La Stampa, 5 febbraio 2023
Intervista ad Alessandro Siani
L’epoca delle favole è finita e Alessandro Siani, che sa fiutare l’aria del tempo con arguzia partenopea e umorismo universale, immerge la storia del suo nuovo film Tramite amicizia (dal 14 in 500 sale) in un bagno di realtà che sa di crisi occupazionali e solitudini contemporanee, imbrogli a buon mercato e iniezioni di fiducia nel prossimo: «L’amicizia è una cosa seria, mi ha colpito leggere che a Tokyo si affittano persone per vincere la malinconia dello stare soli e anche sapere di quel ragazzo che ha dichiarato di avere molti like, ma pochissimi amici. Un comico si guarda intorno, vede quello che accade, la guerra, le bollette, l’australiana che, per qualcuno, è durata il triplo del Covid, i raffreddori più lunghi degli stipendi…. Nel nome di Massimo Troisi, che è sempre il suo fondamentale riferimento («Non l’ho conosciuto, ma se ci fosse oggi sarebbe il mio Siri»), Siani tenta il salto di qualità e guarda il nostro oggi da una prospettiva diversa, più consapevole, anche di sé stesso: «Crisi di panico? Quando ti vengono devi fare solo un ragionamento: la vita è un’altra».
Sta per affrontare la platea del Festival di Sanremo, un’arena temibile. Che cosa farà?
«Parlerò di amicizia, di isolamento, cercando di trovare una chiave comica, ma puntando a ragionare su qualcosa, anche se solo per un attimo».
C’è chi ha già criticato la sua presenza al Festival. Che ne dice?
«Nell’era in cui viviamo è molto più facile ascoltare commenti negativi che cose belle. L’importante, in tutto quello che si fa, film o esibizione che sia, è avere la coscienza pulita e cercare di raccontare qualcosa dando alle parole il giusto peso, sapendo che si è sul palco di Sanremo».
Nel 2015 una sua battuta, su un ragazzino un po’ in sovrappeso, aveva suscitato molte polemiche. È difficile stare sempre attenti a quello che si dice?
«Zalone è stato criticato perché fece la favoletta sulla Calabria, a Pio e Amedeo è successo perché parlarono di emigrati, Fiorello per una battuta sulla magrezza. Critiche e proteste sono quasi una routine. Ho notato che adesso i comici possono parlare di meno, mentre sui social tutti possono dire tutto».
Il «politically correct» sta annientando l’estro comico?
«Carlo Verdone ha detto che il politicamente corretto ha ucciso la comicità, voglio essere ottimista e pensare che, magari, si possano creare invece nuove opportunità. Il mio nuovo film non sarebbe nato se non ci fosse stata un pensiero più attento sulla storia da proporre. Poi se uno vuole cercare il marcio, lo può trovare dappertutto».
Sulla presenza di Zelensky a Sanremo si discute da giorni. Lei che cosa ne pensa?
«A Sanremo un colpo di tosse diventa broncopolmonite, tutto viene amplificato e, d’altra parte, è normale che accada in una vetrina così grande. La presenza di Zelensky può essere, in ogni caso, occasione di una riflessione importante, il tempo passa e la guerra continua, non si ferma. Al di là della sua apparizione, è importante pensare a questo, a una guerra che non è ancora finita».
Nei dialoghi di «Tramite amicizia» ci sono molti riferimenti all’attualità, compresa una battuta sul reddito di cittadinanza. Lei che opinione ha?
«Il reddito di cittadinanza è nato perché ci sono problemi di occupazione. Voglio dire che il focus adesso è sbagliato, bisognerebbe parlare del fatto che non c’è lavoro. Ci sono tante persone per cui la cancellazione del reddito di cittadinanza equivale a precipitare in condizioni di vita da favelas. Ogni cosa deve essere sistemata, però l’unica alternativa al reddito di cittadinanza è il lavoro, altrimenti la gente lascerà il Paese e così il problema non sarà più il reddito… ma proprio la cittadinanza».
Che cos’è per lei l’amicizia?
«È una cosa seria, e oggi ci sono troppi ragazzi soli. Mi fa impressione l’uso spropositato del telefono, tutti chiediamo sempre "Dove sei?" e mai "Come stai? Come ti senti?", penso alla storiella di quel bambino che stava sempre su Whatsapp, un giorno alzò gli occhi, vide un signore, chiese chi fosse e si sentì rispondere "Sono tuo padre". Bisogna uscire da quel meccanismo per cui a tua madre e tuo padre nemmeno rispondi e invece a uno sconosciuto, sui social, dai il buongiorno e racconti tutti i tuoi fatti».
Dura di più l’amicizia oppure l’amore?
«Dura di più il mutuo».
Il prossimo 19 febbraio Massimo Troisi avrebbe compiuto 70 anni. Che cosa ha rappresentato per lei?
«Troisi è un genio compreso, ma non è stato raccontato abbastanza, tante cose di lui non sono state ancora dette, per esempio sulla scelta meravigliosa di passare all’italiano dopo aver girato i primi film in napoletano, una scelta coraggiosa, che segnò anche un passaggio professionale. La stessa cosa la fece Pino Daniele, sono due maestri, hanno aperto la strada agli altri. Se Troisi avesse continuato a esserci gli avrei chiesto di tutto, sulla guerra, sulla politica, sul lavoro».