ItaliaOggi, 8 febbraio 2023
L’impresa calcistica dell’Union Berlin
A Berlino si torna a votare domenica prossima per il municipio e, in parte, per le elezioni nazionali, a un anno e mezzo dopo il voto del settembre 2021, annullato a causa degli incredibili pasticci combinati nei seggi. Un’umiliazione. E si teme che anche il nuovo voto sia annullato a causa della pessima organizzazione. Probabilmente, la Corte Costituzionale chiuderà gli occhi, qualunque cosa accada, a evitare che lo strazio continui. Secondo un sondaggio, tre quarti dei berlinesi sono scontenti della giunta al potere.
Ma è un altro l’evento di cui si parla nella capitale e in Germania. In testa alla classifica della Bundesliga, la Serie A, per un giorno da sabato a domenica si è trovata l’Union Berlin, la piccola e povera squadra di quella che fu Berlino Est, che gioca in uno stadio di periferia. L’Herta, la ricca squadra dell’ovest, che gioca allo stadio olimpico, quello delle Olimpiadi di Hitler nel ’36, e dove gli azzurri batterono la Francia e vinsero il mondiale nel 2006, si trova al penultimo posto a cinque punti dalla salvezza.
L’ultimo derby cittadino, il 29 gennaio, ha visto soccombere l’Herta in casa, nello storico stadio per due a zero. Forse l’inizio della fine.
I rossi, per la maglia e non più per l’ideologia, per 24 ore hanno avuto due punti in più del Bayern di Monaco, che vince lo scudetto da dieci anni in fila, come la Juve fino a ieri. Dal 1932, ultimo anno della Repubblica di Weimar, ha conquistato 32 scudetti, e venti coppe della Germania. I bavaresi hanno vinto un recupero e ora sono primi per un punto. Mancano 19 giornate al termine, improbabile che l’Union vinca il campionato, ma tutta la Germania fa il tifo per i rossi, tranne che in Baviera. Il Bayern, sempre come la Juve, è la squadra più amata e la più detestata. I primi e i forti sono antipatici, a scuola e nella vita. Tutti i giocatori dell’Union valgono meno di Messi o di Ronaldo.
Sulla carta non c’è partita, sul campo tutto è possibile, sia pure di rado. Il Cagliari e il Verona vinsero lo scudetto, erano altri tempi, quando lo sport era più importanti dei diritti tv.
Il derby di Berlino non ha uguali in Europa. Una volta la Lazio era la squadra dei borghesi Parioli e la Roma del popolare Testaccio, a Torino bianconeri e granata appartenevano a due classi sociali (anche se gli operai meridionali alla Fiat facevano il tifo per la squadra aziendale). Ma da tempo non è più così, come a Milano tra neroazzurri e rossoneri, e a Genova, tra genoani e sampdoriani, o a Madrid, tra Real e Atletico.
Per decenni Herta e Union non giocavano tra loro. Erano divise dal Muro, dalla cortina di ferro. Berlino Ovest era scintillante di luci, simbolo del capitalismo, del consumismo. Berlino Est era ferma agli anni Cinquanta, senza insegne, anche l’aria era diversa, inquinata dalla pessima benzina delle Trabant, l’utilitaria della Ddr. Ma l’Union non era amata dal regime. La squadra della nomenklatura era la Dynamo Dresden, che oggi è finita in Serie C, come l’altra squadra dell’élite rosa, la Karl Zeiss Jena. I campioni dell’Union venivano passati dalla dittatura alle altre quadre. I tifosi erano comunisti, ovviamente, ma contestatori.
Dopo l’unificazione, nel 1990, si trovarono da poveracci tra i capitalisti. Il loro stadio, l’Alte Fösterei, il vecchio ufficio della guardia forestale, andava a pezzi, e non c’erano fondi. I tifosi lavorarono gratis, a turno, per rifarlo con le loro mani. L’Alte Försterei al completo giunge a 22mila spettatori, lo stadio olimpico 75mila, ma il tifo è acceso e le squadre ospiti finiscono per soccombere, come il Bayern che all’andata riuscì a pareggiare in extremis.
Sono trascorsi 33 anni da quando cadde il Muro, oggi perfino i berlinesi non si ricordano se una strada fosse da una parte o dall’altra, eppure nei quartieri occidentali e orientali si continua a votare in maniera diversa.
I giovani preferiscono l’Est, il regno della movida, all’ovest sono scomparsi i negozi di lusso, i cinema e i teatri. Angela Merkel continua a abitare all’est. Il successore, il cancelliere Olaf Scholz, vive nella vicina Potsdam, la capitale del Brandeburgo. L’Union è una piccola rivincita, anche per chi non ama il calcio.