Il Post, 6 febbraio 2023
Cos’è l’interlingua e chi la parla
Più di un miliardo di persone al mondo parla abitualmente lo spagnolo, il francese, il portoghese o l’italiano come prima o seconda lingua, ed è molto probabile che la gran parte di loro riesca a capire con facilità un’altra lingua molto simile a tutte queste, anche senza conoscerla: è l’interlingua, una lingua ausiliaria, cioè pensata per essere compresa da persone che non hanno in comune la stessa lingua. L’interlingua, che si diffuse negli anni Cinquanta, somiglia molto sia all’italiano che alle altre lingue romanze dell’Europa occidentale. Si stima che le persone che la parlano siano solo poche migliaia: le risorse disponibili su Internet e i social network però stanno contribuendo a tenerla viva e a incuriosire le persone che la vogliono apprender.
L’interlingua fu sviluppata dalla fine degli anni Trenta dall’Associazione Internazionale per la lingua ausiliaria (IALA), un’organizzazione fondata nel 1924 a New York per promuovere l’uso di una lingua che fosse comprensibile a persone di nazioni e culture diverse. Inizialmente l’obiettivo della IALA era individuare una lingua esistente che si potesse adattare a questo scopo, così i suoi linguisti presero in considerazione cinque lingue artificiali, inventate cioè a tavolino partendo dalle parole e dalle regole grammaticali di altre lingue: l’esperanto, l’occidental, l’ido, il nov-esperanto e il latino sine flexione, creato a inizio Novecento dal matematico piemontese Giuseppe Peano e conosciuto a sua volta come interlingua.
Dopo dieci anni di ricerche però i ricercatori arrivarono alla conclusione che nessuna di queste andasse bene e decisero di crearne una nuova, a partire dalle principali lingue derivate dal latino.
Le ricerche per creare un’interlingua cominciarono nel 1937 dal linguista Ezra Clark Stillman, responsabile degli studi della IALA, e furono portate avanti dai suoi successori, Alexander Gode e André Martinet, entrambi studiosi della Columbia University. Nel 1951 infine la IALA pubblicò un primo volume di grammatica dell’interlingua e il primo dizionario inglese-interlingua, con 27mila vocaboli. Nel 1952 la relazione finale e gli atti ufficiali del congresso mondiale di cardiologia furono pubblicati proprio in interlingua: una lingua che grazie a regole grammaticali semplici e a un lessico derivato perlopiù dal latino (come d’altra parte molti termini medici e scientifici) poteva risultare comprensibile alla gran parte delle persone che vi avevano partecipato, anche senza averla studiata.
In estrema sintesi, a livello lessicale l’interlingua si basa prevalentemente su vocaboli comuni alle principali lingue derivate dal latino: “fiori” per esempio si dice flores, proprio come in spagnolo e in portoghese (in francese è fleurs). Comprende anche termini derivati da inglese, tedesco e russo, o che arrivano da altre lingue ma sono diventati di uso comune a livello internazionale, come budget, samurai o sauna. L’articolo determinativo dell’interlingua è le e quello indeterminativo un, senza variazioni per genere o numero (le patre, le matres). Aggettivi e verbi non si coniugano a seconda della persona: per formare l’indicativo presente basta togliere la “-r” finale dall’infinito (cantar > io canta), mentre per il passato semplice (che corrisponde al nostro imperfetto ma anche al passato remoto) si aggiunge il suffisso “-va” (tu veniva).
Tra le altre cose, non è previsto l’uso di accenti o di caratteri particolari, come la ñ dello spagnolo o la cediglia (ç) di francese e portoghese. La “c” si pronuncia seguendo le regole dell’italiano (come nel caso di capitale o concerto), ma le lettere del gruppo “gn” sono due suoni separati, come in spagnolo (magnifico si legge cioè “magh-nifico”). I primi dieci numeri sono un, duo, tres, quatro, cinque, sex, septe, octo, novem, dece. Oltre ai pronomi personali maschili e femminili singolari e plurali (ille/illes e illa/illas) ci sono anche quelli neutri (illo/illos).
La grammatica piuttosto semplice e la gran quantità di vocaboli molto simili a quelli usati comunemente dalle persone che parlano italiano, spagnolo o francese sono caratteristiche che rendono l’interlingua piuttosto comprensibile, perlomeno a chi conosce queste lingue. Anche senza averla studiata è facile intuire che “Io non vole parlar de isto” significa “Io non voglio parlare di questo” e che “Ille ha facite un grande error, lo que io multo regretta” vuol dire che qualcuno “ha fatto un grande errore, cosa che a me spiace molto”.
Visto che contiene moltissimi termini derivati dal latino, l’interlingua può essere relativamente facile da capire anche da persone anglofone che hanno una formazione accademica piuttosto avanzata, come nel caso di chi usa il linguaggio scientifico, che impiega appunto molti termini latini o di derivazione latina.
Uno degli studiosi che stanno provando a spiegare e a far conoscere l’interlingua soprattutto grazie ai social network è il linguista spagnolo Carlos Valcárcel Riveiro, che la studia da oltre 15 anni e la parla come seconda lingua. In un’intervista a BBC Mundo, Valcárcel Riveiro ha spiegato che a differenza dell’esperanto, che aveva l’obiettivo ambizioso di favorire le relazioni tra paesi e la pace nel mondo, l’interlingua fu un progetto molto più elitario, nato negli ambienti universitari e senza una vocazione prettamente sociale.
Secondo Valcárcel Riveiro, che con i suoi video ha ottenuto centinaia di migliaia di visualizzazioni su TikTok, il vantaggio dell’interlingua è quello di essere stata pensata per essere comprensibile, più che universale. Tra gli anni Cinquanta e i primi anni Ottanta fu usata in varie occasioni per chiarire le formule chimiche e per presentare i riassunti di vari studi scientifici, ma anche in alcuni articoli in una trentina di riviste scientifiche e accademiche. Alla fine degli anni Settanta, l’associazione che si occupa dello studio della malattia delle piante negli Stati Uniti (American Phytopathological Society) pubblicò due grossi libri proprio in interlingua.
La IALA fu sciolta a metà anni Cinquanta, ma nello stesso periodo fu fondata la Union Mundial pro Interlingua, un’organizzazione non profit che ancora oggi si occupa di promuovere l’uso dell’interlingua con varie attività, come fanno una quindicina di altre associazioni in vari paesi del mondo, tra cui Stati Uniti, Danimarca e Brasile. Dagli anni Ottanta la lingua è stata studiata in varie università in tutto il mondo, tra cui Italia e Spagna, e in particolare in alcune scuole scandinave, dove è stata impiegata come strumento per insegnare il lessico scientifico e accademico.
I testi letterari in interlingua sono pochi, ma esistono per esempio alcune raccolte di racconti e libri per bambini. C’è poi Panorama in Interlingua, una rivista bimestrale che dal 1988 si occupa di attualità e argomenti vari, sempre in interlingua. Le persone che la parlano comunque sono poche: secondo stime citate da BBC Mundo sarebbero pochissime migliaia, nella gran parte dei casi formate da autodidatte.
Una delle critiche più diffuse all’interlingua è che sia una lingua eurocentrica, visto che si basa essenzialmente su poche lingue predominanti nell’Europa sud-occidentale. Secondo Valcárcel Riveiro comunque avrebbe il potenziale per mettere in comunicazione milioni di persone in tutto il mondo, anche solo per diletto.
Chi volesse approfondirla un po’ di più può cominciare a leggere la sezione di Wikipedia in interlingua o a seguire uno dei vari corsi per principianti. Ci sono gruppi di persone interessate all’interlingua sia su Telegram che su Facebook, dove la pagina di discussione della lingua ha 1.400 iscritti, ma online si trovano anche siti che raccolgono esempi di frasi e vocaboli, dizionari con il lessico di base e la traduzione in interlingua di migliaia di termini scientifici.