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 2023  gennaio 31 Martedì calendario

Smog, Torino capitale

Troppo lentamente, troppo poco. In sintesi, è il contenuto dell’ultimo dossier di Legambiente che monitora la qualità dell’aria nelle città italiane e chiede, sulla lotta allo smog, di fare un cambio di passo. Un appello a tutti i livelli, comuni, regioni, politica nazionale: analizzando i dati medi 2011-2021 emerge che la decrescita dell’inquinamento è troppo lenta per poter essere sostenibile, per tutelare la salute, per non incorrere in sanzioni anche alla luce delle nuove politiche europee.
Il dossier “Mal’Aria 2023: cambio di passo cercasi” parte dai campanelli d’allarme, gli sforamenti giornalieri degli inquinanti nelle città: nel 2022, 29 città sulle 95 monitorate hanno superato i limiti di Pm10. Tra queste, maglia nera è Torino con 98 giorni di sforamento, oltre il doppio rispetto ai 35 consentiti, poi vengono Milano con 84, Asti con 79 giorni fuorilegge sulle polveri sottili, Modena, Padova, Venezia intorno ai 70, chiude l’elenco Roma con 36.
Ma questa volta i ricercatori hanno voluto guardare più avanti: «Nessuna città nel 2022 ha sforato il tetto di valori medi annuali – spiega Andrea Minutolo, responsabile scientifico di Legambiente – ed è un bene, ma il tema è un altro: la commissione ambiente del Parlamento europeo ha proposto di rivedere la Direttiva sulla qualità dell’aria in base ai suggerimenti dell’Oms, dimezzando dal 2030 i valori di legge attuali, da 40 microgrammi a metro cubo a 20».
Cosa accadrebbe in Italia? «Oggi il 76% delle città sarebbe fuori legge sul Pm10, l’84% per il Pm2.5, il 61% sul biossido di azoto. E se ora le criticità maggiori sono nella zona della Pianura Padana, poi un po’ tutta Italia sarà coinvolta». I ricercatori hanno calcolato che negli ultimi dieci anni, in Italia, il tasso medio di riduzione degli inquinanti è stato fra il 2 e il 3 per cento e le città più lontane dagli obiettivi come Torino, Milano, Cremona, Andria e Alessandria, in sette anni, dovrebbero ridurre le emissioni di Pm10 fra il 40 e il 43%. «A questa velocità di anni ce ne vorranno 17 – aggiunge Minutolo – significa dieci anni di sforamenti, danni alla salute, procedure di infrazione, e l’Italia ne ha già tre». Una condanna da parte della Corte di giustizia Ue, per le ripetute violazioni, è già arrivata a maggio 2022. «Se pensiamo che quello fatto finora sia il massimo – dice Minutolo – sbagliamo prospettiva. Le città dovranno lavorare duramente per adeguarsi». Per centri come Modena, Treviso e Vercelli, stando al dossier, potrebbero volerci 30 anni, mentre Catania per raggiungere i nuovi obiettivi sul Biossido di azoto ne impiegherebbe oltre 40.
«Un sistematico e costante calo delle concentrazioni non si è registrato in praticamente nessuna città» rivela il dossier. E non ne è stupito Roberto Mezzalama, presidente del Comitato Torino Respira: «Ci siamo illusi fosse una diminuzione costante, forse fino al 2015, ma siamo arrivati a un plateau. Le emissioni non diminuiscono, e la siccità, la riduzione delle precipitazioni, nella nostra regione l’anno scorso hanno influito in modo pesante». Torino Respira è nato da una battaglia per la salute: «Un esposto presentato nel 2017, in cui ipotizzavamo il reato di inquinamento ambientale. L’inchiesta è ancora in corso». E ha continuato l’impegno sul fronte legale, dagli esposti al Tar al sostegno a una mamma che ha citato in giudizio la Regione Piemonte: «Ha un figlio con gravi problemi respiratori, abitavano in centro, sono stati costretti a spostarsi. C’è una vulgata che dice: 20 anni fa si stava peggio. Ma 20 anni fa non si conoscevano i rischi per la salute». Che in Europa l’Italia abbia un triste primato lo ricorda Stefano Ciafani, presidente di Legambiente: «In Europa l’inquinamento è la prima causa di morte prematura dovuta a fattori ambientali e l’Italia ha il primato d 52 mila decessi annui legati al Pm 2.5».
E quindi, le politiche. «Si è puntato molto sul progresso tecnologico, dalle auto all’industria, ma questo non è stato accompagnato da politiche che mettano al centro la mobilità delle persone – spiega Minutolo -. Infatti sono aumentate le auto, 65 ogni 100 abitanti, fra i tassi più alti in Europa, mentre dovrebbero diventare 30». Le strategie? «Investimenti sul trasporto pubblico, pedonalizzazioni e zone 30 – dice Ciafani –, percorsi ciclabili sicuri, reti di ricarica per le auto elettriche. L’inquinamento è un problema sanitario, e la salute è un diritto».
Gli spunti mancano: Paesi che limitano la velocità in autostrada d’inverno per ridurre le emissioni, zone aperte ai soli mezzi elettrici come a Santa Monica e Oxford (ma anche l’Olanda ci sta lavorando), le zone 30 che in Italia stanno aumentando, l’accesso a pagamento in alcune aree cittadine, come a Milano. «È tra le città che hanno investito di più e che negli ultimi dieci anni ha ridotto maggiormente le emissioni, del 4% – dice Minutolo – ma se non si muove il resto del bacino padano, è una goccia nell’oceano».