Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2023  febbraio 07 Martedì calendario

Tedeschi divisi sul panettone

Il giorno dopo la visita della signora Meloni a Berlino, sulla Frankfurter Allgemeine scopro il titolo in italiano «Viva il Panettone!», su un lungo articolo dedicato fuori tempo sul nostro dolce natalizio. Non sarà una coincidenza, è una presa in giro della nostra premier e dell’Italia, già prevedo i commenti. Non penso al complotto, sarà un caso. Per me, piuttosto, è interessante che un giornale che esce nella capitale finanziaria del Continente, sempre uno dei migliori d’Europa, torni su un tema in apparenza banale.






La collega Johanna Dürrholz pubblicò una sua opinione sul panettone nei giorni di Natale (ItaliaOggi ne riferì il 29 dicembre). Divertente, ma non perdono a Frau Johanna l’avermi costretto a dover usare un luogo comune. Sono un peccato per chi scrive, e diventano un vizio come la cocaina, per i giornalisti pigri o che vanno di fretta. Ai miei lontani esordi, se usavo una frase fatta rischiavo di essere convocato innanzi al direttore. I gusti sono gusti. La collega ha il diritto di dichiarare che il panettone non le piace, trova che sia, come dire?, papposo, una massa informe, e non capisce la mania degli italiani, che ne vanno matti, li regalano e, a volte, li riciclano.


Johanna Dürrholz è nata nel 1989, l’anno della caduta del Muro, ha vinto un premio importante con un articolo, e ha scritto un piccolo bestseller, Die K-Frage, il problema kappa, che non sta per Kommunismus ma per Kind, bambino. Perché mai una donna è sempre costretta a giustificarsi se non vuole avere un figlio?




Con l’attacco al panettone, ha raccontato, si è resa unbeliebt, poco amata, molte critiche prevedibili. Il suo direttore, vecchia maniera, ed è un complimento, prima di pubblicarlo, l’avvertì che non gli piacevano gli articoli in cui si usa l’Ich, l’«io». Per Johanna era inevitabile. Come evitarlo se si riferiscono esperienze personali? La collega smentisce un altro pregiudizio degli italiani su i tedeschi: ha senso dell’umorismo. E non sono suscettibili alle critiche come noi. Il suo giornale, la Frankfurter, fece vendere almeno un’edizione di un mio libro sulla Germania, grazie a un titolo azzeccato, «I cattivi bevono cappuccino a mezzanotte», e alla recensione di Andreas Rossmann. Anch’io scrivevo che possono berlo quando gli pare, e che non sono Böse, cattivi, come li accusiamo. Il libro è uscito solo in tedesco, nessun editore italiano voleva andare contro corrente. Per avere scritto, in un altro libro, che la cucina tedesca è buona, l’editore ricevette una cinquantina di lettere di insulti, ero un perverso, un traditore. Anzi, un nazista perché oltre ai würstel preferisco il loro caffè all’espresso.


Il nostro ambasciatore a Berlino, Armando Varricchio, invece di scrivere una lettera di protesta alla Faz, ha invitato all’ambasciata Frau Johanna a una serata in occasione della Grüne Woche, la fiera dell’agricoltura. E tutti l’hanno accolta con gentilezza, altri ospiti le hanno detto di aver trovato il suo articolo divertente, alcuni persino di condividerlo. La cena è stata ottima, ha riferito Johanna, come dessert niente panettone, ma cassata. Peccato, sono siciliano, e non ci sono andato.


Anche l’ambasciatore ha dimostrato di avere senso dell’umorismo, che manca ad alcuni suoi colleghi, non solo italiani. Un suo predecessore, purtroppo scomparso e non ne faccio un nome, quando i rifiuti a Napoli giunsero fino al primo piano, protestò contro la stampa tedesca, difendendo la città di Benedetto Croce. Sarebbe come difendere Berlino, metropoli in declino, perché vi insegnò Hegel.


Il panettone non fa impazzire neanche me, e neppure la Stolle, alla lontana il panettone tedesco, ma è servito alla reciproca comprensione. I legami tra noi europei sono contorti, un garbuglio, tra la cucina e l’arte, e il calcio, i flirt sulla spiaggia, e la formula uno. I politici, soprattutto a Bruxelles, li trascurano. Vogliono imporre una uniformità burocratica. La pizza uguale da Helsinki a Canicattì. E pluribus unum è il motto degli Stati Uniti, da molti uno, noi dovremmo aspirare a in pluribus unum, a una concordia tra diversi. Il fascino dell?Europa è la molteplicità. Parlare del panettone non è una bagatelle, una sciocchezza.