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 2023  gennaio 28 Sabato calendario

Raddoppiare il tunnel del Monte Bianco

L’idea è semplice e potrebbe non essere troppo costosa: raddoppiare il tunnel stradale del Monte Bianco, circa 12 chilometri di galleria sotto la montagna più alta d’Europa. Tre anni per scavare il nuovo tunnel a fianco di quello attuale e due per farlo entrare in servizio. Costo, circa un miliardo di euro che la società di gestione dell’attuale traforo potrebbe mettere sul piatto senza incidere sul bilancio dei due stati collegati dalla galleria. «L’alternativa – dice Francesco Turcato, numero uno degli imprenditori valdostani – potrebbe essere l’isolamento della valle nei prossimi anni».
Ieri il presidente degli industriali italiani, Carlo Bonomi, ha lanciato l’allarme: «Chi si deve occupare del traforo del Monte Bianco? È una questione della Valle d’Aosta o è un tema italiano? Per la sua manutenzione nei prossimi 18 anni il traforo resterà chiuso 4 mesi all’anno. Che cosa vuol dire per l’economia italiana? E chi se ne deve far carico?». Il nodo è quello della sicurezza. Quando venne scavato, all’inizio degli anni Sessanta, il traforo era la galleria stradale più lunga del mondo. I meno giovani ricorderanno le immagini della tv in bianco e nero con la caduta dell’ultimo diaframma, gli abbracci tra operai italiani e francesi, lo sventolare delle bandiere. Sessant’anni dopo il traforo ha bisogno di manutenzione. La prima ristrutturazione dei sistemi di sicurezza venne fatta dopo il tragico incendio del 1999 quando un tir prese fuoco causando la morte di 39 persone rimaste intrappolate in galleria. Il tunnel rimase bloccato per tre anni. Poi la circolazione è ripresa, i volumi di merci sono saliti fino al blocco per la pandemia del 2020. Ma ora si impone una nuova ristrutturazione molto radicale.
Dopo più di mezzo secolo la volta della galleria va rifatta e rinforzata. È sottoposta a enormi pressioni. Sopra il traforo, nel punto di colmo, premono 2.800 metri di roccia. I tecnici hanno annunciato un lungo programma di manutenzione straordinaria, quello che citava ieri Bonomi: la chiusura del traforo per quattro mesi all’anno per 18 anni. Uno stillicidio. In un documento congiunto imprese e sindacati della Valle d’Aosta hanno calcolato che «l’impatto cumulato sul Pil regionale sarebbe di quasi 10 punti percentuali». Ma l’effetto si avrebbe su tutto il sistema del trasporto italiano: sotto il traforo passa il 5,8% delle merci che ogni anno valicano l’arco alpino. La proposta degli imprenditori del Nord-Ovest è quella di evitare lo stillicidio lungo 18 anni. Lo scavo del tunnel parallelo durerebbe tre anni e altri due servirebbero per attrezzarlo. Poi si potrà utilizzare il nuovo tunnel liberando l’attuale per ristrutturarlo. «Il modello – scrivono imprese e sindacati valdostani – è quello della Svizzera che ha scelto questo sistema per il raddoppio e la messa in sicurezza del traforo del Gottardo». Si tratta ora di convincere il governo francese. A livello locale, sul versante di Chamonix, si teme che il raddoppio del tunnel possa portare a un aumento del traffico dei tir. Ciò che i promotori della proposta negano: «Sarà una semplice divisione degli attuali due sensi di marcia, non un raddoppio. Possiamo anche immaginare – dice Turcato – di mettere un tetto annuo alla quantità di tir in transito. Il nostro obiettivo è la sicurezza». Nonostante la prudenza legata al fatto che il governo di Parigi non si è ancora espresso, i vertici della società del traforo fanno capire che «si valutano tutte le ipotesi e le relative ricadute degli interventi che andremo a progettare per il futuro del traforo». L’ad della società, Mirko Nanni, spiega che la chiusura di quattro mesi a fine 2023, la prima di quelle programmate, «consentirà di stabilire, insieme al Politecnico di Torino, quali interventi sono necessari per rendere l’opera più duratura».
La scommessa del raddoppio della galleria del Monte Bianco è una di quelle promosse da nuovo patto, un protocollo d’intesa tra le associazioni degli imprenditori del Nord-Ovest italiano, Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta. «La questione delle infrastrutture è vitale per le nostre aziende – dice Giovanni Mondini, leader di Confindustria Liguria – e un migliore coordinamento tra noi può essere molto utile». Anche Marco Gay, presidente di Confindustria Piemonte, ricorda «l’importanza per lo sviluppo industriale della logistica che entro i prossimi dieci anni verrà rivoluzionata in questa parte d’Italia con l’entrata in funzione della Torino-Lione e del Terzo Valico tra Piemonte e Liguria». È difficile che il raddoppio possa provocare movimenti di protesta sul versante italiano. Gli ambientalisti No-Tav che proprio in val di Susa avevano il loro punto di forza non hanno mai protestato contro il raddoppio del traforo autostradale del Frejus che pure si è realizzato negli stessi anni in cui combattevano con grande determinazione contro lo scavo della galleria per la nuova linea ferroviaria. La seconda canna del traforo autostradale del Frejus sarà aperta al traffico nei prossimi mesi. —
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