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 2023  febbraio 04 Sabato calendario

Chi guadagna dall’invio di nuove armi in Ucraina

“Ottime notizie”. Volodymyr Zelensky ha accolto così la decisione degli Stati Uniti e della Germania di inviare all’Ucraina i carri armati pesanti Abrams M1 e Leopard. Armi che il presidente ucraino giudica necessarie per tentare di ricacciare indietro l’esercito russo dai territori conquistati durante la sanguinosa guerra cominciata il 24 febbraio 2022. “Ottime notizie” anche per le industrie mondiali che fabbricano armi, di fronte a una domanda di mercato mai vista.




Le linee di produzione non riescono a soddisfare le richieste, soprattutto per bombe, munizioni e missili, i fatturati si gonfiano, il valore delle azioni in Borsa esplode. Gli azionisti, con cinismo, si fregano le mani. L’invio di missili e le recenti decisioni di mandare a Kiev anche carri armati europei e americani, nuove batterie di missili come i Patriot americani e i Samp-T italo-francesi, oltre alla richiesta di Zelensky (non accolta, per il momento) di avere anche i caccia F-16, l’aereo da combattimento più diffuso nel mondo, premiano soprattutto cinque grandi aziende, tre americane e due europee. In realtà a beneficiarne è tutta l’industria delle armi.


Il caso più eclatante
è quello del gruppo tedesco Rheinmetall, che produce dai cannoni ai carri armati. È la società principale beneficiaria del piano di spesa di 100 miliardi annunciato dal cancelliere Olaf Scholz poche ore dopo che Vladimir Putin ha cominciato i bombardamenti. Rheinmetall si è proposta per rimettere in sesto i Leopard usati che la Germania e altri Stati europei invieranno in Ucraina. Zelensky ha chiesto 300 carri armati. Per il momento è deciso che verranno mandati 90-100 Leopard dalla Germania (14) e da altri Paesi europei e 31 Abrams dagli Stati Uniti. Molti Leopard sono semi-abbandonati, perché da anni si pensava che non sarebbero più stati impiegati in una guerra. La fornitura all’Ucraina potrebbe essere vantaggiosa per l’azienda. Secondo il Financial Times “Rheinmetall, il principale appaltatore della difesa tedesca, potrebbe svuotare le proprie scorte di armi, rimettere a nuovo quelle dei clienti e vendere preziose munizioni per caricare il carro armato”. Nel 2021 Rheinmetall aveva 5,66 miliardi di ricavi e un utile operativo di 594 milioni. I risultati 2022 saranno migliori. Ancora meglio quest’anno: Ubs prevede un balzo dell’utile operativo a 958 milioni. Da quando la Russia ha attaccato l’Ucraina, il prezzo delle azioni dell’impresa tedesca è aumentato da 96,78 euro del 23 febbraio 2022 a 226 del 2 febbraio, +133%, più di ogni altra azienda mondiale di armi. Il valore di Borsa di tutta la società ormai sfiora i 10 miliardi. Quasi il doppio di Leonardo, che è sui 5,5 miliardi. L’ex Finmeccanica fattura 14 miliardi, il doppio del gruppo tedesco, ma ha una redditività inferiore. Anche le azioni dell’ex Finmeccanica, per alcuni anni depresse, hanno beneficiato dell’effetto guerra: hanno segnato un rialzo del 49% in poco più di undici mesi.


Un ulteriore guadagno deriverà dai pezzi di ricambio e dalle munizioni per i Leopard in Ucraina. Ogni carica di munizioni potrebbe costare 6/7 mila euro. Il Financial Times ha calcolato che se ogni carro armato sparasse 20 colpi al giorno, un battaglione di cento Leopard produrrebbe un utile operativo di 100 milioni al mese per i fornitori. Anche i colpi sparati dall’esercito ucraino andrebbero rimpiazzati negli arsenali dei Paesi “donatori”. Sempre lo stesso Financial Times osserva che il costo del rifornimento delle forze armate europee con proiettili da 120 millimetri potrebbe già essere di 6,3 miliardi, secondo l’analista Sash Tusa di Agency Partners. Rheinmetall ha comprato una società di munizioni in Spagna, la Expal Systems, per un valore d’impresa di 1,2 miliardi. Per finanziarsi ha appena emesso un bond convertibile per un miliardo.


Altri affari
per l’industria deriverebbero dalla sostituzione dei carri usati mandati in Ucraina. La Polonia, in cambio dei 14 Leopard per Kiev, vorrebbe nuovi Abrams americani o altri della Corea. I 31 Abrams promessi da Joe Biden a Zelensky saranno costruiti nuovi di zecca da General Dynamics. L’ordine speciale firmato dal governo dovrebbe avere un valore di 400 milioni di dollari. Nel 2022 General Dynamics ha aumentato i ricavi del 2,4% a 39,4 miliardi di dollari e l’utile netto dell’11,3% a 3,39 miliardi. Il portafoglio ordini ha raggiunto il record di 91 miliardi. “Nel 2022 il risultato operativo è stato solido, guidato dall’eccellente esecuzione nei sistemi di combattimento. Abbiamo anche avuto un altro anno molto forte per la cassa”, ha commentato l’amministratore delegato del colosso statunitense della Difesa, Phebe Novakovic. Dall’inizio della guerra le azioni di General Dynamics sono salite del 7%, da 216,27 a 231,41 dollari.


In Borsa è andata meglio invece a Lockheed Martin, il costruttore degli F-35 e degli F-16, gli aerei da caccia tanto agognati dal presidente dell’Ucraina. Nello stesso periodo le azioni della società aerospaziale Usa sono salite del 17,5%, da 388,9 a 457,2 dollari. Nel 2022 c’è stato un calo delle consegne di velivoli e una frenata dei conti, -1,6% i ricavi a 65,98 miliardi e -9,2% gli utili a 5,7 miliardi. Il portafoglio ordini è però aumentato dell’11% a 150 miliardi. Lockheed ha consegnato 141 F-35.


Il principale protagonista delle forniture di guerra è Raytheon, colosso che nel 2022 ha scavalcato Lockheed (insieme fabbricano i missili Javelin) con 67 miliardi di dollari di ricavi (+4,1%) e 5,2 miliardi di utile netto (+36,8%). Raytheon costruisce anche i missili Patriot che Biden ha promesso a Zelensky un mese fa (ma che risultano ancora “in viaggio”). Dall’inizio della guerra le sue azioni sono salite del 5,1% a 96,96 dollari. L’intera società vale 142 miliardi, 25 più di Lockheed. Il suo ad, Greg Hayes, ha detto: “Il flusso di cassa nel 2022 ha superato le nostre aspettative. Siamo ben posizionati per catturare la domanda crescente e prevediamo di ottenere una crescita delle vendite e un’espansione dei margini nel 2023”.


In Ucraina arriveranno anche i carri britannici, 14 Challenger 2. Li costruisce Bae Systems, la prima azienda europea di armi. Dall’inizio della guerra le sue azioni sono cresciute del 42,6%, ora in Borsa vale circa 29 miliardi di euro.