D - la Repubblica, 30 gennaio 2023
Intervista a Kathryn Schulz - su "Lost & found. Sul perdere e trovare l’amore" (Bompiani)
"La vita e...", non accentato, come congiunzione, scrive Kathryn Schulz, che alla “e”, anzi alla &, ha dedicato la terza parte del suo nuovo libro, Lost & Found (in uscita il 1° febbraio per Bompiani). Perduti e trovati. Perché per lei quella vocale è una «supercolla linguistica ed emozionale» che assomiglia a come funziona la vita, perché la vita è una lista di fatti assurdamente, crudelmente, comicamente (ma pure incredibilmente) allineati. In cui ti capita questo e quello nello stesso istante, nello stesso giorno, in una certa fase della tua esistenza e in un ordine che non decidi tu.
E poi capita, come a lei, che nello stesso periodo muoia tuo padre. Ma incontri la persona che sposerai e con cui farai una figlia (a loro è dedicato il libro: “Per mio padre, che ho perduto, e per C., che mi ha trovata”, la scrittrice Casey Cep, ndr). Schulz, giornalista del New Yorker, premio Pulitzer per un articolo che ha terrorizzato l’America sul terremoto catastrofico che colpirà la West Coast (non si sa quando), ha scritto allo stesso tempo un memoir toccante e un saggio ultrascientifico. Oltreché una guida sull’amore e sul dolore, «che se vissuto come realtà unica è insopportabile e monotono». Ma quel “la vita e” (che è anche una citazione di Philip Roth) sta lì a dirci che le cose non sono mai come ce le aspettiamo. Già libro dell’anno nelle classifiche Usa, Lost & Found l’ha portata ospite nei teatri e nei talk (dai più intellettuali alla strapopolare Oprah Winfrey). Trovare titolo e argomenti giusti è il segreto di Schulz. Il bestseller precedente, L’arte di sbagliare, era invece dedicato agli errori.
«Personalmente e professionalmente provo un’irresistibile attrazione verso le macrocategorie dell’esperienza umana. Che siano errori, oggetti smarriti o amori trovati. Facciamo sbagli di ogni genere e di continuo. E perdiamo cose minuscole o enormi, le chiavi dell’auto e le password, le vite umane nelle guerre attuali o le elezioni (nel 2016, quando fu eletto Trump, morì mio padre), dalle più idiote alle più spezzacuore. In questo nuovo libro mi sono chiesta: “Nelle cose perdute e ritrovate c’è qualcosa di più profondo e connesso che può chiarirci qualcosa su di noi e la vita?».
Un conto è perdere le cose per distrazione o le persone, come non vorresti mai, altro è perdere dai radar un volo Malesia Airlines in era di GPS (come scrive nel libro)...
«Per gli oggetti, non ho mai creduto tanto alla spiegazione freudiana del “perdiamo quel che il nostro subconscio vuole perdere” e le sue evoluzioni neuroscientifiche. E quel disastro aereo nella scala delle probabilità ci ricorda che sul fondo dell’Oceano indiano potrebbero starci 180 miliardi di quei Boeing. Questo ci fa sospettare che non abbiamo il controllo delle nostre vite. Se pensi che la stessa parola usata per la sensazione di qualcosa che esce dal radar quotidiano o esistenziale è: impotenza, ci sentiamo dei dementi per il passaporto smarrito o disperati per qualcuno che non c’è più. Ma, come scrivo, minore o maggiore, ogni perdita mette in crisi la relazione con noi stessi».
La beffa è che, nel momento esatto in cui trovi qualcuno, scatta il terrore di perderlo.
«L’ironia è che succederà davvero, anche se il terremoto causato dalla faglia su cui avevo indagato, non si sa quando e se avverrà. Terrore e amore convivono. E non esistono compensazioni o premi di consolazione. Io l’amore l’ho trovato poco prima di perdere mio padre. Ma ogni amore è provvisorio, noi stessi lo siamo. È automatico temere che chi ami si ammali o ti molli, ma stare ossessivamente all’erta è un free floating mentale che non ti preserva dal fatto che possa poi succedere. Come è inutile evitare di litigare in coppia, vedi pagine sui miei litigi con C. Non ci resta che affidarci a Budda che diceva che passato e futuro non sono reali».
Come si evita invece di diventare un’iperprotettiva “madre elicottero”?
«Non so spiegarmelo, ma nostra figlia è una minuscola 6enne calma e felice, e forse è il non farle percepire questa umana e (da ansiosa cronica) insana paura di perderla, al parco o più metaforicamente in futuro, a farla sentire sicura. Anche ricordando quanto mi piacesse perdermi in me stessa o in giro quando uscivo dal radar dei miei. C’è un punto in cui devi distogliere l’attenzione e dirti: “Ok, da qui in poi non posso farci niente”».
Col web perdere qualcosa è impossibile, trovare è facile, amori Tinder inclusi...
«Ci sono perdite positive come i selfie imbarazzanti. Ma il problema con gli algoritmi per serie tv o amori, è che non sai cosa cerchi finché non lo trovi. L’amore vive anche di differenze, io atea ho sposato una ipercattolica».
Spoiler, il finale: “Siamo qui per custodire, non per conservare”. Assomiglia alla formula per non perdere l’amore che si è divertita a scrivere sul magazine gossipparo O...
«Tenere stretto non è amare, prestare attenzione sì. Mi piace cercare il banale delle vite, se qualcuno ti dimentica mentre guarda un libro o un telefonino l’unica è gridargli: “Pay attention to me!” o mi perdi».