il Giornale, 30 gennaio 2023
Massoneria e mafia. Un’inchiesta
La situazione «non è preoccupante». Disse proprio così Nicola Morra, presidente grillino della Commissione Antimafia, in visita il 24 maggio scorso a Trapani, nel regno di Matteo Messina Denaro. «Non è ingravescente», aggiunse. Convocò quattro massoni locali, li interrogò a porte chiuse, sospese la seduta dicendo che uno dei massoni fuori stava registrando: poi si scoprì che era solo uno che stava facendo una telefonata per i fatti suoi. Morra tornò a Roma lasciandosi alle spalle quell’aggettivo, «non ingravescente». Non preoccupa, non peggiora.
Nelle stesse ore Messina Denaro faceva su e giù da Palermo alla luce del sole, andandosi a curare grazie ai medici del posto. Massoni, amici di massoni, fratelli di massoni.
Ora che il padrino è in carcere, quella scena torna inevitabilmente alla memoria. Perchè il fatto che la lunga latitanza di Messina Denaro sia trascorsa in una delle province a maggiore densità massonica d’Italia fa un certo effetto.
TRAPANI, CAPITALE DELLE LOGGE
Sedici logge in provincia di Trapani, di cui dieci nella sola Castelvetrano, la città del boss, che fa meno di trentamila abitanti. Il Grande Oriente ne riconosce solo due, la «Domizio Torregiani» e (...)
(...) la «Valle di Cusa», ma poi ci sono le altre. E così, inevitabilmente, torna prepotentemente alla ribalta il tema che attraversa decenni di storia patria: la presenza e il ruolo della massoneria, i suoi rapporti col potere e col crimine. Si riparla della massoneria ufficiale e di quella deviata, ente un po’ vago, un po’ astratto, di cui dallo scioglimento della P2 non ci sono tracce concrete. E che viene quasi sempre associata a un’altra entità inafferrabile: i servizi segreti deviati. Dei quali pure ci sono solo tracce evanescenti, visto che l’unico 007 finito in carcere con l’accusa di avere flirtato con la mafia è stato poi riabilitato e rimesso in servizio, seppure da pensionato.
I dati allarmanti ci sono, sia chiaro. Chiunque viva tra Sicilia e Calabria sa quanto presente, quanto pervasiva sia la presenza delle logge nella vita pubblica, quanto esplicita sia la loro occupazione degli spazi di potere politico, amministrativo, sanitario. Così, in tutto quel darsi da fare, accordarsi, progettare va spesso a finire che qualche «fratello» esagera e finisce in cella, e il Grande Oriente da Roma deve correre ai ripari con la scomunica.
I FLIRT CON LA MALA
Accade la settimana scorsa, quando al Gran maestro Stefano Bisi tocca precipitarsi a sospendere «Alfonso Tamburello, il fratello’ medico trapanese indagato nell’ambito dell’inchiesta che ha portato all’arresto di Matteo Messina Denaro». «La notizia dell’indagine a suo carico mi ha sorpreso» dice Bisi. L’altra obbedienza massonica, il Rito scozzese, l’anno prima aveva dovuto radiare Lucio Lutri, fratello di quarto grado, maestro venerabile della loggia Pensiero e Azione di Palermo, incriminato per associazione mafiosa, divenuto braccio operativo di un clan dell’agrigentino, condannato nel giugno 2021 a dieci anni di carcere.
CASI ISOLATI O RETE?
Di esempi se ne potrebbero fare altri. La domanda che non trova risposte chiare nelle carte processuali è un’altra. Siamo di fronte a casi isolati, a singoli «fratelli» che sbagliano? O agisce davvero, in queste zone del Meridione, uno Stato parallelo di cui pezzi più o meno deviati della massoneria sono tassello integrante? La massoneria, in queste latitudini d’Italia, coincide in tutto o in parte con la «borghesia mafiosa» che il procuratore di Palermo ha indicato come corresponsabile della lunga impunità del boss?
All’indomani della cattura di Messina Denaro, l’ex pm Teresa Principato è andata giù pesante, parlando di «una rete di copertura di carattere massonico che lo ha protetto in tutto il mondo», e citando due logge coperte, «Lo Scontrino» e «La Sicilia», quest’ultima organizzata proprio da Messina Denaro. Il Gran maestro Bisi ha garbatamente replicato che «la Principato ha ripetuto un’ipotesi investigativa che è stata archiviata».
UNA SOLA CONDANNA
Il problema è che a oltre quarant’anni di distanza dall’entrata in vigore, dopo lo scandalo P2, della legge che colpisce le associazioni segrete, di massoni deviati condannati con sentenza definitiva ce n’è stato uno solo. Uno: il capo di una loggia trapanese, un professore di liceo i cui legali presentarono in ritardo il ricorso in appello. Mentre altre inchieste, partite sovente con clamore, al momento di arrivare in aula, o anche prima, hanno mostrato falle.
L’inchiesta Artemisia della procura di Trapani portò in carcere 27 persone, il cuore dell’inchiesta era il Comune di Castelvetrano, la patria di Messina Denaro. Il tribunale del Riesame annullò l’ordinanza dicendo che di una associazione segreta in grado di condizionare le istituzioni non c’era neanche l’ombra: d’altronde i vertici della presunta loggia-cosca si tenevano in pizzeria alla presenza di mogli e figli. Il principale accusato, Giovanni Lo Sciuto, ex deputato regionale, era al centro di mille traffici, e alla fine nella giunta comunale su sette assessori quattro erano massoni. Ma il Riesame scrisse che «le conversazioni al di là del trasversalismo che connota la condotta, non integrano alcuna ipotesi di reato, costituendo il previo accordo sugli incarichi di governo uno strumento essenziale per mantenere fermi gli equilibri politici in seno alla coalizione». Spartizione, potere, cordate, non altro: la Cassazione confermò. Dietro le trame occulte che univano Lo Sciuto a alcuni poliziotti, tra cui uno della Dia, apparivano solo sicule storie di corna. Lo Sciuto era massone? «Sì, certo – ironizza il suo avvocato Celestino Cardinale – ed è anche della Cia, dell’M5, del Mossad e probabilmente del battaglione Wagner».
Non è andata diversamente nel processo-principe di questa serie, quello all’ex socialdemocratico Paolo Romeo, finito nel mirino dell’inchiesta «Gotha» di Nicola Gratteri.
LA ’NDRANGHETA OCCULTA
Qui la tesi dell’accusa era ancora più inquietante, perché oltre alla massoneria deviata e ai servizi deviati si evocava una terza entità, la ’ndrangheta occulta. Come sia possibile che una entità criminale, e come tale clandestina, abbia un livello palese e uno occulto non è facilissimo da capire. Ma sulla scorta di una serie di pentiti, si sostenne che la «Santa», il livello coperto della ’ndrangheta, trattasse con il livello coperto delle logge e dello Stato; e che uomini dal doppio volto (compreso un parroco) fossero massoni e criminali insieme. Scrisse la Cassazione: «si è dedotta, l’esistenza dell’associazione segreta dalle indicazioni fornite da alcuni collaboratori di giustizia circa l’appartenenza del Romeo e di altri soggetti gravitanti intorno ai medesimi alla massoneria, come se, all’interno di tale associazione, peraltro non segreta nel suo complesso, si fosse individuata una loggia che interferisse illecitamente sull’azione degli enti pubblici. Ma ciò che è stato oggetto dell’ipotesi d’accusa non è stato affatto provato».
Insomma: tutto resta aleatorio, e il grande spettro della massoneria deviata sembra reggersi più su percezioni e su segnali che su prove concrete. Non vuol dire che non esista. Significa solo che se esiste è così brava e potente da non essersi mai fatta beccare.