Avvenire, 1 febbraio 2023
L’assessora veneta e il purtroppo
L’assessora alla Cultura della regione Veneto (la conosco, l’ho avuta ospite quando guidavo una trasmissione radio, e la leggo sempre quando rilascia dichiarazioni alla stampa), è una persona sincera e irruenta, dice sempre quel che pensa, ma ha (per me) un difetto: quel che pensa rimpiange il tempo in cui decideva il Duce, e le dispiace che alla fine il Duce abbia perso. In questi giorni ha firmato una circolare indirizzata alle scuole per invitarle a ricordare la battaglia di Nikolaievka in cui le forze dell’Asse che avevano invaso l’Unione Sovietica furono disastrosamente accerchiate e sconfitte e dovettero tornare indietro un po’ al galoppo e molti in straziante ritirata. Lei qui inserisce l’avverbio “purtroppo”, purtroppo accerchiate: con quell’avverbio viene a dire che la sconfitta dell’Asse le dispiace, che avrebbe preferito una vittoria dell’Asse e una sconfitta dell’Urss.
Perdemmo un sacco di uomini in quella battaglia, e la nostra ritirata fu un continuo seminìo di cadaveri. Augurarsi il contrario vuol dire che avremmo preferito che fosse il nemico a uscirne sfracellato, e che i nostri, vittoriosi, avessero marciato verso la capitale avversaria per metterla a ferro e a fuoco. Gli Alpini sono un corpo glorioso, tenace, coraggioso, che sopporta le fatiche (chi scrive queste righe è un tenente degli Alpini), ma la loro epopea nella spedizione di Russia sta tutta nella ritirata, nella instancabilità della marcia sterminata, nella sopportazione del freddo e della fatica, non sta nella crudeltà verso gli avversari, nella spietatezza delle vittorie. Sono un corpo di lavoro e di fatica. Tornati a casa, molti di loro poi entrarono nella Resistenza. Quella guerra e quella spedizione non erano una loro volontà. Erano una volontà del Fascismo. Augurarsi oggi una vittoria di quella spedizione vuol dire augurarsi una vittoria del Fascismo. Non mi unisco a questo augurio.
Il Fascismo ha perso. Per l’umanità, è meglio così. Purtroppo, questo ha significato la distruzione di nostre città, case strade scuole gente, ma il “purtroppo” dobbiamo metterlo qui, accanto ai nostri connazionali morti mentre combattevano in una guerra d’aggressione, non accanto agli aggrediti che difendevano le loro case. Abbiamo perso, ma avevamo torto. Un’aggressione è un’operazione colpevole e non diventa buona quando la facciamo noi. L’assessora veneta alla cultura è stata sui giornali anche nei giorni scorsi, perché ha cantato a una radio “Faccetta nera”, che a un certo punto dice: «Bella abissina, / aspetta e spera che già l’ora s’avvicina, / quando saremo / vicino a te / noi ti daremo un’altra legge e un altro re»: l’ora è arrivata, e non solo la faccetta nera non ha il nostro re, ma non ce l’abbiamo più neanche noi. Per fortuna.