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 2023  febbraio 06 Lunedì calendario

Intervista a Giuliana De Sio

Una donna non più giovanissima, ma ancora bella e fascinosa, che paga un ex attore porno per fare sesso, in una pensione gestita da un travestito. Giuliana De Sio affronta un personaggio particolare: è Nanà, ovvero Alfonsina Malacrida, nello spettacolo La signora del martedì, dal romanzo omonimo di Massimo Carlotto, che il 15 febbraio debutta al Teatro Ambra Jovinelli con la regia di Pierpaolo Sepe. Con lei in palcoscenico, Riccardo Festa (nel ruolo del porno attore gigolò), Paolo Sassanelli (il travestito Alfredo) e con Alessandro Haber nei panni di Pietro Maria Belli, un inquietante giornalista di cronaca nera.
«Nanà è una sfigatissima – spiega l’attrice – che ha risvolti buffi e al tempo stesso drammatici. È una donna a suo modo autorevole, però ha bisogno di pagare per trovare l’amore con un poveraccio che, un po’ più giovane di lei, è stato colpito da un infarto e, non essendo più in grado di girare film erotici, si è ridotto a vendere il proprio corpo. Un corpo parecchio malandato: ad ogni incontro, i due amanti devono infatti aspettare che faccia effetto la pillolina che lui deve ingurgitare per avere l’erezione, ma il sospirato evento tarda sempre ad arrivare».
Una vicenda di umanità alla deriva. «Talmente alla deriva, che questi incontri sessuali sono solo il preludio di una tragedia, quella che emerge dall’arrivo dell’anziano giornalista: lui pretende di fare un’intervista a Nanà, è losco, ricattatorio, la costringe a parlare, a ricordare e a far venire a galla il suo terribile passato. E il loro dialogo si tramuta, ben presto, in una sorta di psicodramma, con un finale imprevedibile».
Un testo intriso di torbida sensualità e ironia tagliente, che si aggiunge alla lunga carriera di De Sio, iniziata quasi per caso a 18 anni da protagonista assoluta, interpretando Sibilla Aleramo nello sceneggiato «Una donna». «Non ci pensavo proprio a fare l’attrice: in quegli anni ero in fuga da una situazione familiare complicata. Fu proprio Alessandro (Haber), che avevo conosciuto e ammirato da sua spettatrice a teatro e che si era innamorato di me, a convincermi: mi vedeva giusta per lo schermo».
Poi un incontro teatrale importante con Giorgio Strehler, che la scelse per lo spettacolo «Libero» di Renato Sarti: «Giorgio mi volle a tutti i costi nel ruolo di una giovane prostituta tossicodipendente che vendeva il proprio figlio per comprare la droga. Gli amici e i colleghi mi avevano sconsigliato di accettare, dicendomi che il grande regista era un fustigatore degli attori. Invece con me fu affettuosissimo: all’epoca avevo i capelli rossi e, forse, facevo parte del suo bacino d’utenza, essendo un estimatore delle donne dai capelli rossi... A parte le battute, Strehler era carismatico, ti faceva sentire preziosa».
Una famiglia difficile, quella di Giuliana: il padre se ne va presto da casa e la madre, sentendosi abbandonata, si consola con l’alcol. «Sì, ma io mi sento una “svizzera-napoletana”. Sono una stacanovista, iper precisa, sempre puntuale e maniacale nel lavoro. Una nevrosi o etica professionale? Recitare mi ha aiutato molto: entrare nelle vite dei personaggi è un modo per fuggire dalla propria vita, è una terapia. Però, se mi volto indietro, vedo tutti gli sbagli commessi: non voglio apparire melodrammatica, ma avrei dovuto crearmi una stabilità affettiva, avere dei figli, e non rifugiarmi solo nel lavoro. Invece ho fatto l’attrice».
Proprio quest’anno, il 19 febbraio, Massimo Troisi avrebbe compiuto 70 anni: «Non voglio essere retorica, lui non amava le frasi fatte e avrebbe sghignazzato. Lo vedo sempre bello, magari con i capelli brizzolati e chissà quanto avrebbe affinato il suo umorismo, quanta strada avrebbe potuto fare, ma non so se sarebbe diventato saggio».