Il Messaggero, 28 gennaio 2023
Gas, accordo da 8 miliardi Meloni e Descalzi in Libia
ROMA Piano Mattei, atto secondo. Dopo la visita in Algeria della scorsa settimana, oggi Giorgia Meloni sbarcherà in Libia per quella che si annuncia come una missione con un triplice obiettivo: aumentare le forniture di gas e petrolio in arrivo (con una nuova intesa da 8 miliardi di dollari), esercitare il mandato internazionale ricevuto dagli Usa per arrivare alla stabilizzazione del Paese e, ovviamente, regolare i flussi migratori verso le nostre coste. Missioni, diplomatiche e sul campo, per cui il premier sarà affiancata oltre che dal ministro degli Esteri Antonio Tajani e dal ministro degli interni Matteo Piantedosi, anche dall’amministratore delegato di Eni Claudio Descalzi.
La delegazione, secondo quanto si apprende, a Tripoli incontrerà gli esponenti del Governo di unità nazionale (Gun) guidato dal premier Abdulhamid Dabaiba, ma non vedrà il comandante dell’autoproclamato Esercito nazionale libico (Lna), il generale Khalifa Haftar. Il faccia a faccia (previsto a Bengasi e concordato anche con il Gun) pare essere saltato a causa di una sopraggiunta impossibilità del federmaresciallo libico che ha ormai scaricato l’altro esecutivo, il Governo di stabilità nazionale guidato dal premier designato Fathi Bashagha. I rapporti tra l’Italia e Haftar però, garantiscono fonti informate, sono «buoni». Al punto che Meloni – forte del lavoro diplomatico portato avanti da Tajani con le sue recenti visite ad Ankara, Il Cairo e Tunisi – si sta ritagliando un ruolo cardine nel nuovo tentativo di stabilizzare il Paese. Anzi, su espressa indicazione degli Stati Uniti avanzata nel corso del viaggio a Washington del consigliere diplomatico di palazzo Chigi Francesco Talò, l’Italia è al centro di un piano che prevede l’arrivo a nuove elezioni «nel giro di un anno». Dopo le indicazioni ottenute a Bali durante il colloquio tenuto a margine del vertice del G20, l’asse Meloni-Biden, oltre che nel sostegno a Kiev, si è infatti rinsaldato guardando al fronte Sud del Mediterraneo. E a Tripoli, in effetti, a seguito della visita del direttore della Central Intelligence Agency (Cia) William Burns e della sostituzione del presidente della Noc (la compagnia statale che si occupa di estrazione ed esportazione di gas e petrolio), si sono registrati passi in avanti fino ad oggi impensabili.
GLI ACCORDI
La nomina di Farhat Bengdara, concordata tra Dabaiba e Haftar, ha infatti sbloccato l’accesso alle risorse per entrambi e, quindi, la trattativa per un nuovo esecutivo. Proprio il petrolio e il gas, del resto, sono al centro dei colloqui che Meloni, Tajani e Piantedosi avranno con le controparti libiche (il capo del Consiglio di presidenza di Dabaiba, Mohamed Menfi, la ministra degli Esteri, Najla el Mangoush, e il responsabile degli Affari interni, Imad Trabelsi). In particolare assisteranno alla firma di alcuni accordi dal valore di circa 8 miliardi di dollari (7,3 in euro) tra Eni e la National Oil Corporation libica (Noc) per lo sviluppo di giacimenti di gas offshore. Ovvero il più grande investimento singolo per il settore degli idrocarburi libico dal rovesciamento del regime di Muammar Gheddafi nel 2011. Come precisato da Bengdara in un’intervista, l’obiettivo di Tripoli è produrre fino a 850 milioni di piedi cubi al giorno di gas dal Mediterraneo (24 milioni di metri cubi, il triplo delle attuali importazioni dell’Italia dalla Libia pari a 7-8 milioni di metri cubi al giorno) per sfruttare la crescita della domanda in Europa. In pratica, per centrare lo stesso intento italiano di rendersi indispensabile per l’approvvigionamento energetico del Vecchio Continente attraverso il Mediterraneo (e, nello specifico, il gasdotto Nordstream).
Infine, l’altro dossier fondamentale che l’Italia aprirà nel corso della visita di oggi a Tripoli («La prima di un lungo percorso» spiegano fonti ai vertici dell’esecutivo) è quello relativo al contrasto alle migrazioni irregolari. La Libia è il principale centro per la tratta di esseri umani verso la Penisola, con oltre la metà dei quasi 100 mila migranti sbarcati nel 2022 che è partita proprio dalle sue coste. Ed è per questo che Roma proverà a incardinare nei buoni rapporti in costruzione anche una maggiore cooperazione di polizia, in modo da definire non solo un maggiore scambio di dati tra le autorità dei due Paesi, ma anche un controllo delle coste da parte dei libici, assistito dall’Italia. Al punto che, sul medio periodo, non è esclusa che passino nella disponibilità di Tripoli alcune motovedette italiane.