la Repubblica, 6 febbraio 2023
La faccia di Donzelli
Era popolarissima la macchietta dell’invasato nel vecchio Msi evedrete quanti altri Donzelli verranno presto fuori dal sottosuolo di Fratelli d’Italia. Di sicuro, come la scena della mortadella che uno spiritato d’antan, Nino Strano, mangiò in Senato quando cadde Prodi “il mortadella”, resterà nella memoria degli italiani anche l’angelo sterminatore, sottile e teso, che martedì scorso alla Camera accusava il Pd di complicità con «il terrorista influencer» Cospito. E vibrava tutto, Donzelli, mentre da un foglio, che tremava assieme alle sue mani, leggeva i nomi dei mafiosi che avevano incoraggiato Cospito, per accostarli, ormai in stato di combustione emotiva, con «Serracchiani, Verini, Lai e Orlando, che andavano a incoraggiarlo» anche loro. Vecchio cronista politico, ho rivisto nella faccia eccentrica di Donzelli le facce di tutti gli invasati di quel mondo speciale dell’estrema destra, di quell’etere cosmico, che non è mai stato fascista, per carità di Dio, ma fanatico sicuramente sì, spiritato, ardente, invasato appunto, come furono gli inimitabili Gasparri e Storace, il quale del deputato Paissan, aggredito al grido di «finocchio, gay, busone», diceva: «Ha tentato di graffiarmi, ma con le unghie smaltate». E c’è un’aria di antico, anzi di nuovo, anche nell’invasato della terra madre, il cognato Lollobrigida, e nel Gennaro Sangiuliano, reincarnazione impettita di Giovanni Gentile. Ci sono gli odori di Polverini, di er Batman e di Alemanno nel candidato Rocca, che tiene il broncio aRepubblica: «Con voi non ci parlo». E sicuramente Donzelli ha ereditato da “er pecora” Teodoro Buontempo, e da Benito Paolone lo stile da “monaco”, esibito come la virtù del «partito al primo posto» e il vestito come capita. Ma è ancora un principiante nella retorica selvaggia, che li aveva per campioni: «Io ti mangio il cuore» diceva Benito e, ad Almirante, «Giorgio, noi l’amore lo facciamo sugli alberi» mentre “er pecora” parlava in aula per 28 ore di fila e una volta si appese all’orologio a pendolo della sala stampa della Camera. Certo, la faccia invasata di Donzelli è davvero speciale, persino più eccentrica della faccia di Ignazio La Russa, diavolo della goliardia nera che «si accende e non ragiona», occhi dardeggianti, barbetta rasposa come la voce, maschia e roca. La faccia invasata di Donzelli è invece infantile, identica, da separati alla nascita – cercatela su Google – alla faccia di Mark Hollis, il leader dei Talk Talk, «una delle carriere più schizofreniche della storia del rock», stessi capelli a casco, stesso ovale alla Jean Paul Marat, l’aria ridanciana che improvvisamente si fa torva e corrucciata. Dovevano essere così le facce dei redattori male in arnese di Lacerba, gli assistenti di Soffici e di Prezzolini, belle facce invasate di estrema destra. «La vita – diceva Federico Fellini – non sbaglia mai una faccia».