Corriere della Sera, 2 febbraio 2023
Il viagra ci dice che Messina Denaro non si è consegnato
«Sì, ha fatto praticantato da me nel 2006-2007. Era attenta e scrupolosa, ricordo che sostenne gli esami di abilitazione con il pancione e subito dopo fece un altro figlio. Poi ha aperto il suo studio». Così l’avvocata Rosalba Di Gregorio parla di Lorenza, Enza, Guttadauro, legale e nipote del boss Matteo Messina Denaro.
Ha l’esperienza sufficiente per sostenerne la difesa?
«Per fare cosa? Un ergastolo in più o in meno per Messina Denaro non cambia nulla. I processi sulle stragi sono alla fase finale in appello e tecnicamente qualunque avvocato avrebbe ben poco da fare».
Una lunga carriera da penalista e un passato da radicale l’avvocata Di Gregorio fu tra i primi a denunciare l’impostura del falso pentito Vincenzo Scarantino, nel processo per la strage Borsellino, che dopo 18 anni finì con la scarcerazione di 7 imputati che non c’entravano con quell’attentato. Ma è anche uno dei penalisti più ricercati dai boss mafiosi tanto che venne definita «l’avvocato del diavolo». Tra gli altri ha difeso Vittorio Mangano e Bernardo Provenzano, per il quale fece una lunga battaglia per la revoca del 41 bis.
Non è che presto la vedremo anche nel collegio di difesa di Messina Denaro?
«Non credo. Se sono vere le notizie sulle sue condizioni di salute penso che abbia ben altro a cui pensare. In questo momento non gli serve certo un Carnelutti per i processi»
Appunto, date le sue condizioni di salute potrebbe essere interessato proprio all’attenuazione del 41 bis, come lei tentò con Provenzano...
«Vero, all’epoca feci di tutto perché venisse revocato il 41 bis a un soggetto che era ormai un vegetale. Lo hanno fatto morire perché era diventato un simbolo e il 41 bis, in realtà, lo hanno applicato ai parenti. Lui ormai non capiva più nulla».
È ipotizzabile che ci tenti anche Messina Denaro?
«È quello che dovrebbe fare qualunque difensore, compresa Enza. Comunque penso che su questo versante Messina Denaro sia sfortunato, basta vedere cosa sta succedendo con il caso Cospito. Ci sono fortissime resistenze su una possibile attenuazione del 41 bis, misura che io ritengo palesemente incostituzionale. Poteva avere una giustificazione in una fase emergenziale, ma non può diventare una misura permanente».
Parla già da «avvocato del diavolo»...
«Le dico di no perché non c’è stata alcuna nomina e perché, dopo 40 anni di professione, proverei a cominciare ad andarmene in pensione».
Che idea si è fatta dell’arresto, dopo 30 anni di latitanza?
«Non credo ad ipotesi complottistiche come quelle fatte da Scarpinato e altri. Penso piuttosto che sia progressivamente crollato il suo sistema di autodifesa, visto anche l’aggravarsi della malattia».
Esclude dunque che possa essersi consegnato?
«Sì, assolutamente. E lo dico anche per un dettaglio che potrà sembrare banale: se si fosse consegnato avrebbe avuto l’accortezza di far sparire dal covo almeno il Viagra».
Addirittura?
«Può sembrare una battuta, ma quel tipo di ritrovamento fa fare una malafiura (una brutta figura) nell’ambiente e cozza con una certa immagine. Inoltre credo che dietro l’arresto ci sia un lavoro pazzesco degli inquirenti».
L’ex pm Massimo Russo ha ravvisato nella nomina come avvocato di un parente di Messina Denaro un modo per aggirare il 41 bis, segnalando una falla nella norma...
«Mi sembra una fesseria, per un motivo molto semplice. Nessuno di noi avvocati che seguiamo clienti al 41 bis, sebbene ci sia il divieto di essere intercettati, ha mai pensato che quando vai a fare il colloquio non ti stanno registrando. Non è come per i familiari in cui, per legge, è previsto che tutto venga video-registrato, mentre quelli dei legali non dovrebbero esserlo. Ma francamente sono veramente pochi a crederci. Per il resto non esiste una norma, anche di tipo deontologico, che impedisca a un avvocato di difendere un parente».