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 2023  febbraio 06 Lunedì calendario

Ritratto al veleno di Chiara Ferragni

Quando la Mattel annunciò di voler produrre una versione della bambola-icona a sua immagine, Chiara Ferragni, dopo aver fatto un post, esultò: «Sono una Barbie, il mio sogno da bambina è diventato realtà». Il fascino irresistibile di un blondismo leggendario. Da fashion doll a fashion blogger è un Instagram. Ventotto milioni e mezzo di follower, 35 anni, 27 tatuaggi, una carriera imprenditoriale che inizia come Diavoletta87 su Flickr, preistoria del web, passa nel 2009 da un fortunatissimo blog di insalata mista e arriva alla Business School di Harvard come case study; già «l’influencer di moda più importante al mondo» per Forbes, tre aziende e un impero economico da 40 milioni di euro, testimonial di vari marchi (cosmetici, gioielli, intimissimi...), un guadagno medio secondo calcoli recenti di 82mila dollari a post sponsorizzato, un film-biopic, una docuserie su Amazon Prime, una crew di assistenti, truccatori e fotografi, due sorelle, le celebrities minori, una madre ex venditrice di campionari Blumarine oggi blogger anche lei, e persino scrittrice, Wow! tre bambini da accudire – Leone Lucia, quattro anni; Vittoria Lucia, due anni, Federico Leonardo Lucia, 33 anni, detto Fedez – una vita vissuta allo specchio (domanda: ma qual è il discrimen fra esibizionismo e pornografia nello sfoggiare in rete gli affetti privati?), Chiara Ferragni, da Cremona – Turòon, Turàs e Tetàs – sul puro piano del successo è inattaccabile. Ogni sua mossa, da anni, è un’epic win. Chi più di lei? Non è laureata in nulla, ma studiata nelle università, bocconiana fallita ma vale più di una legione di top manager, è una fashion blogger, influencer, brand ambassador, stilista, digital businesswoman, è lei stessa un brand, capofamiglia di una factory così potente che prima ha contestato la Rai, oggi se l’è presa, una golden goose, una modella e un modello della social-sfera. C’è qualcuno che non vorrebbe essere lei? Un dubbio, però: chi sarebbe Chiara Ferragni se domani Mark Zuckerberg cancellasse il suo profilo Instagram? Poi, è vero: come dice una nostra elegantissima collega giornalista, «Quando mi sento un po’ giù, penso che ci sono donne che hanno come icona di stile la Ferragni». Front row, chiappe al vento, rossetti glitterati, filantropia, buone cau$e, promoter del mondo LGBTQ e Versace latex leggings. Odiata dalle altre influencer, è la più amata dagli haters. Motto latino per #rosiconi: «Invidiam ferre aut fortis aut felix potest», Publilio Siro. «L’invidia può sopportarla solo chi è forte o felice». Forte di milioni di fan, felice di una vita da favola incorniciata in un display, Chiara Ferragni, detta Ferry, che si porta la camomilla Bonomelli a Sanremo per placare l’ansia, oggi è la vedette del festival: sarà lei a postare la prima e l’ultima serata, taggando magari Amadeus. Non sa cantare, non sa presentare, non sa ballare, non sa recitare e a parte quelle di Instagram non ha mai fatto una diretta. Perfetta per l’Ariston. Pensate: avremo non uno, ma ben due monologhi della Ferragni. Uno sarà riparatorio, su #EmanuelaOrlandi; l’altro? Azzardiamo: o contro la violenza sulle donne (applausi, ndr), oppure sul tema «Io non volevo diventare famosa». Ha già messo gli hashtag avanti con i suoi follower: «Ho paura di non essere all’altezza». Non preoccuparti, Chiara. È il festival che farà fatica a stare al tuo livello. L’influencer si valuta su chi esercita la propria influenza. Il termometro, oggi, è la platea di Sanremo: ascolto medio dell’ultima edizione, 11 milioni di spettatori. Che sono un terzo dei tuoi follower. Buoni motivi per guardare Sanremo 2023, oltre la Ferragni: è un programma che di solito non tira mai tardi; non è noioso; al quarto anno Amadeus saprà di nuovo sorprenderci; interverrà Zelensky, e poi ci sarà anche Fedez. Olé! Uno dei pochi casi in Italia per cui una donna famosa non è «la moglie di», ma è il compagno «il marito della», Chiara Ferragni, raro esempio in cui lavoro e vacanza coincidono – la vita come un reality h24 che secerne post, tweet, foto, streaming, clic, scandali, indignazione è anche la più brava di tutti a usare qualsiasi cosa come materiale narrativo. Il matrimonio, un compleanno, le malattie, la nascita dei figli, i cuoricini a Beppe Sala, quelli sulle tettine. Come ha detto Giampiero Mughini: «Gli intellettuali non sanno più raccontare il nostro tempo, solo Chiara Ferragni ne è capace». Un guardaroba personale che trabocca di smalti, collanine, orrende ciabattine, borse, borsette («la mia prima Speedy Bag di Louis Vuitton, indimenticabile!!!!»), stivali di plastica e magliette con la scritta We should all be feminists (ma anche no), la Ferragniz sponsorizza collant velati e culotte, gli Uffizi, pandori griffati, il Memoriale della Shoah, bottigliette d’acqua liscia a otto euro, il DdlZan, il concertone del Primo maggio. Tra Bella ciao e il Versace Fashion Show non c’è differenza. E così, assurta a leader naturale delle partigiane in paillettes da influencer di moda a promoter del Pd basta rifarsi l’account, dal Consiglio di amministrazione di Tod’s alle Brigate Bulgari dei diritti civili è sufficiente un like testimonial di se stessa, designer di qualsiasi cosa e icona dell’italianità nel mondo (una volta il cognome nazionale più famoso all’estero era Ferrari, pensa te), Chiara Ferragni incarna il concetto stesso di invidia sociale. Carisma e Dior. Bella, ricca, intelligente, furba, creativa, preparata e progressista che promuove i valori democratici, egualitari e solidaristici... Difficile non ammirarla. «Ma quanto siamo cute?!?». Emoji.
Stories della vita di Chiara Ferragni da salvare. Quando frequentava il liceo Daniele Manin a Cremona e già alcuni compagni la amavano, letteralmente, e altri però non la sopportavano, «e la stessa cosa valeva per noi professori. Per alcuni era intelligente, sveglia e dalle idee rivoluzionarie. Per altri tutto fumo e niente arrosto». Quando Piero Chiambretti, e non glielo perdoneremo mai, la invitò in trasmissione, 2010, e da lì fu il boom. Quando, di recente, è spuntata una vecchia foto di Chiara Ferragni a un evento dei giovani del Popolo della Libertà, e meno male che Silvio c’era. Quando poi è diventata la Chiara Kuliscioff della sinistra massimalista milanese, diritti dei lavoratori e luxury Penthouse Libeskind a Citylife. Quando noleggiò un elicottero per un aperitivo su un ghiacciaio in Svizzera, e la sua amica Greta ebbe un malore. Quando Matteo Salvini mandò a letto la piccola Chiara rimboccandole le coperte: «Ferragni sta tranquilla, non aboliremo la 194». Quando Chiara Ferragni disse ai suoi follower di votare per non fare nascere «il governo ideologicamente più estremista di tutta la storia della Repubblica», ma solo lo zerovirgola del suo Instagram le diede retta. Perché i giovani adoreranno anche i Ferragnez, ma poi scelgono la Melogniz. E per il resto, come fece a tempo a scrivere il compianto Gianni Mura – che non era neanche su Facebook – il giorno che lesse del matrimonio tra il rapper Fedez e l’influencer Ferragni: «Rapper e influencer, due mestieri che un tempo non esistevano e di cui non si sentiva la mancanza». Parlemm del folber, che l’è mèj.