Robinson, 28 gennaio 2023
Roma vuota era bellissima
Nello straniante periodo pandemico, ai romani è toccato in sorte un viaggio da fermi tra i più stupefacenti che si possano immaginare: vedere monumenti, piazze, rovine della loro città come non li avevano mai visti, deserti e immersi nel silenzio. Spariti i turisti, i bastoni per i selfie, i cestini strabordanti di resti dei pranzi al sacco, persino le auto incolonnate nel traffico caotico della metropoli, Roma nei mesi del lockdown si è ripresa, intera, la sua bellezza. E ha mostrato, improvvisamente svuotata dalla mole umana che mentre la rende viva la appesantisce, la incrina e la offusca, il suo meraviglioso esoscheletro di animale millenario.
Rendono giustizia a questa momentanea metamorfosi gli scatti di Moreno Maggi, riuniti inRoma. Silenziosa Bellezza, fino al 28 febbraio nella Sala Zanardelli del Vittoriano, a Roma. A cura di Roberto Koch e Alessandra Mauro di Contrasto, patrocinata dal Comune di Roma, e voluta dal gruppo Webuild insieme all’Istituto Vive- Vittoriano e Palazzo Venezia, la mostra è diventata anche un libro, edito da Rizzoli a partire da marzo, con testi di Claudio Strinati, Massimo Recalcati e Claudio Salini, ceo del gruppo Webuild, che costruisce infrastrutture in tutto il mondo. Cita l’urbanista Carlo Ratti, Salini, quando scrive: «La Roma del passato era una città del futuro. Edifici maestosi, grandi ponti, una capillare rete stradale, un sistema di fognature all’avanguardia. Lo stesso orizzonte cui oggi guardano le “città intelligenti”, le smart city che puntano a ricostruire i loro stessi modelli di convivenza urbana sulla base dei vantaggi garantiti dalla tecnologia».
Allora, conviene guardarle così le fotografie di Moreno Maggi: bifronti come Giano, con lo sguardo rivolto insieme al passato e al futuro. Si può partire dal Colosseo e dal suo meraviglioso guscio visto dall’alto: i raggi del sole lo lambiscono in parte, come a ridare vita ai suoi spalti un tempo gremiti di vita e spettatori.
Si può scivolare quieti con lo sguardo lungo i sanpietrini di Piazza del Popolo, lasciarsi abbracciare dal colonnato di San Pietro, fermarsi in estasi davanti alla maestà di Fontana di Trevi. Qualche vigile urbano la sorveglia, come incredulo di quel vuoto che si è improvvisamente creato davanti alla vasca: accanto a ninfe e tritoni si sente finalmente solo il rumore dell’acqua. Ci attira così anche la morbida Fontana della Barcaccia, genialmente posta di fronte alla Trinità dei Monti. Possiamo immaginare passeggiate alla Andrea Sperelli e rievocare la Roma di fine Ottocento come il protagonista del Piacere di D’Annunzio oppure, appoggiandoci idealmente a un’altra fontana, quella di Piazza Esedra, ritrovarci accanto ad Anna Magnani che aspetta il Capodanno inRisate di gioia. Non c’è angolo di questa Roma deserta che non ricordi un romanzo o un film, che non sia set dell’anima, come se tutta questa solitudine nutrisse i ricordi.
Ma poi c’è la Roma di oggi, la metropoli verde ma congestionata: all’improvviso anche sulle grandi arterie stradali, come la Cristoforo Colombo che collega l’Eur al centro cittadino, non c’è nessuna automobile. Maggi immortala la ruota panoramica dell’Eur e i pini maestosi che fiancheggiano la strada. Tutto tace, immobile, nel sole. È l’ultima sorpresa di Roma, di aver nascosto ancora una volta le sue voragini, la sua immondizia, il suo degrado, per apparirci bellissima, maestosa e immemore. Maestra svogliata di tempo e spazio, la cui lezione ancora non riusciamo ad apprendere.