il Fatto Quotidiano, 6 febbraio 2023
I primi 15 mesi di Gualtieri da sindaco
L’inceneritore e il Giubileo 2025. Questi gli obiettivi di Roberto Gualtieri da sindaco di Roma. Il resto, come accade da lustri ai primi cittadini di Roma, è un mero tentativo di mandare avanti la baracca, provando non tanto a lasciare il segno, quanto a non peggiorare le cose. Tagliato ormai il traguardo dei 15 mesi in Campidoglio, la cifra del sindaco dem sta tutta nel soprannome che gli hanno dato i falchi della sua maggioranza: “il cartonato”. Un appellativo che che non è affatto sinonimo di “assenteista”, anzi. Gualtieri è unanimemente riconosciuto come un grande lavoratore: il primo ad arrivare la mattina a Palazzo Senatorio, l’ultimo ad andarsene a tarda serata. Ma per molti, specie i consiglieri “di territorio”, quelli che stanno tutto il giorno in strada tra i comitati e i cittadini, è proprio quello il problema: lo vorrebbero di più nei quartieri, fra la gente, alle assemblee sindacali, in una città che dopo più di 40 anni si sente ancora orfana di Luigi Petroselli, uno che “sul campo” ci ha rimesso la vita, tanto per dire.
Il ragionamento dell’ex ministro dell’Economia invece è diverso: in una città di 3 milioni di persone, la più estesa d’Europa, dove i problemi non più “macro” ma “micro”, che ci vai a fare in periferia, dove non solo non ti votano ma alle urne non ci vanno proprio? Meglio stare in ufficio a provare a risolverle, le questioni. Punti di vista, ovviamente.
Fatto sta che il decisionismo di Gualtieri è iniziato e finito con la parola-tabù “termovalorizzatore”. È bastato un assaggio, appena arrivato, sull’impossibilità di governare i flussi che il sindaco ha subito virato rispetto gli intendimenti iniziali: se i rifiuti non possiamo riciclarli (bene), allora bruciamoli. L’impianto a sud della città, nella campagna pontina, e la maggioranza dei cittadini favorevole, hanno fatto il resto. Gualtieri, dunque, sarà ricordato come il sindaco dell’inceneritore? Forse, probabile. Ma anche – comunque vada – perché inaugurerà il Giubileo 2025 con la fascia tricolore al collo. Pochi giorni fa, il governo Meloni ha sbloccato il Dpcm che fornirà al Campidoglio la possibilità di spendere 1,8 miliardi di euro per 87 opere. A questi si aggiungono ulteriori 500 milioni di euro che riguardano i 335 interventi già definiti con fondi Pnrr per la realizzazione di “Caput Mundi”, la pianificazione sul fronte dei beni culturali che però è ancora al palo. La cifra complessiva degli interventi per il Giubileo sfiorerà i 4 miliardi con un secondo Dpcm. Sul colle capitolino stimano che, se va bene, il 10% delle opere previste sarà realizzato entro la chiusura della Porta Santa, il 6 gennaio 2026. A cominciare da progetti riciclati dagli anni 90, come il costosissimo tunnel sotto Piazza Pia.
E l’ordinaria amministrazione? L’altra croce tra le poche delizie della Capitale è la mobilità. Anche se, restando in tema, qualcosa si muove. Intanto la Metro C: la linea mantiene sempre una frequenza da trenino regionale (9-18 minuti), ma entro il Giubileo dovrebbero aprire la stazione Porta Metronia e Colosseo-Fori Imperiali. Inoltre, l’amministrazione ha ottenuto dal governo i fondi per continuare a scavare fino a Grottarossa, profondo nord della città. Certo, ci sarebbe stato da cambiare i treni sulle linee A e B, ma i ritardi hanno fatto sì che, nelle priorità della Hitachi Rail, la Capitale fosse sorpassata da Milano. Ecco dunque l’idea: aspettare che la fornitura dei nuovi convogli arrivi all’ombra del Duomo e – fatte le opportune verifiche di compatibilità con la rete – prendersi i treni milanesi “usati”.
Roma non è solo rifiuti e trasporti. Sempre in vista del Giubileo, la giunta Gualtieri ha scelto di “riqualificare” il sottopassaggio della Stazione Termini tra via Marsala e via Giolitti, che in realtà da tempo era diventato un ricovero fisso per decine di senzatetto. In una città che conta 16 mila senza fissa dimora ma il Comune mette a disposizione solo 400 posti notturni nei dormitori (rapporto Rhomeless di febbraio 2022), il primo atto di carità di un’amministrazione che ha riscosso le simpatie elettorali anche della Comunità di Sant’Egidio è stata quella di sfrattare i clochard prima dell’inverno.
Poi c’è lo sport. Una dettagliata inchiesta de IlPost.it del 7 gennaio spiegava come le uniche squadre professionistiche romane che hanno un posto dove disputare le loro partite in casa sono la Roma e la Lazio di calcio maschile. Dall’As Roma femminile traslocata a Latina alla Stella Azzurra di basket che gioca a Veroli, in provincia di Frosinone, passando per la Roma Volley femminile che fa l’A2 al PalaEur, un posto da 11.500 spettatori che riempirebbe giusto la Nba e che ha dunque costi spropositati: anche per questo motivo lo sport di squadra a Roma (tranne il calcio maschile) fallisce. Gualtieri riuscirà a risolvere il problema?