La Stampa, 2 febbraio 2023
Wilma Labate racconta in un film Edda e Galeazzo Ciano
In Italia, diceva Galeazzo Ciano, «il problema degli ebrei non esiste, anzi, in piccole dosi, sono necessari alla nostra storia, come il lievito alla pasta del pane». Nel nuovo film di Wilma Labate (venerdì su Rai Tre in prima serata e poi disponibile su Raiplay) la parabola di Edda Mussolini e suo marito Galeazzo è ricostruita tra contrasti e chiaroscuri, tra jeans e costumi d’epoca, tra eccessi temerari e tardivi ripensamenti, come le loro vicende richiedono, secondo un’ottica che riflette l’aria del nostro tempo: «La storia – dice Labate – ci fa sempre vivere paradossi, oggi, è inutile nasconderselo, ne viviamo uno al giorno. Siamo in un tempo paradossale, lo è anche la vicenda di Edda e Galeazzo, discende da un governo paradossale. Non voglio dire che il paradosso venga solo da quel tipo di governo e situazione politica, anzi, oggi il paradosso è all’ordine al giorno».
Dei due protagonisti, interpretati da Silvia D’Amico e Simone Liberati, il cinema, finora, si era occupato di rado, eppure i motivi d’attrazione ci sono tutti: «C’è stato un film bellissimo, Il processo di Verona di Carlo Lizzani, forse il suo migliore, con una Silvana Mangano strepitosa. Quel film bisognerebbe farlo oggi, io lo girerei di corsa, molto volentieri». Sarebbe un’occasione per trattare intrecci non abbastanza noti: «Le cose andrebbero approfondite – prosegue Labate -, raccontate nelle pieghe delle contraddizioni. Il cinema è affascinante se affronta dubbi, misteri, aspetti nascosti, il percorso di Edda e Galeazzo offre la possibilità di comprendere meglio l’attualità».
Nella scia di Lizzani si sono mossi, su quel terreno minato, Giorgio Capitani con la fiction tv Edda, prodotta da Luca Bernabei e interpretata da Massimo Ghini e Alessandra Martines, poi Graziano Diana con Edda Ciano e il comunista, star Stefania Rocca e Alessandro Preziosi, mentre adesso, dopo lo spettacolo teatrale tratto dal best-seller di Antonio Scurati, è in lavorazione la serie (Sky Original) in 8 episodi M. Il figlio del secolo diretta da Joe Wright con Luca Marinelli nei panni di Mussolini: «Nel terzo libro di Scurati – osserva Labate – c’è un ampio capitolo sulla coppia, lo spettacolo teatrale era molto bello e anche irridente». Temi complessi, profondamente radicati nel sociale, caratterizzano le scelte artistiche di Labate e, a suo parere, Quei due – Edda e Galeazzo Ciano (ideato da Beppe Attene, sceneggiatore con l’autrice, prodotto da Luce Cinecittà in collaborazione con Rai Documentari), non si discosta dal percorso abituale: «Mi piace tantissimo andare a scavare dentro le cose non evidenti. Questo, secondo me, è il compito del cinema». Edda e Galeazzo, lei ribelle fin da ragazzina, imperativa e «con una fluidità che la fa assomigliare alle ragazze di oggi», lui dandy, appassionato di donne, «capace di intuire l’enorme pericolosità della posizione assunta», hanno fornito materiale ricco e pieno di fascino: «Sono due rampolli, vissuti in un’atmosfera di assoluta modernità, due figure ricche di sfaccettature e di svolte. Edda era la figlia preferita di Mussolini, guardando le azioni del padre, avrebbe potuto concepire una riflessione politica, cosa che, ahimè, non credo sia mai avvenuta. Per riuscirci, avrebbe dovuto demolire totalmente la figura paterna, invece non lo ha mai fatto o solo in parte».
In alternanza con straordinarie immagini di repertorio (provenienti dall’Archivio Luce), in mezzo ai filmini delle feste familiari e delle sfilate di moda, delle vacanze a Capri e di uno spericolato viaggio in Cina, i due giovani attori, vestiti un po’ come allora e un po’ come adesso, si muovono, in bianco nero, in uno spazio di lavoro che può essere tavolo dove leggere le battute, palcoscenico dove intrecciare una danza, casa dove marcare le fasi di estraneità che divisero i due coniugi: «I miei – dice Labate – sono attori molto giovani, della storia dei Ciano sapevano poco, a scuola non si studia affatto. Io l’ho vista come una tragedia shakespeariana, con loro abbiamo lavorato su questo senso e mi hanno dato veramente tanto. Hanno due facce di oggi e parlano come si parlava negli Anni ’30, dialoghi lunghissimi che contengono concetti antichi e insieme estremamente moderni».
Nel 1944, dopo aver invano tentato di salvare il marito, Edda si rifugiò in Svizzera e trascorse, in clinica, malata di depressione, l’ultima fase del conflitto. Il film si chiude con le immagini della fucilazione di Galeazzo, consegnato dai tedeschi alla Repubblica Sociale Italiana e condannato a morte dal tribunale fascista di Verona: «Quando ho deciso di mettere la sequenza originale della fucilazione all’inizio del film – racconta Labate – qualcuno, naturalmente uomo, mi ha detto “ma non sarà troppo crudele?” Insomma, questa la dice lunga, noi donne continuiamo ad avere un percorso sempre in salita».