Corriere della Sera, 3 febbraio 2023
Gli spot (da cento milioni) sbarcano al Super Bowl
Gesù il ribelle, Gesù che si sottomette al giudizio degli uomini, Gesù che socializza e sa divertirsi con gli amici. È un Gesù in bianco e nero raccontato nei suoi aspetti più umani quello che appare da mesi negli spot pubblicitari della campagna «He Gets Us» (Gesù ci capisce, è uno di noi) trasmessi dalle reti televisive delle principali città americane: messaggi diventati virali su YouTube e che alla fine della prossima settimana raggiungeranno la più vasta platea degli Stati Uniti: quella del Super Bowl.
Inserire la propria pubblicità in uno spettacolo sportivo visto da cento milioni di americani ha costi inauditi: la campagna finanziata dalla Servant Christian Foundation, una fondazione del Missouri che ha già speso 100 milioni di dollari, ha prenotato due spot. E i suoi promotori dicono di voler continuare il loro sforzo per rilanciare il brand di Gesù al fine di arginare la perdita di fedeli – soprattutto giovani – delle chiese: contano di raccogliere e investire nei prossimi tre anni un altro miliardo di dollari in quella che descrivono senza imbarazzi come una vera e propria campagna di marketing.
Il Super Bowl moltiplica l’attenzione, ma anche le polemiche per l’uso di strumenti creati per le campagne commerciali. E alimenta i sospetti: è ignota l’origine dei finanziamenti che sostengono questa gigantesca campagna.
«Molte chiese considerano marketing una parola proibita, da nascondere» dice Haley Veturis, esperto di comunicazione di digitale ed ex social media manager della Saddleback Church (mega-chiesa battista evangelica di Lake Forest che, con le sue undici sedi, è quella che ha più fedeli in California), «ma cos’è l’evangelizzazione se non marketing presentato con un altro nome?».
Negli Stati Uniti, com’è noto, la religione delle mille congregazioni e dei telepredicatori è un business mediatico sul quale vengono costruite attività economiche a volte imponenti (basti pensare a pastori come Joel Osteen che hanno trasformato vecchi palasport del basket da ventimila posti in mega-chiese).
Fa, poi, parte del pragmatismo americano la tendenza a utilizzare le strategie mediatiche più avanzate in tutti i settori, religione compresa: ha fatto storia il film «Jesus» del 1979 che fu un flop nei cinema, ma poi e stato tradotto in duemila lingue e dialetti (finendo nel Guinness dei record) ed è stato visto da miliardi di persone in tutto il mondo, dallo streaming digitale alle piazze di villaggi sperduti.
Ma c’è molto altro, dai grandi cartelloni pubblicitari seminati lungo le autostrade americane che inneggiano a Dio (o accusano gli atei, magari paragonati a Stalin) fino al fenomeno del Christian TikTok: ragazzini che diventano influencer con i loro micro-sermoni su Gesù (contribuisce anche il «cristiano rinato» Kanye West col suo JesusTok).
Non tutti, ovviamente, sono d’accordo: molti cristiani temono che, se «il mezzo è il messaggio» secondo la celebre definizione di Marshall McLuhan divenuta dogma per i comunicatori, la trasformazione di Gesù in oggetto di marketing può indurre i fedeli a vedere anche la loro chiesa come un prodotto di consumo.
I curatori della campagna «He Gets Us» (peraltro affidata ad Haven, agenzia di marketing del Michigan specializzata proprio su Gesù) cercano di sfilarsi dalle polemiche: «Le chiese perdono fedeli, soprattutto giovani. Noi cerchiamo di raggiungere i millennials e la generazione Z con messaggi adatti alle loro sensibilità. Lo faceva anche Gesù che parlava di agricoltura ai contadini e di pesca ai pescatori».
Ma, al di là delle tecniche mediatiche usate, rimangono i dubbi sull’origine dell’iniziativa. La fondazione che la finanzia dice che i soldi vengono da ricche famiglie cristiane che non vogliono essere identificate.
La sinistra, però, teme che, prima o poi, l’iniziativa possa trasformarsi in una forma di reclutamento dei conservatori: a chi entra nel sito della campagna viene proposto un coinvolgimento in gruppi di preghiera o piani di lettura comune della Bibbia; o con la partecipazione alle comunità Alpha, piccoli gruppi che diffondono la fede degli evangelici. E molte chiese evangeliche in campagna elettorale sostengono i candidati della destra.
Per di più David Green, l’unico che ha fin qui dichiarato di aver contribuito alla campagna su Gesù, è un miliardario ultraconservatore.