La Stampa, 7 febbraio 2023
L’Istria e il giorno del ricordo
La conoscenza dell’evento storico accaduto tra il 1943 e il 1945 lungo il nostro confine orientale e conosciuto con il nome «le foibe», si è ampiamente diffuso grazie ai diciotto anni in cui si è celebrato il Giorno del Ricordo, che ricorre tra poco, il 10 febbraio.
Quell’evento tragico ha trovato difficoltà, però, a venire inserito nel suo più ampio contesto, se non con gli ovvii riferimenti alla situazione di guerra in cui si trovava la regione adriatica dal 1941. Un libro fondamentale, frutto di ricerche approfondite negli archivi croati, sloveni e italiani, ci permette di situare almeno parte degli eventi che si ricordano il 10 febbraio in un contesto storico per la prima volta raccontato in modo articolato e completo.
Nel suo saggio Identità di confine (Viella), Mila Orlic ci offre un resoconto originale della storia dell’Istria e degli istriani dal 1943, scoprendo eventi poco noti, risvolti inediti o rimossi ma soprattutto mettendo in evidenza come la realtà storica fosse molto più complessa e sfaccettata di quanto le «narrazioni» nazionali – italiana e jugoslava, e poi croata e slovena – avevano permesso di cogliere.
Il lavoro di Orlic è un antidoto a ridurre alla sola dimensione traumatica e violenta la storia di quella regione, a ricomporre quelle «sfumature di «grigio» che compongono il tessuto quotidiano della vita sociale, a riconoscere la «fluidità» delle lealtà e appartenenze. È questa irriducibilità a schemi rigidi di appartenenze nazionali, che hanno pervaso la narrazione storica e la memorialistica da entrambe le parti, che rappresenta il valore enorme di questa originalissima ricostruzione storica. La difficoltà che i nuovi poteri jugoslavi hanno ad affermarsi, anche per la difficoltà di coniugare gli ideali di classe e quelli nazionali, mostra la molteplicità di lealtà esistenti, spesso in contrasto fra loro: allo Stato ma anche alla Chiesa, ai propri interessi economici e alla fedeltà politica, come emergerà con forza in occasione dell’esodo – il momento delle «opzioni» che i cittadini si trovano a compiere dopo il trattato di pace del 10 febbraio 1947 – caratterizzato da ripensamenti e, soprattutto, da scelte non legate solo e prevalentemente all’identità nazionale preferita, ma a motivazioni materiali, economiche, familiari e politiche.
L’opzione
Dopo il trattato di pace molti italiani d’Istria scelsero di lasciare le loro case e i loro averi
Il libro affronta i due momenti fondamentali che sono alla base del Giorno del Ricordo – la violenza delle foibe e l’esodo dall’Istria di centinaia di migliaia di persone – permettendo di ricostruire la dimensione storica completa e complessa di quegli eventi: dal carattere popolare dell’insurrezione dell’autunno 1943, cui il Partito comunista jugoslavo cercò di imporre la propria specifica connotazione politica, alle condanne dei tribunali popolari contro chi, ai loro occhi, rappresentava il precedente regime fascista di occupazione; dalle difficoltà e ostacoli che il potere jugoslavo trova in Istria alla propria normalizzazione ai problemi economici legati alla separazione dall’area economica (Trieste) cui l’Istria era stata storicamente legata e alla difficile integrazione con l’economia jugoslava; dalla difficile attribuzione nazionale su base linguistica al momento delle opzioni (molti parlano solo il dialetto istro-veneto) alle dispute sui beni di chi parte e sulla loro destinazione.
L’analisi del censimento del 1945 illustra la «difficoltà» di molti, o addirittura il rifiuto, a dichiarare la propria appartenenza nazionale che scelgono spesso di definirsi «istriani» o «fiumani» e di optare sulla base di logiche familiari. Ed è proprio questa identità «pubblica», entro cui soltanto sono ridotte le persone dalla logica della politica internazionale e nazionale, a permettere un’indagine che svela una complessità e articolazione storica poco conosciuta. Che renderà difficile, tra l’altro, la situazione dei profughi istriani in Italia dopo l’esodo, ma anche quella di coloro, italofoni, che scelsero di rimanere o addirittura di chi scelse di emigrare dall’Italia per motivi politici.
L’ultimo capitolo del libro racconta proprio l’ingresso dei profughi «in una patria ostile», le cui contraddizioni sono raccontate non solo sulla base di documenti, ma di una serie di interviste che l’autrice ha compiuto nella provincia di Modena negli anni del suo dottorato.
La conclusione di questo studio, che racconta con passione la storia dell’Istria e delle sue contraddizioni, evitando le semplificazioni che ancora troppo spesso accompagnano il giudizio su quei fatti, e che interpreta con intelligenza la molteplicità di aspetti irriducibili a una visione manichea e semplicistica, è un invito alla conoscenza storica come strumento capace di superare tanto «l’oblio» che aveva caratterizzato per decenni le vicende storiche dell’Istria quanto «l’eccesso compensativo di memoria» che ha rischiato e rischia di non farci comprendere la ricchezza di questa storia di confine.