La Stampa, 2 febbraio 2023
All’asta le lettere segrete di Lady D
Sinceramente, ma davvero ce ne frega qualcosa? Dopo le rivelazioni, i pettegolezzi, gli struggimenti, i risentimenti, le confessioni, i retroscena e tutto quanto ha appena rivelato al mondo Prince Harry, ecco sbucare miracolosamente da un cassetto dove sono state custodite per quasi trent’anni la bellezza di 32 lettere e biglietti scritti di suo pugno da Lady Di durante il periodo del suo divorzio dall’allora principe Carlo, ora Carlo III re d’Inghilterra.
La saga della famiglia reale britannica non finisce mai, e forse è proprio per questo che siamo qui, nonostante tutto costretti a scriverne ancora. Se ne scriviamo è perché a qualcuno, anzi a molti, interessa. E lo dimostrano i milioni di copie della biografia di Harry (in Italia per Mondadori). È come una telenovela brasiliana arrivata alla tremiladuecentoventiseiesima puntata, in cui è già successo tutto, ma il copione non prevede interruzioni: ogni tradimento è stato compiuto, qualcuno è morto, qualcuno è partito, qualcuno è tornato, altri sono sopravvissuti, tutti invecchiano: sappiamo ogni dettaglio di ciascun protagonista, che sia madre, cognata, nuora, genero, zio, nonno, nipote, cameriera, maggiordomo o amante. Eppure, la saga non riesce a consumarsi fino in fondo, non si raggiunge mai la parola fine perché la storia si autoalimenta e il pubblico vuole sapere e quindi compito dello sceneggiatore è aggiungere capitoli.
In questo caso la sceneggiatura non ha richiesto colpi d’ala o trovate particolarmente brillanti. Questa volta è la più semplice e ingenua delle formule narrative: il ritrovamento della lettera.
Le aveva scritte Lady Diana in uno dei periodi più brutti della propria travagliata esistenza, durante il divorzio «disperato e brutto» da Carlo. Il pacchetto di lettere era custodito dai destinatari, i coniugi Susie e Tarek Kassem, che adesso hanno deciso di venderle. Andranno all’asta il 16 febbraio da Lay’s, casa d’aste di Penzance in Cornovaglia. Dovrebbero valere 90mila sterline (circa 100mila euro) e i proventi saranno devoluti alle charities sostenute dalla principessa.
Dal contenuto e dal tono delle missive si desume che Susie e Tarek Kassem, conosciuti in una delle suddette attività benefiche, sono stati molto vicini alla principessa triste nel tristissimo momento del divorzio. Eccone alcuni stralci, come rivelati dalla stampa scandalistica britannica: «Sto attraversando un periodo molto difficile e la pressione è tanta e proviene da tutte le parti. A volte è troppo difficile tenere la testa alta e oggi sono in ginocchio e desidero solo che questo divorzio vada a buon fine perché ha un prezzo enorme» scrive Lady D il 28 aprile 1996. Il 20 maggio 1996, a Susie Kassem: «Poiché non ho un cellulare, è difficile discutere di questioni personali, dato che le mie linee qui sono costantemente registrate. Se un anno fa avessi saputo cosa avrei vissuto con questo divorzio non avrei mai acconsentito. È disperato e brutto». E fin qui, siamo nella norma di un divorzio, che raramente si consuma in maniera allegra e spensierata. Con l’aggravante del Palazzo che ascolta, della cattivissima famiglia reale e dei suoi scagnozzi, tutti schierati contro di lei. Una narrativa già intravista nell’ultima serie di The Crown e le stesse paranoie del libro di Harry. In una lettera Diana ringrazia i coniugi Kassem di averla invitata a trascorrere con loro un Natale e una Pasqua altrimenti solitari, perché William e Harry erano con il padre dalla regina al castello reale di Sandrigham. «Ero così elettrizzata di essere invitata in un’occasione di famiglia, soprattutto perché mi avete fatta sentire come una della squadra». In un’altra frecciatina alla famiglia reale scrive: «Sono immensamente toccata da quanto siete protettivi nei miei confronti… Non ci sono abituata». Poi li ringrazia di vari regali: fiori, libri di meditazione e olio di gelsomino.
I Kassem, oggi settantenni, dicono che «è una responsabilità troppo grande essere proprietari di documenti così toccanti» e che non vogliono trasmettere la grana a figli o nipoti. Se le avessero gettate nel Tamigi o direttamente nel caminetto della loro magione di campagna, non credo che gli archivi della storia britannica avrebbero perso documenti imprescindibili. Ma poiché il ricavato andrà in beneficenza, meglio così.