Il Messaggero, 28 gennaio 2023
Intervista a Sara Del Fabbro. Professione fantina
Una passione innata per i cavalli ha spinto Sara Del Fabbro, fantina di 23 anni nata a Bergamo, oltre i sogni. Si è fatta strada, vincendo, in un ambiente zeppo di uomini. Ha abbattuto ipocrisie e pregiudizi: «Amo quello che faccio, sono felice», ha detto. «Mia madre è stata la mia ispirazione per la sua tenacia. È sempre stata appassionata di cavalli, ama il salto a ostacoli. Ha aperto un negozio, una selleria. Accanto a casa mia c’è un maneggio e qui sono sempre girati i cavalli da corsa e mi sono innamorata».
Si inizia, quindi, dalla passione di sua madre.
«Lei è molto temeraria. Negli ultimi anni, avendo più tempo con i figli grandi, ha costruito il suo piccolo sogno. Ha preso due cavalle purosangue e ha ripreso a montare e a fare salti a ostacoli. È stata coraggiosa».
Ci racconti del maneggio. Come è scoppiato questo amore.
«Il purosangue è dotato di classe, eleganza, leggerezza. Ruba l’occhio. Volevo fare la fantina, non è stato facile».
Il primo ostacolo da superare?
«In Italia non ci sono corsi allievi. Sono dovuta andare all’estero. Grazie al fornitore di mia madre, un inglese, sono finita in Inghilterra. Avevo solo 16 anni, non è stato facile per la mia famiglia lasciarmi andare via. Ma mi hanno sempre appoggiato. Ho iniziato a lavorare per Michael Bell, il mio primo allenatore. Mi ha aiutato e con lui ho conseguito la patente da fantino e vinto le prime corse in Inghilterra».
Le ultime due donne-fantine di grande rilievo nel galoppo italiano sono state Jacqueline Freda e Maria Sacco. Però, risalgono a decenni fa.
«Sono sempre stata consapevole che per le donne sarebbe stato più difficile, ma quando hai 16 anni prendi la vita con più leggerezza e non dai peso al maschilismo».
Lei ha avuto delle difficoltà?
«Come in tutte le cose ci sono i pro e i contro. I pro è che essendo donna sono stata molto pubblicizzata. Perché, appunto, sono passati moltissimi anni da donne fantine che hanno ottenuto grandi risultati. I contro ci sono, sì. Se avessi avuto un euro per ogni volta che mi è stato detto che le donne non potevano montare a cavallo e competere, sarei milionaria».
Infatti, la sua è una professione molto dura per le donne.
«Sì, ma è dura in generale. Quando va tutto bene, è bello. Il miglior atleta, però, si vede nel momento di difficoltà. Quando arrivano pochi risultati, nonostante l’impegno e i sacrifici. Poi in questo sport i nostri risultati sono determinati non solo dal nostro lavoro, ma anche dal cavallo».
Ha mai avuto dubbi?
«Quando sei giovane, non li hai. So che la mia strada è questa, sono felice di lavorare con Stefano Botti. Sono migliorata tantissimo grazie a lui».
Lei viaggia molto per lavoro?
«Sì ed è bello. Ho fatto delle competizioni in Bahrein e in Belgio. In generale si tratta di un lavoro molto duro. In Italia le corse sono una dietro l’altra durante la settimana. Quindi, capita di essere a Napoli e poi a Roma e poi ancora a Pisa. Ma è quello che ho sempre voluto fare e lo farò finché potrò».
I dubbi dal mondo maschile?
«C’è ancora chi crede che le donne non possano montare a cavallo, ma in Italia le scuderie più grandi mi hanno dato fiducia. Ed è una grande soddisfazione per me».
Il suo 2022 è stato straordinario con 30 corse vinte.
«Un anno meraviglioso, ho iniziato con poche vittorie e ho ottenuto poi grandi risultati».
Il 7 settembre, però, a Milano è caduta e si è fratturata la clavicola destra.
«Sì, è stata una caduta sciocca. Ma la mia vittoria più bella è stata rientrare dopo l’operazione. Ho vinto a Pisa con una cavalla, Beautiful Cindy. Due mesi esatti, il 6 novembre, a Milano ho vinto quattro corse in un giorno. In gergo si dice poker e nessuna donna aveva vinto quattro gare in una giornata».
Non ha avuto paura?
«No, ero più spaventata per i miei colleghi. Erano tutti coscienti e poi abbiamo aspettato i medici. C’era anche mio padre a vedermi con il mio cane, Roxy. Recuperare dall’infortunio non è stato facile, ma la mia famiglia mi è stata vicina. Senza di loro non avrei mai realizzato il mio sogno. Voglio dimostrare che le donne possono fare bene in questo mondo».
Come viene trattata dai colleghi uomini?
«Abbastanza bene, anche se c’è un po’ di invidia. A qualcuno non va giù che una donna vinca le corse. Ma è normale, siamo competitivi e vogliamo tutti vincere».
E c’è tempo per l’amore?
«No, stando poco a casa non ho la quotidianità nei rapporti sociali. Per ora, però, non ci penso».