la Repubblica, 30 gennaio 2023
Il grande bluff delle criptovalute
È ora di dire la verità: le criptovalute sono un imbroglio colossale, una tecnologia senza alcuna funzione sociale positiva, che arricchisce gli operatori a spese di milioni di piccoli risparmiatori ignari di cosa stanno comprando e dei rischi cui vanno incontro.
Qualcosa si sta muovendo. La Cina ha messo fuorilegge l’estrazione e il trading in criptovalute; molti legislatori americani ritengono che sia necessario intervenire; la Ue renderà quasi impossibile per una banca detenere criptovalute. Ma bisogna fare molto di più, anche se non è chiaro esattamente cosa. Idealmente bisognerebbe bandire le criptovalute, ma quasi certamente si sposterebbero sottotraccia, dove farebbero ancora più danni. (Avvertenza importante: le criptovalute sono diverse dalle monete digitali che molte banche centrali stanno sperimentando, e che sono una innovazione potenzialmente positiva).
Quale è la ratio delle criptovalute? Chiedete in giro, anche a esperti di finanza con stipendi a sei zeri e nessuno vi saprà rispondere in modo articolato e coerente (almeno non a chi scrive). Ma una scansione non scientifica del web rivela alcuni argomenti (o dovremmo dire fandonie?) frequenti. In questo primo articolo ci occuperemo dei primi quattro.
“Bitcoin è una moneta sicura”
“Sicura” è un aggettivo usato dai sostenitori dei bitcoin (nel seguito useremo spesso i bitcoin come esempio di criptovaluta) in due accezioni distinte. Primo, un investimento poco volatile nel suo valore. Le criptovalute sono in realtà uno degli strumenti finanziari più insicuri che esistano. Dal novembre 2021 la capitalizzazione di tutte le criptovalute è passata da 2.9 trilioni di dollari a 800 milioni, un declino di circa il 75 per cento. Bitcoin è arrivato a perdere il 40 per cento del suo valore in un giorno, il 53 per cento in una settimana (nel maggio 2021, quando bastò l’annuncio che Musk non avrebbe più accettato bitcoin per acquistare le Tesla) e quasi l’80 per cento in un anno, da novembre 2021 a novembre 2022.
La seconda accezione è che le criptovalute non sono soggette a frodi, furti e smarrimenti. Anche in questo caso è vero esattamente il contrario. Come è noto, i bitcoin si basano sulla tecnologia blockchain, letteralmente “catena di blocchi”. Ogni blocco che viene aggiunto (circa uno ogni 10 minuti) contiene un insieme di transazioni registrate e certificate collettivamente dai diversi “nodi” del sistema (si pensi a un nodo come a un super-computer di chi vuole partecipare, collegato a tutti gli altri). La “certificazione” è praticamente irreversibile nel sistema decentralizzato attuale, perché per cambiarla occorrerebbe possedere la maggioranza dei nodi. In effetti la blockchain dei bitcoin non è mai stata “hackerata”.
Ma frodi e furti e smarrimenti avvengono ugualmente, e infinitamente di più che nei canali finanziari tradizionali. Diversamente da quanto molti pensano, io sono il solo custode dei miei bitcoin. Se muoio o mi dimentico la chiave privata, o se perdo il cellulare con il “wallet” dove sono custoditi, i miei bitcoin sono persi. Si stima che il 20 per cento dei bitcoin estratti (al valore attuale, circa 88 miliardi di dollari) siano andati persi per sempre. Quale conto in banca ha questi problemi?
Inoltre, la tecnologia blockchain non impedisce affatto di hackerare le piattaforme di scambio di criptovalute. Nel 2014 Mt. Gox, che era arrivata a gestire il 70 per cento degli scambi di bitcoin, dovette chiudere dopo essere stata hackerata con perdite per i possessori di centinaia di milioni di dollari. Nel 2022 gli hackers hanno rubato la criptovaluta di Binance per un equivalente di 570 milioni di dollari. Solo qualche giorno fa l’Fbi ha concluso che una organizzazione nordcoreana ha rubato 100 milioni di dollari in cripto dalla piattaforma Horizon Bridge. E potremmo continuare. Nessuna rapina in banca frutta una frazione di queste cifre, e nessuno perde i propri soldi per rapine in banca.
Le criptovalute sono talmente sicure che qualsiasi sito consiglia di tenerle non in un “portafoglio caldo”, cioè per esempio in una app del cellulare collegata a internet, ma in un “portafoglio freddo”, cioè su un pc offline. Quanti di voi hanno questa preoccupazione con i propri conti bancari online?
Ma le stesse piattaforme di scambio sono spesso fraudolente. Ftx è solo l’esempio più eclatante e recente. Questa istituzione osannata da tutti raccoglieva commissioni e investimenti e li “prestava” al suo hedge fund (stiamo parlando di almeno 8 miliardi di dollari), all’insaputa dei clienti e senza tenere nemmeno un registro di quanto “prestato”; l’hedge fund a sua volta garantiva il debito così contratto con l’equivalente di figurine Panini emesse da Ftx stesso e cedute all’hedge fund! Quante banche conoscete che hanno messo in piedi degli schemi così diabolici e risibili allo stesso tempo?“I bitcoin ci sottraggono dalla dittatura delle banche”Come mezzo di scambio, i bitcoin sono nati con la promessa di eliminare l’intermediazione delle banche, che molti considerano dei parassiti. Le banche hanno orari definiti, ci mettono fino a tre giorni per un bonifico, impongono commissioni odiose per qualsiasi servizio soprattutto quando si tratta di transazioni con l’estero. Con i bitcoin, invece, si possono fare transazioni in qualsiasi momento, quasi istantaneamente (sono registrate in un nuovo “blocco” della blockchain tipicamente entro 20-30 minuti), a costi minimi, ignorando distanze e confini.
Niente di più falso. Le transazioni in bitcoin comportano commissioni spesso altissime, spesso non esplicite, e spesso camuffate con la differenza lettera-denaro, cioè la differenza tra il prezzo a cui un cliente può comprare e vendere criptovalute. Lo sanno bene in Salvador, il primo paese che ha adottato i bitcoin come moneta a corso legale in parte con lo scopo di facilitare le rimesse dei migranti: purtroppo hanno scoperto che le rimesse in bitcoin sono spesso soggette a commissioni parecchievolte più alte di quelle in dollari.
Del resto, basta pensarci un attimo: tutto quello che si può fare, nella mitologia comune, con un bitcoin si può fare con una carta di credito o un bancomat: transazioni istantanee; commissioni certo non meno trasparenti di quelle in bitcoin, e a qualsiasi ora.
Ovviamente non tutti hanno un conto online o una carta di credito. E qui sta la vera forza delle criptovalute. È chiaro da indagini e interviste che negli Usa l’entusiasmo delle minoranze etniche (le vere vittime di questo scandalo) per le criptovalute non ha motivazioni razionali, ma è una forma di rivalsa verso un sistema bancario e finanziario percepito come distante e discriminatorio.“Uno strumento di investimento accessibile a tutti”Qui si inserisce un altro motivo di popolarità delle criptovalute. Per chi si sente discriminato, anche a ragione, le criptovalute sono anche uno strumento di investimento che consente di bypassare un sistema finanziario che li esclude, e dà accesso al miraggio di un arricchimento facile e veloce. Negli Usa afroamericani e ispanici hannouna propensione ad investire in azioni inferiore ai bianchi, ma investono in criptovalute una quota più alta della propria ricchezza. Una recente inchiesta ha mostrato che gli afroamericani si aspettavano un rendimento medio del 20 per cento annuo (un rendimento stratosferico, che raddoppierebbe la propria ricchezza ogni 4 anni), contro l’uno per cento di un deposito in banca.
Inoltre è chiarissimo che la stragrande maggioranza degli investitori non si rende conto dei rischi pazzeschi di oscillazioni, furti e frodi cui va incontro investendo in cripto.
“Bitcoin può esistere anche quando viene meno la fiducia nelle monete tradizionali”Questa posizione è basata su una profonda incomprensione di una moderna economia monetaria. I nostri biglietti da 10 euro sono un pezzo di carta: il panettiere li accetta solo perché per qualche motivo sa che a sua volta il barista li accetterà, il barista li accetta perché sa che il ristorante li accetterà, e così via. Insomma, la moneta moderna è sostenuta esclusivamente da una forma di fiducia collettiva (il fatto che sia a “corso legale” c’entra poco: corso legale significa che nell’Eurozona si è obbligati ad accettare euro a saldo di debiti, non in pagamento di transazioni). Molte persone hanno difficoltà a comprendere questo fenomeno, e si chiedono: come è possibile che con un pezzo di carta io possa comprare un chilo di pane? Cosa succede se questa fiducia viene a mancare?
Non così ai tempi del gold standard, si dice spesso. Allora un biglietto rappresentava di fatto oro: se anche il barista non lo accettava in pagamento, potevo convertirlo in oro, qualcosa di “tangibile”. In realtà, anche allora la moneta era sostenuta dalla fiducia che la banca centrale convertisse realmente i biglietti in oro; fiducia spesso malriposta, perché le sospensioni della convertibilità in oro furono molto frequenti. E come vedremo ci sono molti altri motivi per cui il gold standard era una pessima idea.
Per i loro sostenitori, il problema è risolto alla radice dai bitcoin. Come abbiamo visto, ogni transazione in bitcoin è registrata e condivisa da tutti i “nodi”: non c’è bisogno di fiducia tra computer per far funzionare il sistema, ma solo degli incentivi monetari (sotto forma di nuovi bitcoin “estratti”) per chi registra per primo le transazioni.
Anche in questo caso, è vero esattamente il contrario di quanto affermano i sostenitori dei bitcoin. Veramente qualcuno crede che ci sia il rischio di un attacco contagioso di sfiducia per cui dollaro, sterlina, euro improvvisamente non verranno più accettati nelle rispettive giurisdizioni? L’ultima e unica volta che questo è successo (parzialmente) in un paese industrializzato è durante l’iperinflazione tedesca degli anni ‘20, quando molte transazioni avvenivano in dollari: chi poteva evitava di essere pagato in marchi che perdevano valore di ora in ora. È il fenomeno della dollarizzazione, così comune a tante economie sudamericane (e oggi nel Venezuela di Maduro). Avviene in periodi di altissima inflazione, cosa che tutte le banche centrali delle economie avanzate del dopoguerra hanno abilmente evitato.
Le criptovalute, invece, sono sottoposte a enormi oscillazioni di valore proprio perché la fiducia del pubblico varia con il battito d’ali di una farfalla. Quante monete tradizionali conoscete che si svalutano del 50 per cento per un tweet o per rumors di maggiore regolamentazione? Non è un caso se nel Salvador solo il 3 per cento dei business ha trovato utile l’opzione di usare bitcoin.