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 2023  febbraio 01 Mercoledì calendario

Leggere Seneca è l’unica cura per combattere l’imbecillità. Un libro

Maxime Rovere, storico della filosofia e studioso di Spinoza (nel 2020 è uscito in Italia per Feltrinelli il suo Tutte le vite di Spinoza, un saggio/romanzo sul filosofo dell’Ethica e del Tractatus), ha insegnato all’École Normale Supériore di Lione e alla Pontificia Università Cattolica di Rio de Janeiro, da due anni si trova a Roma per occuparsi della antica filosofia romana e, nel frattempo, ha deciso di impegnarsi in una questione decisamente sfidante, a cui ha dedicato il suo nuovo libro: Cosa fare con gli imbecilli (per non restare uno di loro). Immane impresa, per citare il suo connazionale De Gaulle, condensata da Rovere in un manuale pronto all’uso di 150 pagine (Mondadori, euro 18).
Professor Rovere, come si passa da Spinoza agli imbecilli?
«Sono stato mosso da tre ragioni. La prima è personale: ho condiviso la casa con un coinquilino col quale il conflitto era così particolare da aver attirato la mia attenzione. Prima ci stimavamo ma, tempo sei mesi, siamo arrivati a considerarci degli idioti a vicenda. Questa esperienza, di non riuscire a vivere perché hai accanto un imbecille, e la reciprocità del giudizio, mi hanno provocato».
La seconda?
«Proprio Spinoza. In passato ho studiato come l’interazione, quella tra amici e filosofi, produca conoscenza; qui studio l’interazione che non funziona, e produce imbecillità. Una è il complemento dell’altra. Una interazione creativa e del pensiero da un lato, una distruttiva e stupida dall’altro. Infine, come con Spinoza, ho cercato di fare filosofia in modo narrativo, usando però lo slang: un vocabolario diverso per pensare in modo diverso».
Un esperimento?
«Sì, perché lo slang trasmette moltissime emozioni. In francese, cons è una parola bruttissima, ancora più forte di imbecille... Mai la si è usata per fare filosofia».
Che cosa si aspettava?
«Volevo vedere come la filosofia potesse accogliere emozioni così forti. Non saltare subito a delle conclusioni facili, come accettare l’imbecillità o conviverci, bensì osservare ciò che accade nella mente di una persona, quando considera un altro un imbecille».
Imbecille e imbecillità non sono da confondere, dice.
«Tutti concordiamo sul fatto che l’imbecillità sia da eliminare, ma non si può pensare davvero di distruggere il singolo imbecille. È una confusione che porta a delle estremizzazioni, ovvero all’imbecillità, e l’imbecillità non è mai la soluzione. È vero, gli imbecilli portano il disordine, nella società come in un’azienda, ma chi pensa di spedirli sulla luna è un imbecille pure lui».
Infatti fin dall’inizio ci mette in guardia: «il peggior imbecille è quello che sta dentro di noi».
«Imbecillità è mancanza di intelligenza e di empatia; ma chi giudica ha la stessa attitudine che condanna nell’altro. Insomma, filosoficamente è provocante: quando vedi un imbecille, ce ne sono due».
Un circolo vizioso?
«Esatto. E serve un po’ di filosofia per capire come inizia, ovvero attraverso una mancanza di comunicazione per cui due persone non credono nella capacità dell’altro di dire qualcosa di vero».
Quindi?
«Quindi bisogna ripristinare la fiducia nel fatto che l’altra persona, chiunque sia, anche il più idiota, possa dire qualcosa che io condivida. Certo è difficile concordare con certi imbecilli...».
Come si fa?
«C’è un trucco: la narrazione. Bisogna parlare con loro, così che raccontino la loro esperienza. Così che diventi semplicemente una storia. È il modo per integrare gli imbecilli nella società: e dobbiamo farlo, perché ne sono parte».
Sappiamo che non dobbiamo mai litigare con un imbecille, eppure a volte cediamo lo stesso: perché ci si arrabbia così tanto?
«Eh... Fa molta paura vedere che tutta la nostra umanità e la nostra comunicazione possano crollare così... È terrificante perché non è fuori di noi, è dentro: ci attraversa come un vento, un vento del nulla che soffia anche dentro di noi. Ci chiediamo: è possibile che questa persona, che pure non è cattiva, diventi così aliena dalla mia umanità? Un’esperienza forte, che ha a che fare con il nulla e la morte, in cui ti rendi conto che puoi perdere qualcosa di molto caro, cioè l’umanità».
L’imbecillità è indistruttibile?
«Certo. Ti liberi di un problema, ma l’imbecillità ha sempre una scusa per tornare... È come camminare su una lastra di ghiaccio: continui a cadere, anche quando credi di aver scovato il trucco per stare in equilibrio. L’imbecillità ha molte forme e qualcuno inventa sempre qualcosa per far fallire la tua strategia; ed è questo a rendere interessante, e creativa, la virtù».
Con gli imbecilli serve virtù?
«Bisogna essere virtuosi proprio quando non si vorrebbe. Gli imbecilli sono un’opportunità per esplorare quello che è virtuoso, ovvero: non voglio diventare un imbecille come lui, voglio orientare la comunicazione in una direzione diversa».
C’è una strategia?
«Per definizione, l’imbecille non è d’accordo. Non ti ha capito, non sa di che cosa parli, ma non è d’accordo. Quindi, se cerchi di imporre un principio sei già sul suo terreno, e l’imbecillità è dentro di te».
Allora che si fa?
«Gli chiedi del suo punto di vista. Quando poni domande diventi l’alunno dell’imbecille, ti fai insegnare qualcosa: e, certo, può essere fastidioso e irritante ascoltare un imbecille ma, se non hai pazienza di ascoltarlo in quel momento, perderai molto più tempo dopo, e sarà una sofferenza ben peggiore. E, più si fa pratica, sempre meno è uno sforzo: è un esercizio di intelligenza».
Ma l’imbecillità non è più forte dell’intelligenza?
«Lo è. Perciò non vincerai mai definitivamente. È la cosa più difficile da accettare: l’intelligenza è così sofisticata, la stupidità è semplice; le relazioni più interessanti vanno costruite, mentre distruggere è comodo; è più facile fare la guerra, che trovare le condizioni per la pace».
Non è che ci si arrende?
«No. Combatti, ma con lo spirito di chi vuole orientare l’interazione per il meglio».
Che cosa si può sperare di ottenere?
«Qualche raro successo. Ma, se anche l’idiota resterà tale, forse la situazione sarà stata un po’ migliorata, e si saranno arginati gli effetti della stupidità: non si può cambiare la persona ma si può renderla meno nociva per l’ambiente. La speranza può essere solo su scala locale, anche per noi stessi».
Lei ci ha provato?
«Sì, molto spesso».
Funziona?
«A volte sì, a volte no. Devi adattarti alla situazione, l’idiota è di per sé singolare: perciò dobbiamo essere creativi e la virtù è fantastica, in questo».
L’imbecillità domina il mondo?
«Sì. L’imbecille ama il potere e riesce a raccogliere altri idioti intorno a sé. Questo non significa che tutti i capi e i presidenti siano degli imbecilli, ce ne sono di buoni, ma sono delle anomalie».
E se, nonostante tutto, siamo travolti da un imbecille, che cosa dobbiamo fare?
«C’è solo una risposta: leggere Seneca. O rileggerlo, e rileggerlo. Del resto capitava ogni giorno anche a lui: cadiamo, e poi dobbiamo rialzarci»