il Fatto Quotidiano, 3 febbraio 2023
Salvador Dalì e Amanda Lear in pillole
Come resistere alla vitalità di questo anziano megalomane, che le aveva subito sibilato: “Lei ha proprio un bel cranio”?. La storia d’amore tra il maestro del surrealismo Salvador Dalí e la sua giovane modella, musa, “papavero orientale”, Amanda Lear, torna, arricchita, nella biografia di lei riedita da Il Saggiatore: La mia vita con Salvador Dalí.
Il Saggiatore ristampa, con nuovi capitoli inediti, La mia vita con Dalì di Amanda Lear. La sua musa storica, alternativa e complementare alla moglie Gala. “Da questo momento non ci lasceremo mai, lo sa?”. Così l’eccentrico pittore spagnolo congedava la giovanissima Amanda dopo il loro primo pranzo a Parigi. Ottobre 1965: la Lear studiava Belle Arti e aveva iniziato a posare come modella. Minigonne e borsette di paglia, disinvolta, bellissima. Lontana anni luce dalla leggenda metropolitana della sua ambiguità sessuale messa in circolo dallo stesso Salvador. Il primo impatto non è dei migliori: lei lo giudica arrogante e grottesco, con quei baffi impomatati. Ma poi finisce per subirne il magnetismo obliquo. Come resistere alla vitalità di quell’ultrasessantenne megalomane che le aveva subito sibilato “Lei ha proprio un bel cranio”? La loro torrida relazione platonica (si dichiarava impotente) durerà più di 15 anni. Tra la Swinging London e il Maggio francese, gli inverni a New York e le estati a Cadaqués, l’aria di Rivoluzione e i party da Restaurazione, la mondanità internazionale e l’esplosione del prêt-à-porter. Suite e cene stellatissime, Cadillac e champagne a fiumi, teste coronate e bohemien: tra i tanti, la coppia frequentò Brian Jones e Mike Jagger, Serge Gainsbourg e Jane Birkin, i Rothschild, Onassis e Brigitte Bardot, Lou Reed e Andy Warhol, Grace Kelly, Ranieri di Monaco, la regina Elisabetta. Panciotto di lamé dorato e preziosi bastoni da passeggio, Il Surrealista fu una macchina impressionante di provocazioni e soldi.
Dalì dall’interno. Scaramantico, portava in tasca un talismano: un pezzetto di legno. Non toccava vino né caffè: solo acqua minerale. “I miei quadri sono allucinazioni senza bisogno di allucinogeni”. Ed era felice, “a volte addirittura gongolo per la contentezza. Sono così felice che ho paura di morire a causa di un eccesso di gioia”. Sognava di essere ibernato e si professava “monarchico e cristiano apostolico”, ammiratore del dittatore Franco, misogino (“le donne non hanno talento. Il talento è una prerogativa maschile. Le donne fanno i figli e le omelette. Stanno in cucina. È tutto”).
La sua corte fissa. Ognuno aveva il suo soprannome psichedelico. C’era Luigi XIV, un Re Sole di gender opposto. Il Capitano, ossia il suo segretario di affari Moore. I misteriosi gemelli. Impostori, attricette, finti ricchi e blasonati interinali. E il nostro Dado Ruspoli, il principe romano, che “si entusiasmava facilmente” ed esclamava sempre “è incredibile”.
Il linguaggio iniziatico. Gli accoliti della sua claque parlavano tra di loro in codice. “Limousine” stava, per esempio, per membro maschile; “macchina da cucire” per amplesso.
Il corteggiamento. La Lear diventa presto per lui un angelo, un “papavero orientale”, una Dea, “un vero archetipo”, una Venere in pelliccia. Per lei matura un sentimento bruciante di potente attrazione sublimata. È geloso e possessivo, ma accetta le relazioni della mannequin e futura regina della disco-music. Quella con David Bowie, però, proprio non gli va giù: non lo stimava, “preferiva di gran lunga Alice Cooper”.
Ménage à trois. Non ci fosse stata la moglie, Salvador sarebbe stato un’anima persa. Provvedeva lei a tutte le questioni pratiche. Il Visionario l’adorava. “Quando era con lei si comportava come un bambino alla presenza della madre”. Il primo rendez-vous tra Gala e Amanda era stato “terrificante. Mi squadrò con i suoi occhietti scintillanti”. Alla fine diventarono amiche, complici.
Dalì e il sesso. “Dalí s’inginocchiò davanti a me e mi baciò appassionatamente prima il piede destro, poi il sinistro. Lo osservai imbarazzata. Aveva il respiro corto. ‘La amo’, disse con voce soffocata. ‘La amo ogni giorno di più’”.
Dalì e i suoi colleghi. Per lui “Magritte era un piccolo artigiano belga che faceva sempre le stesse cose”. Il suo bersaglio preferito era Cézanne, “paragonava le sue Bagnanti a sacchi di patate”.
Follow Amanda: “Era il mio amante, il mio padre spirituale, mio fratello, il mio compagno di giochi, il mio insegnante di disegno, il mio guru, il mio filosofo”.
Picasso al telefono. “Ma chi è questa Amanda?” gli chiede l’amico-rivale spagnolo: “Una ragazza che mi accompagna quando Gala non c’è”. “Ti si drizza ancora? Ne ero certo. Ma dimmi, te lo succhia bene?”.
Il Viagra araldico: “Sa come sono fatto. I titoli, la nobiltà, su di me hanno un effetto smisurato. È risaputo che solo una duchessa può provocarmi un’erezione”.