la Repubblica, 28 gennaio 2023
Il ritorno del buon costume
E la “nudità” come pietra dello scandalo, specie se sulla pubblica via. Nella proposta di legge sulla prostituzione del viceministro Cirielli, meloniano, nessuna traccia di mezzo secolo di lavoro e di lotta delle donne, anche delle prostitute, sul tema arduo e spesso doloroso dell’uso del proprio corpo, della seduzione, della sventura di vendersi ma anche della libertà di farlo; e sul solo vistoso obbrobrio che quella pratica antica patisce, che è lo sfruttamento (soprattutto maschile, ma non solo) del corpo altrui. Il solo vero scandalo è il magnaccia, questo ci illudemmo si fosse imparato per sempre. Non era vero.
Non si pretende che Cirielli abbia consultato Carla Corso e Pia Covre, storiche leader del movimento di liberazione delle “lucciole”, esse stesse prostitute politicizzate, donne intelligenti e coraggiose che negli anni Settanta e Ottanta molto fecero, e molto scrissero, perché essere prostitute non volesse dire essere anche schiave, carne da macello.
Ma ritrovarsi, 65 anni dopo la legge Merlin, alle prese con un linguaggio e una mentalità precedenti la legge Merlin, è abbastanza impressionante.
Covre e Corso come Franco Basaglia, come i primi antiproibizionisti, come tutti i protagonisti di quella folle e breve parentesi di pochi anni. Gente che credeva fosse possibile spezzare ogni tipo di catena, di soggezione, di dipendenza. Per poi ritrovarsi, mezzo secolo dopo, un governo che parla di “buon costume” e niente sa, niente vuole sapere di ciò che gli sembra solo errore, scandalo, impurità.
L’egemonia culturale della sinistra è una grossa balla messa in giro solo per coprire la schiacciante egemonia culturale della destra.