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 2023  gennaio 30 Lunedì calendario

Come si revoca il carcere duro

Il regime detentivo speciale chiamato 41 bis (la norma dell’ordinamento penitenziario che lo prevede) riguarda i detenuti anche in fase cautelare per reati di mafia a terrorismo. Il rigido isolamento – cella singola, poca socialità con altri detenuti, videosorveglianza, azzeramento dei contatti con l’esterno, un solo colloquio mensile ma dietro al vetro – serve a evitare che continuino ad avere contatti con l’associazione criminale. Il 41 bis viene disposto dal ministero della Giustizia, sia di propria iniziativa che su sollecitazione di altre istituzioni (Procure, Viminale). Il decreto è revocabile dal ministro in ogni momento, anche di propria iniziativa. Il decreto vale quattro anni, salvo proroghe. Il detenuto può fare ricorso al tribunale di sorveglianza e poi alla Cassazione per l’annullamento del decreto, nonché chiedere allo stesso ministro di revocarlo. Se il ministro non decide entro trenta giorni, il suo silenzio vale come conferma del 41 bis.
Alfredo Cospito è un esponente della Fai-Fri (Federazione anarchica informale-Fronte rivoluzionario internazionale), ritenuta dai giudici di Torino un’associazione terroristica. Ha già una condanna definitiva a dieci anni e otto mesi per aver sparato alle gambe a Roberto Adinolfi, dirigente della Ansaldo Nucleare, il 7 maggio 2012; un altro processo è in corso per l’attentato esplosivo alla scuola Allievi Carabinieri di Fossano, il 3 giugno 2006. Dopo l’iniziale condanna a 20 anni, la Cassazione ha aggravato l’imputazione in strage politica e la Procura generale di Torino ha chiesto l’ergastolo, ma il processo è sospeso in attesa della pronuncia della Corte Costituzionale.
Nel frattempo il 4 maggio 2022 l’allora ministra della Giustizia Marta Cartabia ha disposto il 41 bis. Per corroborare l’attualità e la pericolosità dei suoi contatti con l’esterno, il decreto richiama cinque attentati compiuti tra il 2016 e il 2022 e rivendicati come Fai da 5 sigle diverse; nonché le indagini delle Procure di Roma e Perugia, «nelle quali sarebbero emerse due realtà associative in stretta connessione con Cospito (il centro sociale Bencivenga Occupato di Roma e il Circolaccio Anarchico di Spoleto, ndr)».
Nei mesi scorsi il tribunale di sorveglianza di Roma ha rigettato un primo ricorso di Cospito, confermando il 41 bis. Flavio Rossi Albertini, avvocato di Cospito, si è rivolto sia alla Cassazione (per l’annullamento giudiziario) sia al ministro Nordio (per la revoca amministrativa). Obietta «l’inattualità dell’associazione in relazione alla quale Cospito ha riportato la condanna, ossia la non perdurante vitalità della stessa», nonché la «sproporzionata attivazione del 41 bis». E si fa forza «come elemento di novità» delle motivazioni della Corte di Assise di Roma «che ha assolto gli imputati escludendo categoricamente l’esistenza presso il centro sociale Bencivenga di una cellula ritenuta affiliata alla Fai».
Dunque, ragiona l’avvocato, se la cellula terroristica non esiste, come dicono i giudici, come si può sostenere che Cospito ne sia «l’ideologo propugnatore» e «ispiratore strategico» dal carcere?
A proposito del carteggio tra un imputato e Cospito, «esponenti anarchici di generazioni diverse», la Corte romana scrive che «un esame complessivo del lungo confronto ideologico non evidenzia alcuna pretesa di Cospito di imporre all’esterno un pensiero unico sul concetto di “azione” quale azione armata e distruttrice, né sono obiettivamente rintracciabili direttive che in tal senso egli fornisca dal carcere al giovane anarchico, tantomeno risposte adesive e di concreta attuazione di un tale metodo di lotta che vengano comunicate dal Cospito ai compagni all’esterno».
Anche a Perugia il gip «ha rigettato il teorema accusatorio della Procura circa l’esistenza di un’associazione terroristica affiliata alla Fai al Circolaccio Anarchico di Spoleto, respingendo anche la presunta intima connessione, dal punto di vista ideologico, con la figura di Cospito».
Secondo l’avvocato di Cospito, queste novità hanno «valenza scardinante del decreto ministeriale» perché gli anarchici con cui Cospito è in contatto «non solo non fanno parte della medesima associazione di Cospito, ma non fanno parte di alcuna associazione». Inoltre i cinque recenti attentati valorizzati ai fini del 41 bis utilizzano «il metodo Fai» come un marchio a licenza libera, ma non sono riconducibili «all’associazione Fai che ha smesso di operare nel 2012».
La Cassazione deciderà il 7 marzo. Nel frattempo la palla è nelle mani di Nordio. Che potrebbe chiedere pareri agli organi investigativi, nonché alla Procura nazionale antiterrorismo. Cosa che non risulta abbia fatto.
Cospito è inoltre in condizioni di salute infragilite dallo sciopero della fame per protesta contro il 41 bis avviato il 20 ottobre. A oggi ha perso 40 chili. Di per sé, le condizioni di salute non c’entrano con il 41 bis. Ma possono costituire un argomento di tipo umanitario, e infatti vengono evocate nell’istanza al ministro. Tema assai delicato perché non esistono precedenti.
Sulla compatibilità della salute di Cospito con il carcere (e non solo con il 41 bis) potrebbe pronunciarsi anche il tribunale di sorveglianza Sassari, dov’è detenuto, disponendo la sospensione della pena. Ma la questione è ugualmente controversa, perché non esiste una regola specifica se il peggioramento della salute è dovuto a una condotta volontaria del detenuto.
Faccenda delicata. Tanto più per il contesto politico. Quale giudice si assumerebbe la responsabilità di una forzatura senza una «copertura» politica?