Corriere della Sera, 1 febbraio 2023
Trump denuncia il Pulitzer Woodward
La Giustizia Usa incalza Donald Trump: non tanto il ministro Merrick Garland (che indaga, mette al lavoro procuratori speciali, ma prende tempo) quanto i procuratori della Georgia (da dove arrivano segnali di una possibile incriminazione per la sua richiesta ai supervisori delle elezioni presidenziali, due anni fa, di «trovare» gli 11.780 voti necessari per superare Biden in quello Stato) e il district attorney di New York, Alvin Bragg. Quest’ultimo ha riaperto una vecchia inchiesta sui 130 mila dollari che Trump avrebbe fatto avere alla pornostar Stormy Daniels durante la campagna elettorale del 2016 per comprare il suo silenzio su una relazione di alcuni anni prima. Ci sono nuovi elementi al vaglio di un grand jury appositamente nominato.
Ma l’ex presidente, che ha appena aperto la sua terza campagna elettorale tornando a usare una retorica dirompente, non sembra preoccuparsi granché di queste inchieste. Anzi, è lui stesso ad appellarsi alla Giustizia chiedendo protezione da quelle che considera angherie dei giornalisti. Stavolta il suo bersaglio è il celebre Bob Woodward che, insieme a Carl Bernstein, mezzo secolo fa scoprì lo scandalo Watergate e fece dimettere Nixon.
Woodward ha scritto libri che sono atti d’accusa feroci contro Trump. Saggi basati, peraltro, sui contributi dello stesso The Donald che ha continuato a concedere interviste all’ex cronista del Washington Post e a molti altri giornalisti che considera nemici. La sua logica è nota: meglio essere sulla bocca di tutti, anche in negativo, piuttosto che essere ignorato.
Stavolta Trump ha denunciato Woodward, e il suo editore, Simon & Schuster, per aver pubblicato l’audio di ben 19 interviste date di persona e telefonicamente al giornalista per la preparazione di Rage, il suo ultimo libro.
Registrazioni non autorizzate? Contenuti manipolati? Macché: Trump è arrabbiato perché, oltre al libro, Woodward ha pubblicato un audiobook contenete 8 ore di registrazioni intitolato The Trump Tapes, facendoci sopra dei soldi.
Non sia mai detto, ha pensato l’immobiliarista arrivato alla Casa Bianca: insultatemi pure, ma non fregatemi. E così ha chiesto alla Corte distrettuale di Pensacola, in Florida, di condannare Woodward e il suo editore a pagare danni per quasi 50 milioni di dollari per violazione del copyright. Cifra alla quale è arrivato moltiplicando il prezzo dell’audiobook (24,99 dollari) per i due milioni di copie che, secondo lui, saranno vendute.
Caso curioso ma profondamente trumpiano: meglio passare per leader autoritario che per fesso o incapace. Così denunciare è da decenni il suo passatempo preferito: ha iniziato nel 1984 trascinando in tribunale il Chicago Tribune che aveva definito i suoi grattacieli «esteticamente schifosi» e ha continuato con denunce o minacce di denuncia perfino contro Ted Cruz, senatore del suo partito, e contro Tony Schwartz, ghost writer del suo celebre saggio The Art of the Deal: reo di aver sostenuto che The Donald non ne ha scritto nemmeno una riga e che il libro è pieno di falsità.