Corriere della Sera, 6 febbraio 2023
Due Cine condannate a convivere e lo sviluppo dei rapporti con l’Italia
Dalla fine della Seconda guerra mondiale esistono due Stati cinesi: quello repubblicano e democratico, presieduto oggi dalla signora Tsai Ing-wen, fedele alleata degli Stati Uniti, e quello comunista che fu creato da Mao Tse Dong nel 1949 ed è presieduto oggi da Xi Jinping, segretario generale del Partito comunista cinese e presidente della potente Commissione militare centrale. Per molti anni gli altri Paesi del globo, con qualche acrobazia, riuscirono a tenere i piedi in due scarpe: non volevano abbandonare il vecchio amico democratico, ormai installato in un’isola che i cinesi chiamano Taiwan, e che fu un tempo Formosa; ma non volevano neppure rinunciare ad avere relazioni politiche ed economiche con lo Stato comunista, ormai solidamente padrone della Cina continentale di Pechino. La Repubblica Popolare ospita l’ambasciata italiana a Pechino, tre consolati generali a Canton, Chongqing, Hong Kong, e un consolato generale di prima classe a Shanghai. L’Istituto per il Commercio estero (Ice) è presente dal 1964 nella capitale cinese e nelle città che sono sede di consolato.
Nella storia dei rapporti fra l’Italia repubblicana e la Cina comunista, la prima mossa fu di Pietro Nenni, allora segretario del partito socialista. Aveva visitato Pechino nel 1956 ed era stato ricevuto da Mao Tse Dong. Il livello dell’accoglienza dimostrava quali fossero le disponibilità cinesi verso la società internazionale; e la questione divenne ancora più attuale quando negli anni Sessanta fu evidente che l‘interesse per la Cina era condiviso dall’Italia liberal-socialista di Aldo Moro e Giuseppe Saragat. L’autore di questo articolo lavorava allora nel ministero degli Affari esteri italiano quando fu deciso che era ormai interesse nazionale avere con la Cina comunista rapporti ufficiali. Nel gennaio 1969, divenuto ministro degli Esteri, Nenni realizzò la sua speranza riconoscendo ufficialmente la Repubblica Popolare Cinese. I due Paesi nominarono i rispettivi ambasciatori nel febbraio del 1970 e questo evento ebbe l’effetto di dare uno scossone alla intera società internazionale. Il 25 ottobre 1971, con la risoluzione 2758, l’assemblea generale delle Nazioni Unite riconobbe i rappresentanti della Repubblica Popolare Cinese come «l’unico rappresentante legittimo della Cina alle Nazioni Unite»; ed espulse i rappresentanti della Cina nazionalista di Chiang Kai-shek. Ciascuna delle due Cine vorrebbe sbarazzarsi dell’altra. Ma sono condannate a convivere.