la Repubblica, 5 febbraio 2023
Intervista alla scrittrice inglese Paula Hawkins
La ragazza è scesa dal treno ed è finita in un triangolo d’amore. Paula Hawkins, la scrittrice inglese che con il suo romanzo d’esordio, La ragazza del treno ,uscito nel 2015, ha venduto quasi 30 milioni di copie in tutte le lingue, facendo del libro un bestsellers mondiale da cui è stato tratto un film dallo stesso titolo interpretato da Emily Blunt, e di lei una portabandiera della novelle vogue delle donne che scrivono noir, cambia registro. Come la protagonista del suo thriller, prima di avere successo anche Hawkins era una pendolare che viveva nell’anonimato. Un treno che si chiama celebrità l’ha trasformata dal punto di vista economico, ma l’ha messa davanti al dilemma di chi sfonda al primo colpo: come replicare un risultato straordinario? Il secondo atto in questi casi è più duro del primo. Ha scritto altri due romanzi simili al suo esordio, andati bene commercialmente ma in parte bersagliati dalla critica. Adesso esce con un quarto titolo, A occhi chiusi (come gli altri pubblicato in Italia da Piemme), imperniato su una giovane donna con un problema opposto rispetto alla ragazza sul treno: quella vedeva tutto guardando fuori dal finestrino dei pendolari londinesi, questa non vede quasi niente, affacciata a una casa su una scogliera scozzese, a causa di un temporaneo disturbo che le provoca blackout visivi. È il posto in cui Edie si è chiusa insieme ai due amici inseparabili dell’infanzia: Jake, ora il suo compagno, e Ryan. Una mattina quest’ultimo trova Jake morto in una pozza di sangue. Chi lo ha ucciso? Divorata dai sospetti, Edie brancola nel buio. Viene da chiedersi se sia una metafora anche per la vita dell’autrice: che ha fatto punto e a capo, ripartendo da un triangolo.
La prima domanda, Paula, è come mai la sto chiamando al telefono nello stato americano del New Messico: è lì per cercare materiale per un nuovo giallo?
«Oh no, sono qui in vacanza con il mio partner: siamo andati a sciare e visiteremo le gallerie d’arte di Santa Fe. Per quanto, chi lo sa, un giorno anche questo potrebbe finire dentro uno dei miei libri».
La seconda domanda è da dove le è venuta l’ispirazione per “A occhi chiusi”.
«In un certo senso dal lockdown per la pandemia, che ho trascorso in parte in Scozia, in inverno, in un periodo in cui tutti ci sentivamo insicuri e ci siamo chiusi fra le mura domestiche. Così mi è venuto istintivo immaginare tre persone in una casa: una donna intrappolata fisicamente e psicologicamente nella relazione con due uomini, costretta a procedere a tentoni, a vedere la realtà senza l’aiuto della vista. L’essenziale, come è già stato detto, è invisibile agli occhi».
Un triangolo d’amore e amicizia: ha mai visto “Jules e Jim”?
«Sì, molti anni fa, ma non pensavo al film di Truffaut mentre ho scritto questo romanzo. Del resto, il triangolo di sentimenti è un classico della narrativa. E non solo della narrativa: succede a un sacco di gente nella vita reale. Tre persone legate da un’intensa amicizia, che a un certo punto si trasforma in amore per due di loro, provocando gelosi a in quello che rimane tagliato fuori».
Quando la intervistai per “La ragazza del treno” le chiesi se c’erauna parte di lei in Rachel, la donna che guarda dal finestrino, e rispose di sì. C’è qualcosa di lei anche in Edie, che guarda dalla scogliera ma non riesce a vedere?
«Spero di no, perché Edie si rivela un personaggio non tanto piacevole. Ma mi attirava mettermi dentro una protagonista negativa, spiegare i traumi e i problemi alla base dei suoi comportamenti nel rapporto con i due uomini che la amano».
Perché scrive noir e perché sempre più donne ne scrivono?
«Perché in un thriller sei immediatamente calato nel dramma: c’è un morto, un mistero, un intrigo da risolvere. Fin da bambina, non so perché, preferivo le tragedie alle commedie: in me deve esserci qualcosa di oscuro. Ma al tempo stesso il carattere dei personaggi mi attrae più della trama. E penso sia questa la ragione per cui molte donne oggi scrivono gialli con successo: perché sono più portate degli uomini a concentrarsi sul lato intimo della vicenda ed evidentemente questo vogliono i lettori odierni».
Subito dopo la pubblicazione del suo bestseller mi disse che la sua vita non era cambiata. Poi sono cambiate molte cose, dalla casa in cui abita, in centro a Londra non più in periferia, a una esistenza più frenetica, fra presentazioni, interviste e riunioni con l’agente.
Lo scenario isolato di questo nuovo romanzo riflette in lei un desiderio di avere più spazio, più tempo, più tranquillità per concentrarsi sulla scrittura?
«Non ci avevo pensato ma forse è proprio così. Beninteso, non mi dispiace il successo, compresi i tour, i firma copie, le interviste. Ma una parte di me apprezza l’isolamentoforzato della scrittura. E scrivere una storia del genere ha probabilmente soddisfatto questo bisogno».
Lo scrittore americano Charles Bukowski affermava che avere successo a 50 anni, come capitato a lui, è diverso che averlo a 20 o a 30. Lei che lo ha avuto a 42 è d’accordo?
«Sì. Quando sei giovane è più facile che il successo ti dia alla testa, sei portato a pensare che la tua vita sarà sempre così. Se invece arriva quando hai una certa età, sei più realista, sai che esiste anche un altro lato della vita e che le cose possono cambiare».
A proposito, prevedeva che i romanzi successivi a “La ragazza del treno” avrebbero avuto un’accoglienza più difficile?
«Era inevitabile. Ho scritto il mio primo romanzo senza paura e senza aspettative, perché nessuno mi conosceva. Al secondo i critici mi aspettavano al varco, sono stati più severi. Qualche recensione non è stata buona. Mi ha addolorato ma era logico. Con il terzo è andata un po’ meglio. Fa parte del mestiere.
Mettendo tutto sulla bilancia, ci sto: confesso che sono felice di accettare i problemi che possono venire dall’avere scritto un bestseller».
Anche “A occhi chiusi” diventerà un film?
«È stato opzionato da una casa di produzione, vedremo che succede, io penso che abbia gli elementi giusti per il cinema».
E adesso che ha 50 anni, cosa vorrebbe dalla vita la ragazza scesa dal treno?
«Continuare a scrivere e a fare la vita che faccio, dividendomi fra Londra e Edimburgo. Insomma, continuo a prendere il treno, anche se non sono più una ragazza».