La Stampa, 29 gennaio 2023
Storia della canzone Se telefonando
Nei suoi quasi sessant’anni di vita, Se telefonando è stata ascoltata e canticchiata come una delle mille, convenzionali canzoni d’amore, resa preziosa, preziosissima, dall’eccezionale interpretazione di Mina. A risentirla con maggiore attenzione, si scoprirà agevolmente che, già allora, già in quel testo e forse nel ritmo stesso della musica, si rivelava ciò che oggi è detto ghosting.Il ghosting (da ghost, fantasma) è messo in atto da chi, senza preavviso e senza spiegazione, interrompe repentinamente una relazione, “facendosi nebbia": scomparendo, cioè, dalla vita del partner, sia esso un affetto stabile o un occasionale incontro.È forse troppo approssimativo definire quel comportamento come espressione di codardia: fuga dalle proprie responsabilità e incapacità di affrontarne le conseguenze. C’è tutto questo ma c’è dell’altro. «Se io rivedendoti/ fossi certa che non soffri/ti rivedrei/ Se guardandoti negli occhi/ sapessi dirti basta/ ti guarderei/ Ma non so spiegarti/ che il nostro amore appena nato/ è già finito».C’è l’incertezza. Ci sono i dubbi dell’amore. Lo si può definire mancanza di carattere ma dietro il ricorso al condizionale c’è anche la volontà di non ferire l’altro. Certo, può essere una manifestazione di “falsa coscienza” e, come si è letto da piccini, nel “corso di psicologia dispense”, una elaborazione del senso di colpa che si proietta nella presunta protezione del partner. Che sia un’assoluzione (semi)piena per i giovani d’oggi o una chiamata in correità con i nonni è sicuro, in ogni caso, che quella del ghosting non è una sindrome generazionale, ma un’attitudine del carattere nazionale.Dietro c’è una forte pulsione egotica: voglio ottenere il mio scopo (liberarmi del rapporto) senza pagare il minimo scotto, nemmeno quello morale rappresentato dal senso di colpa per aver fatto soffrire l’altra persona. La conseguenza è un confuso arrotolarsi di scuse improbabili e motivazioni puerili, come “le cavallette” evocate da John Belushi per giustificare, davanti alla mancata moglie, il suo farsi nebbia un attimo prima di portarla all’altare.Il trascorrere dei decenni e l’impetuoso sviluppo tecnologico sembrano cambiare molto le cose. Difficile dire se risultino semplificate o complicate ulteriormente. Ghemon (2007) canta così: «Lei mi chiama e io non sono raggiungibile no!/ Forse non ha credito, forse ha pure visto i miei squilli ma non sa farmi l’addebito/ Forse è con qualcuno, in tiro /Forse è con le amiche che sparla di me, in giro /Chiamami chiamami chiamami chiama chiamami (comportati da donna seria)». Insomma, sempre un telefono, sempre un cuore che si spezza. Cambia la marca ma non la sostanza: da un capo Mina, che quell’addio non riesce a darlo, dall’altro Ghemon, che quell’addio non vuole sentirselo dire.
***Composta da una strofa introduttiva e da un ritornello ripetuto due volte in modo identico, la particolarità sta tutta nel ritornello e nell’uso di una cellula melodica, che Morricone confessa di aver “copiato” dal suono della sirena della Polizia di Marsiglia. Cellula composta sostanzialmente da tre note sempre ripetute che si susseguono su una base di ritmo quaternario e dove ogni volta la prima delle tre, dovendosi replicare la terna, cade su un diverso tempo della battuta.