La Lettura, 28 gennaio 2023
Colloquoio tra il biologo johan Eklöf e la medievalista Beatrice Del Bo. Parlano di luce
Lui è biologo, lei medievista. Svedese lo scienziato, italiana e milanese la storica. Lui è appassionato di pipistrelli, creature delle tenebre, «formidabili divoratori di insetti e impollinatori»; lei di api, che «producono la cera necessaria per realizzare le candele». Lui, connazionale di Greta Thunberg, è un grande viaggiatore, esploratore degli spazi aperti, dei paesaggi notturni e (ancora) incontaminati. Lei si muove con scioltezza tra codici e documenti notarili, oltre che tra le sale di musei e pinacoteche in cerca di «indizi dipinti» per le sue ricerche, come faceva Chiara Frugoni.
Lui è Johan Eklöf e ha scritto Elogio del buio (Corbaccio), un invito a riscoprire la bellezza della notte in difesa dei ritmi naturali di tutti gli esseri viventi, saggio poetico ed efficace sulle conseguenze nefaste dell’inquinamento luminoso. Lei è Beatrice Del Bo, insegna Storia economica e sociale del Medioevo alla Statale di Milano e ha appena pubblicato per il Mulino L’età del lume, excursus sulla luce nell’Età di mezzo che – ecco la tesi – non era affatto un’epoca buia. Non culturalmente, tantomeno nella pratica: torce, fiaccole, lumini, lanterne si accendevano per rischiarare la notte. «La Lettura» ha fatto incontrare i due autori per un dialogo su luce e oscurità. Su come ritrovare un equilibrio tra questi elementi fondamentali per l’esistenza, non solo umana; su come liberarsi dai luoghi comuni, soprattutto quando si parla di età buie. In un continuo rimbalzo dall’Anno Mille all’Antropocene.
Dunque l’umanità che ha impiegato migliaia di anni per dare luce alla notte ora deve fare il percorso inverso e riscoprire il buio?
JOHAN EKLÖF – Siamo mammiferi diurni, l’oscurità ci ha sempre un po’ impaurito perché lì non ci vediamo bene. Così, quando abbiamo iniziato a usare la luce, la nostra storia è cambiata. Con l’illuminazione elettrica abbiamo a che fare da poco, meno di 150 anni, eppure in quasi un secolo e mezzo l’impatto di questa scoperta ha avuto un’accelerazione fortissima, tanto che ora abbiamo il problema – l’emergenza – dell’inquinamento luminoso: quando la luce rimane sempre accesa, cambia il ritmo circadiano (quello che si compie circa ogni 24 ore, con cui si ripetono regolarmente processi come sonno e veglia, ndr) presente in ogni creatura. Gli animali notturni sono quelli più danneggiati, ma tutte le forme di vita ne risentono. Quindi sì, noi umani abbiamo sempre cercato di evitare il buio, operazione che ci riusciva bene perché era una necessità. Finché lo abbiamo combattuto non sapevamo di averne bisogno. Ma ci è necessario tanto quanto la luce.
Ma la luce non è un’ossessione dell’umanità da molto prima dell’arrivo delle lampade elettriche?
BEATRICE DEL BO – Eccome! Prendiamo il Medioevo, in cui il paesaggio luminoso era costruito con scelte che imponevano la quantità di luce, le occasioni, gli edifici e le persone da illuminare in funzione del loro rilievo sociale. Anche in chiesa in base all’illuminazione il fedele comprendeva quali fossero gli altari e le devozioni principali. Quanto alla sera... Ancora oggi resta la convinzione che in quei secoli al calare del sole ci si mettesse a dormire. E invece no, ce lo dicono le fonti: la notte crepitava di vita e di fiammelle accese. Nelle case, nei palazzi, nelle stalle, nelle taverne, nelle botteghe, negli spazi dove lavoravano i funzionari pubblici. La luce artificiale è l’effetto speciale del Medioevo.
Definizione di buio?
JOHAN EKLÖF – È molto difficile: io stesso in passato ho fatto l’errore di definirlo solo in quanto assenza di luce ma resto convinto che sia un fenomeno a sé. Non da ultimo perché per i nostri sensi è un’esperienza concreta, al pari della luce. Come dico nel libro, il buio può strisciarci intorno, avvolgerci, concederci riposo o spaventarci.
Come si fa a cambiare approccio nei confronti del buio dopo secoli in cui ci è stato detto che la luce è Dio?
BEATRICE DEL BO – Il buio è malvagio, demoniaco, spazio della paura e della punizione, mentre Dio è luce trascendente: ecco una costruzione tipicamente medievale. Le chiese sono per definizione case della luce e delle candele, la liturgia cattolica è un canto alla luce.
JOHAN EKLÖF – Ci sono tanti modi di dire che associano l’oscurità al male, al demoniaco, al crimine. Ma non smetterò di ripeterlo: il buio ci fa stare meglio, è il modo migliore per rilassarsi, per avere un buon sonno, per sbarazzarsi delle distrazioni inutili. Ne abbiamo bisogno nelle nostre giornate frenetiche passate davanti a uno schermo. Il buio è silenzio per gli occhi.
E i pipistrelli? Devono diventare nostri amici?
JOHAN EKLÖF – Assolutamente sì. Perché non fanno male a nessuno, anche se godono di pessima reputazione; perché mangiano gli insetti nocivi, in particolare quelli che distruggono le coltivazioni di riso; perché sono ottimi impollinatori.
BEATRICE DEL BO – Mentre i miei animali mascotte sono le api, che producono la cera necessaria per illuminare.
Ricapitolando: siamo pronti per un cambio di mentalità?
JOHAN EKLÖF – Realisticamente penso che nei prossimi anni vedremo ancora più luce, ma crescerà anche il movimento per preservare il buio. Assisteremo al tentativo di diminuire l’intensità dell’illuminazione artificiale e regolarne il colore; le tecnologie ci sono. No, non credo che spegneremo il pianeta ma qualche passo in avanti lo faremo.
BEATRICE DEL BO – Bisogna recuperare la dimensione del buio per potere apprezzare la luce. Pensiamo all’arte: andiamo a vedere mostre e chiese illuminate da lampade che non c’erano nel momento in cui quelle opere furono realizzate. Molte sono nate invece a lume di candela. Come nel Medioevo, come fece molto tempo dopo Goya. Dobbiamo anche pensare all’effetto delle fiamme sui dipinti impreziositi da foglie d’oro, tecnica caratteristica della pittura medievale. Proviamo a immaginarli...
Eklöf, il suo essere svedese, così esposto a forti cambiamenti di luce e buio nelle stagioni scandinave, ha influito sul libro?
JOHAN EKLÖF – Forse un po’, ma l’inquinamento luminoso è esploso in tutto il mondo: avrebbe potuto scriverlo chiunque.
Possiamo permetterci, in termini di sicurezza, un mondo meno illuminato?
JOHAN EKLÖF – Alcuni studi fanno notare che la luce non è così importante in questo senso perché l’illuminazione ci abbaglia, ci rende ciechi e, probabilmente, meno al sicuro di quanto crediamo. Più che altro ha un effetto sulla nostra percezione di sicurezza, è come mettere un cerotto sul ginocchio di un bambino: magari non gli serve, ma lo fa stare comunque meglio. Dipendiamo dai nostri occhi per la maggior parte delle cose che facciamo.
Invece la luce nel Medioevo è davvero sinonimo di sicurezza?
BEATRICE DEL BO – Dipende. Nel Medioevo la luce serviva per farsi riconoscere: senza una torcia non si poteva circolare di sera. In teoria. Perché le notti erano popolate da persone che non volevano essere identificate e raggiungevano i luoghi di divertimento: le taverne dove si giocava d’azzardo, si beveva, si mangiava, si discuteva di politica e religione. Di notte si potevano esercitare (lecitamente) alcuni mestieri, con il rischio però di appiccare incendi devastanti. Tutto questo per dire che se da una parte la luce assicurava l’identificazione, dall’altra parte rappresentava il più grande pericolo.
Quale misura andrebbe presa subito contro l’inquinamento luminoso?
JOHAN EKLÖF – Anzitutto andrebbe considerato come quello acustico. Non puoi costruire una nuova autostrada senza tenere conto del suo impatto in decibel. Allo stesso modo, se prevediamo di usare più luce, dovremmo prima investigarne i danni su persone e animali. Diversi studi spiegano bene gli effetti (drammatici) della luce su mammiferi, insetti e piante. Per quanto riguarda gli umani, alcune ricerche suggeriscono l’aumento di tumori in caso di eccessiva esposizione alla luce nelle aree del mondo con i livelli più alti di inquinamento luminoso. C’è poi il caso dei lavoratori notturni: se stravolgi il ciclo sonno/veglia, ne risente anche il sistema immunitario.
Ci hanno detto per anni che la luce rende più felici...
JOHAN EKLÖF – L’anno scorso il Paese più felice del mondo era la Finlandia...
E nel Medioevo?
JOHAN EKLÖF – Avevano tanti altri problemi.
BEATRICE DEL BO – È vero, ma non è detto che fossero meno felici di noi. E festeggiavano volentieri usando la luce come effetto speciale: i nostri fuochi d’artificio sono figli dei falò medievali che si accendevano sulle torri. Abbiamo tante testimonianze di celebrazioni condivise: nascite, matrimoni illustri, vittorie. E il modo per fare festa era il fuoco. Siccome è difficile da gestire, più sei in grado di valorizzarlo e addomesticarlo, più sarai stimato.
È in corso la guerra in Ucraina, stiamo ancora sentendo gli effetti del Covid, viviamo in un pianeta surriscaldato: possiamo definirli tempi bui?
JOHAN EKLÖF – In un certo senso viviamo da sempre periodi più o meno oscuri, costellati di guerre e problemi. Forse dovremmo semplicemente smettere di dire «tempi bui» e chiamarli tempi duri, battute d’arresto temporanee.
BEATRICE DEL BO – Sì per favore. Serve una nuova «etichetta». Non dobbiamo definire buia nessuna età perché alcune luci restano comunque accese e questi periodi ci servono per apprezzare meglio quanto di buono abbiamo. Anche in omaggio a Eklöf: il buio non può definire il negativo.
Perché il buio è bello?
JOHAN EKLÖF – Perché è sottile, si deve essere rilassati e concentrati per vedere nell’oscurità. E poi ci sono le stelle... Oggi in città ne possiamo individuare una manciata, ma in montagna o in una zona remota siamo in grado di scorgerne anche cinquemila. Guardare il cielo: da sempre siamo sotto le stesse stelle.
BEATRICE DEL BO – Il buio già ce l’abbiamo, parlerei della bellezza della luce artificiale, che va creata, è un prodigio di per sé. È difficile ottenere la luce e, come tutte le cose difficili, è una conquista, e quindi un elemento positivo. Nel Medioevo hanno imparato a usarla forse meglio di quanto la usiamo noi oggi. Anche perché la luce era costosa.
Anche adesso!
BEATRICE DEL BO – Ce ne rendiamo conto solo ora. Purtroppo la guerra può insegnarci a «tornare indietro» al passato: a risparmiare e a rendere le nostre vite un po’ più buie, usando la luce con parsimonia ed efficacia.
JOHAN EKLÖF – Sono d’accordo: quante cose oggi diamo per scontate.
Meglio tornare al passato?
JOHAN EKLÖF – No, perché la tecnologia oggi permette di ottenere luce senza spargerne troppa, di illuminare oggetti e strade lasciando abbastanza buio per apprezzare quello che c’è intorno. Ma dobbiamo anche riabituarci all’oscurità, come una volta.
Donne e luce, esiste un rapporto particolare?
JOHAN EKLÖF – Vent’anni fa il ricercatore danese Johnni Hansen esaminò settemila donne affette da tumore al seno, giungendo a una conclusione: fare il turno di notte al lavoro aumenta il rischio di ammalarsi. Non è facile illustrare i rapporti di causa-effetto, ma l’illuminazione notturna ha una sua responsabilità in questo. Vedremo cosa ci diranno i prossimi studi scientifici.
BEATRICE DEL BO – Nel Medioevo i termini lume e luminare si applicano agli uomini con riferimento all’intelligenza, alla loro funzione di guida. Per le donne lume è solo riferito alla bellezza e alla virtù, poiché a queste non è riconosciuto alcun valore intellettuale. Eppure in molte realtà erano le donne a occuparsi della produzione di candele. Da Aosta a Bilbao.