la Repubblica, 8 febbraio 2023
I colori di Lauretta Colonnelli
Conoscete il colore Isabella? È un giallo sporco, detto anche lionato, chiaro, quasi ocra, quasi beige, che può indicare – ad esempio – il manto di un cavallo. Leggenda vuole che debba il suo nome a Isabella Clara Eugenia d’Asburgo. Quando, nel 1601, il marito Alberto d’Austria mise Ostenda in stato d’assedio, fece il voto di non lavarsi né cambiarsi fino alla capitolazione della città. Pensava che ci sarebbero voluti pochi giorni, ci vollero tre anni. E così la sua lurida biancheria battezzò la nuova tinta, fino ad allora indefinita e indefinibile. La storia è, appunto, una leggenda: si è scoperto che il giallo Isabella veniva già chiamato così qualche anno prima della battaglia, e l’etimo, dunque, resterà un mistero. Ma la storia dice qualcosa sulla moltiplicazione dei colori e dei loro nomi: della nostra capacità di distinguerli, classificarli e crearne sempre di nuovi. Siamo passati da Omero che non nomina mai il blu (il celebre «mare color del vino») alle venticinquemila nuance catalogate per la stampa nelle tavole delFarbenatlas.
La chimica e adesso anche le nano-tecnologie aggiungono di continuo nuove sfumature e profondità alla nostra visione. Come il Vantablack, nato appena otto anni fa: è il nero usato da Anish Kapoor che sfiora il buio assoluto.
I colori cambiano, si evolvono, sono, come i numeri, tendenzialmente infiniti. Forse è per questo che si moltiplicano anche i libri che ne parlano, dagli eruditi saggi di Michel Pastoureau al bel Cromorama di Riccardo Falcinelli, tanto per citare gli ultimi più famosi. Lauretta Colonnelli ora aggiunge all’elenco il suo La vita segreta dei colori. Storie di passione, arte, desiderio e altre sfumature (Marsilio). Ma diciamo subito che è un libro fuori lista: eccentrico, obliquo, imprevedibile. Non ha tesi da dimostrare, non è un catalogo, non ha un ordine cronologico, né uno schema evidente. È piuttosto una extravaganza, nel senso letterale: un vagabondaggio colto attraverso le conoscenze dell’autrice – che sono vaste – le sue esperienze (di giornalista culturale), la sua sensibilità di scrittrice. Insomma, è il diario di una passione, che ci puòfar scoprire la storia del giallo Isabella come quella del nero di mummia, o quella dell’urina dei bambini che nel ’700 la veneziana Rosalba Carriera mescolava ai pigmenti per ammorbidire i toni dei suoi delicati pastelli. Come se fosse la collezionista di una quadreria settecentesca, Colonnelli affastella sulle sue pareti una miriade di racconti, citazioni, nozioni, affascinanti curiosità: una stanza delle meraviglie dove ogni porta ne dischiude un’altra. A volte si ha la sensazione di passare attraverso un lungo elenco diLo sapevate che ?Lo sapevate che fu Montale a inventare il magenta? Che è esistito un colore chiamato caca de Roi ?Che nel 200 avanti Cristo le matrone romane scesero in piazza per rivendicare il diritto a indossare tuniche variopinte, osteggiate da Catone?
Gli argomenti sembrano inseguirsi in modo casuale. Ma in realtà il libro si legge d’un fiato perché un ritmo nascosto, fatto di assonanze e corrispondenze, lega le pagine di questo almanacco che mescola storie di pittura, di scienza, di moda, di cucina, di musica. In un capitolo dedicato al blu, per esempio, si parte dalla Ballata del carcere di Reading di Oscar Wilde – con il detenuto che invoca la vista di un fazzoletto di cielo – al fisico irlandese John Tyndall che due secoli fa ci ha spiegato perché la nostra volta è, appunto, celeste; dalle parole latine e persianacaerulus elazuward che hanno generato il celeste e l’azzurro a Picasso che ne ordinava gran quantità, e poi via di seguito in una corsa vertiginosa che passa per gli orizzonti di Darwin, il Saint-Victoire dipinto e ridipinto da Cézanne, l’azzurraJungfrau di Hodler, la macchia turchina di Miró («il colore dei miei sogni») e l’International blue brevettato da Yves Klein, fino ad arrivare, in un ultimo salto, aVolare che fu ispirato da un poster di Chagall. Era la riproduzione di
Le coq rouge dans la nuitdove l’artista si ritrae in volo abbracciato all’amata Bella Rosenfeld, accompagnato da un gallo rosso che canta e da un cavallo alato che suona il violino. La musica, quindi, era già nel quadro. Ispirazione potente, ma svolgimento faticoso. I primi versi erano un po’ legnosi: «Di blu m’ero dipinto per intonarmi al cielo lassù nel firmamento, volavo verso il sole…». Per arrivare alla versione finale ci vollero sei mesi di liti furiose tra il paroliere e Domenico Modugno. La storia è nota. Ma lo sapevate chePaese Sera dedicò un inserto alla canzone, chiedendo a scrittori, psicologi, politici, artisti, le ragioni di un tale successo? E che quelle pagine avevano il bordo dipinto di blu?