministero della Pubblica Istruzione e istituiti per promuovere discipline e valori olimpici. Per la cronaca ne fa parte anche il tiro con l’arco senza che questo autorizzi a sostenere che la scuola addestri a fare la guerra tra indiani e cowboy». Quindi, traducendo, il caso Fazzolari è una bolla di sapone? «Portare la polemica politica all’interno della comunità educante su temi come questi è sbagliato. Io ne fui oggetto nel 2007, Fazzolari ne è oggetto oggi. Tutti evitino di strumentalizzare politicamente vicende che afferiscono ai giochi sportivi studenteschi, alle discipline olimpiche, al Coni. Mi auguro che tutto questo finisca e che al più presto passino le elezioni così magari qualcuno si risparmierà la polemica». Cosa direbbe a Fazzolari? «Direi che di solito sono polemiche che capitano ma se uno ha la coscienza a posto tira dritto e non succede niente». Le manca fare il ministro? «Guardi, ho già dato, è un lavoro che una volta si può fare ma è un lavoro complesso e complicato soprattutto perché lo devi fare sapendoti estraniare dalla lotta politica nel rispetto proprio della scuola italiana». Dal 2007 a oggi cosa è cambiato? «La scuola è lo spaccato della nostra società, vive delle speranze e delle gioie ma anche dei dolori e delle paure, tutti noi abbiamo un dovere che non è un dovere dirigistico verso i giovani ma è un dovere di sapere lavorare per un bene comune. Con uno slogan da cattolico democratico potrei dire che queste nuove generazioni ci devono invitare a lavorare mettendo al centro la persona prima di tutto». Cosa ha provato quando ha visto la facoltà della Sapienza occupata per Cospito? «Sa, io andai da ministro a piedi al liceo di Roma occupato da cinque giorni, bussai, presi una marea di critiche, feci l’assemblea con gli studenti e la mattina dopo sciolsero l’occupazione. Credo però che difendere le proprie idee e le proprie convinzioni sia una cosa importante e giusta ma il limite è quello di sapere anteporre il bene di tutti e credo che oggi nessuno si possa permettere di mettere in discussione il 41 bis, la lotta alla mafia, alla criminalità organizzata o al terrorismo perché metterlo in discussione significherebbe minare la nostra stessa pacifica convivenza, gnuno può pensarla liberamente ma lo Stato ha il dovere di tutelare il bene comune e la sicurezza di tutti».