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 2023  gennaio 28 Sabato calendario

I docenti italiani sono quelli che guadagnano meno in Europa

Se il concetto di costo della vita e salari messo sul tavolo dal ministro dell’Istruzione e del merito Giuseppe Valditara è vago e indefinibile, un secondo concetto è invece chiaro: i docenti italiani sono quelli che guadagnano meno in Europa. La metà dei loro colleghi in Germania e Olanda. E il confronto è impietoso anche con le buste paga di insegnanti che vivono in Paesi dal Prodotto interno lordo più simile all’Italia. Fanno peggio solo i paesi dell’Est Europa, che non hanno certo il Pil italiano, dall’Estonia alla Repubblica Ceca passando per la Polonia. «La questione salariale vera non è tra Nord e Sud, ma tra Italia ed Europa e al di là degli annunci del ministro, nella legge di bilancio approvata da questo governo e sostenuta da questa maggioranza di centrodestra alla voce “rinnovo del contratto collettivo dei docenti” c’è una cifra emblematica: zero euro», dice il segretario nazionale della Cgil scuola, Francesco Sinopoli.
I salari nell’Ue
L’Ocse, l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, ha pubblicato il rapporto annuale sull’educazione nei Paesi sviluppati. Nel report si confronta il salario annuale degli insegnanti della scuola primaria, della media e delle superiori, utilizzando un algoritmo per calcolare il salario a parità di potere di acquisto e tenendo conto dell’inflazione. I dati sono in dollari e li abbiamo ricalcolati al cambio attuale con l’euro. I numeri lasciano poco spazio ai dubbi su una professione che da sempre in Italia è stata relegata ai margini retributivi, ma che adesso è fanalino di coda anche in tutta la pubblica amministrazione. Lo stipendio medio annuo lordo di un insegnate della scuola primaria in Italia è pari a 36.800 euro, in Francia 39.417 euro, in Olanda 60.019 euro, in Germania 74.937 e la media Ue comunque è di 42.599 euro. Non va meglio nella scuola media: in Italia lo stipendio annuo lordo è mediamente di 39.463 euro, in Francia di 44.365, in Spagna di 44.962 euro, in Olanda di 72.869 e in Germania 82.569, mentre la media Ue è di 45.015 euro. Fanno peggio, sempre nella scuola media, l’Estonia (29.103 euro) o la Repubblica Ceca (32.754 euro): una magra consolazione.
Sotto la soglia di povertà
In generale tenendo conto dell’inflazione anche l’andamento delle retribuzioni negli ultimi anni conferma la penalizzazione dei docenti italiani rispetto ai colleghi europei. A esempio nel periodo che va dal 2010 al 2021 in Italia le retribuzioni dei docenti di scuola media sono diminuite di circa 6 punti a fronte di un incremento di quasi 2 punti delle retribuzioni medie europee dei docenti dello stesso livello di scuola.
Gli stipendi d’ingresso nella scuola sono per una famiglia monoreddito sotto la soglia di povertà. Le buste paga nette mensili a inizio carriera ammontano 1.360 euro nella primaria e a 1.471 nelle superiori. Le soglie di povertà relativa proposte dall’Istat nel 2021 sono pari a 1.395 euro per una famiglia di tre componenti e a 1.709 euro per una famiglia di quattro persone. Le soglie di povertà assoluta si differenziano in base alle aree del Paese. Per una famiglia composta da due genitori e un figlio di 3 anni che vive al Sud la soglia è di 1.331 euro, mentre per una famiglia con due figli piccoli che vive al Nord la soglia si alza a 1.503 euro.
Contratti al palo
I docenti italiani guadagnano meno in Europa, ma guadagnano meno anche rispetto a tutto il comparto pubblico in Italia. Un docente di scuola superiore ha in media una retribuzione del 22 per cento inferiore rispetto a un lavoratore di un altro settore con lo stesso titolo universitario. In pratica, circa 350 euro in meno al mese.
«C’è un tema generale di salari in Italia che va affrontato, ma all’interno di questa emergenza c’è un dramma: quello dei salari dei docenti – dice il segretario Cgil scuola Sinopoli – e al di là delle dichiarazioni del ministro, il suo governo, e la sua maggioranza, nell’ultima manovra di bilancio non hanno inserito un solo euro per il rinnovo del contratto degli insegnanti nel prossimo triennio. Anzi, con grave ritardo lo scorso anno, con il governo Draghi, abbiamo chiuso l’accordo per il passato triennio prevedendo aumenti medi intorno ai 100 euro lordi dopo dieci anni di blocco. Comunque una cifra molto inferiore rispetto all’inflazione».
Il tema Nord-Sud
Il tema salariale non riguarda comunque soltanto gli insegnanti che vivono in città care come Milano. Ma anche i docenti che vivono e lavorano nel Mezzogiorno o nelle periferie delle grandi città.
Il direttore della Svimez Luca Bianchi capovolge il ragionamento del ministro: «Il tema non è dividere la scuola, ma attrarre giovani e persone qualificate a fare questo mestiere soprattutto nelle periferie, nelle aree interne e nel Mezzogiorno – dice Bianchi – perché in queste aree del Paese il costo della vita è comunque alto per la mancanza di servizi pubblici essenziali: dal trasporto agli asili, passando per la sanità. E poi la questione salariale non può essere derubricata a un problema tra Lombardia e Calabria, ma invece il gap vero è tra Italia e resto dell’Europa».